36. Gemelli

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Fu un acuto dolore al fianco a svegliarlo definitivamente. Con una sorta di insolito struggimento ne fu deluso, perché da sveglio non poteva sapere se quello che aveva appena sentito fosse frutto delle allucinazioni o se corrispondesse alla realtà. Udì un urlo del vento - forse solo uno di una lunga serie - che gli raggelò il corpo, ricoprendolo di pelle d'oca. Nudo, si rese conto, era nudo. Completamente. Il locale in cui si trovava era vuoto, fatta eccezione per una finestrella dai vetri scheggiati e un focolare che ospitava un fuoco morente. Le braci spedivano un confortante calore, che permeava il piccolo abitacolo ed ebbero l'effetto di riscaldarlo mediamente. Il sibilo del vento, come un ruggito nelle orecchie, gli procurò brividi lungo la schiena, nonostante tutto.

Helena, ricordò. Aveva solo sognato che lei fosse lì, che le avesse parlato, che gli avesse rivelato di star aspettando un figlio? Un figlio suo. Rafe ricordava di aver appoggiato una mano sul suo ventre. Le aveva detto di amarla. Glielo aveva detto anche lei. Si era sentito felice, completo, pronto a rivivere. Ma ora, in nome del cielo, dov'era Helena? Era stata un'allucinazione? Qualcuno lo aveva trovato, dopotutto, qualcuno lo aveva trascinato in quella piccola dimora in mezzo al nulla e lo aveva curato, aveva acceso un fuoco, lo aveva spogliato. Se non era stata lei, allora chi? Helena. Il suo nome gli riecheggiava violentemente nelle orecchie, l'eco di un'illusione infranta troppo in fretta. Lei non c'era. Forse l'aveva solo sognata, come aveva fatto tante notti nei mesi trascorsi, come probabilmente avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni. Maledizione.

Il dolore si acuì, facendolo contorcere su se stesso. Accanto al fianco era stata stesa una spessa coperta di lana. La prese, poi la adagiò sulle gambe per coprire la protuberanza che esse celavano. Mentre il cuore cercava di tornare al proprio, regolare battito, Rafe non poté fare a meno di pensare alle parole che aveva immaginato uscire dalla bocca di Helena. Un figlio suo... Un figlio loro. Sarebbe stata una vera e propria utopia, ma il suo cervello rifiutava di cancellare quel tenero sorriso dalle sue labbra. Avrebbe avuto gli occhi di Helena? Il colore dei suoi capelli? La sua tenacia?
Non lo avrebbe mai saputo, perché non sarebbe mai accaduto. Qualunque figlio Helena avesse dato alla luce, sarebbe stato frutto della sua unione con Bayard. La consapevolezza truce lo assalì, facendolo rinsavire. Doveva cercare di alzarsi. Andarsene di lì. Tornare a casa. Da Agatha, Kate.
Kate!

All'improvviso ricordò il motivo per cui si era recato in cerca di Helena. Era possibile che Tom fosse già arrivato e stesse dando la caccia alla donna che amava? Doveva trovarla e raccontarle tutto. Ma lo spiacevole episodio di cui era stato vittima gli aveva fatto intendere che intrufolarsi nella proprietà di lord Mellins non era così semplice.
Con un gemito incontrollabile, Rafe tentò di sollevarsi ma non vi riuscì. Il dolore lo costrinse a crollare indietro. Di sicuro aveva qualche costola rotta. Si accorse che, in corrispondenza dei lividi, erano state applicate delle bende intrise di una sostanza appiccicose. Qualcuno doveva avergliele messe mentre era privo di conoscenza. Quanto tempo era trascorso da quando era stato portato lì? Ore? Giorni? Avrebbe dovuto scoprire chi era l'artefice del suo salvataggio e ringraziarlo a dovere, e poi, cosa più importante, avrebbe dovuto trovare il modo di rapire Helena e portarla fuori dalla maledetta casa di suo marito. Se gli uomini che lo avevano aggredito erano al servizio di lord Mellins, erano capaci di qualunque cosa e lo stesso doveva essere per Bayard Mellins. Se così fosse stato, dunque, Helena doveva vivere in un inferno. Non riusciva a tollerare l'idea che stesse soffrendo, che fosse prigioniera di un matrimonio che mai aveva voluto. Lo aveva capito troppo tardi. Ma quando si fosse ripreso - giurò in quel momento- Rafe l'avrebbe portata via da lì. Non importava che non fosse nessuno, che non contasse nulla: poteva darle un futuro migliore di quello che Bayard le avrebbe concesso.

***

«Di quante settimane siete, Mrs. Mellins?» le chiese Anita con la sua usuale espressione algida.
«Dieci, ormai.»
Helena richiuse il libro che era stata costretta a fingere di leggere quel pomeriggio. Aveva lasciato Rafe la sera precedente e l'unica cosa che desiderasse era tornare da lui, cambiare i suoi impacchi e stargli accanto. Invece, da perfetta moglie e padrona, era obbligata a rimanere in casa, adempiendo alle sue quotidiane mansioni di contessa e fingendo di sopportare la compagnia di Anita Andrews. Quella donna si era rivelata ben più misteriosa di quanto fosse stata quando si erano conosciute, ma Helena aveva rinunciato a comprenderla perché, fondamentalmente, nulla di ciò che accadeva a Mellins' House la interessava. L'unico pensiero costante che occupasse la sua mente era la salute di Rafe. Mary gli aveva applicato degli impacchi di prezzemolo che, a suo dire, avrebbero alleviato il suo fastidio e velocizzato la guarigione. A quell'ora avrebbero dovuto essere sostituiti con delle nuove bende, ma lei non poteva muoversi di lì. Avrebbe dovuto mandare Mary, a suo rischio e pericolo. Se Bayard avesse scoperto la loro tresca, avrebbe dovuto prepararsi ad essere picchiata di nuovo. E non poteva permetterlo, non per il suo bambino. Per il figlio di Rafe. Era stata una sciocca a rivelarglielo, aveva pensato non appena glielo aveva detto, ma per fortuna Rafe era piombato subito nell'incoscienza e di sicuro aveva dimenticato tutto. Era la cosa migliore, occultare la verità, almeno fino a quando non si fosse ripreso totalmente e avesse potuto elaborare al meglio la notizia.

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio On viuen les histories. Descobreix ara