1. Lo sconosciuto dal volto perfetto

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Illinois, 1874

«Una guardia del corpo?» ripeté Helena Burren, percorrendo con lo sguardo il corridoio pavimentato di marmo nero fino a raggiungere il riquadro di vetro smerigliato della porta, dove si stagliava una sagoma maschile.
«È lui, vero?»
«Per favore, Helena, sii ragionevole. Una giovane donna come te non può attraversare il West da sola, e per di più portandosi dietro una somma di denaro tanto considerevole. È pericoloso.»

«È lui?» insistette Helena, squadrando la sagoma al di là del vetro con aria sospetta.

Bassa, dalle guance paffute e una corona di capelli quasi bianchi, Henrietta Burren annuì, arrossendo solo un po'.

«Sì, Helena. Per pietà, dobbiamo aprire.»
Guardò ansiosamente verso la porta.

Il campanello suonò per la seconda volta, più insistentemente. Fece un ultimo tentativo.

«Vi prego, zia Henrie, lasciatemi andare da sola. So badare a me stessa.»

La zia trattenne a stento una risata, mentre si stringeva le mani con nervosismo.

«Helena» sospirò, scuotendo la testa. «Sei così giovane e hai ancora tanto da imparare. Non sai badare a te stessa, e lo sai, non sei mai uscita da questa casa. Come pretendi di poter attraversare il West da sola?»

Helena incassò il colpo in silenzio, a bocca asciutta. Nei suoi diciannove anni di vita si era sentita ripetere la stessa cosa praticamente ogni giorno, eppure da quando suo padre era venuto a mancare, otto mesi prima, e aveva scoperto di essere stata promessa sposa a un nobile aristocratico di cui aveva sempre ignorato l'esistenza, aveva creduto che la frequenza di non sai badare a te stessa sarebbe diminuita.

Sua zia aveva ragione, però.
Non essendo mai uscita da quelle quattro mura  non aveva mai sperimentato nulla, non era a conoscenza di ciò che l'attendeva fuori, né dei possibili pericoli che il mondo celava.
Deglutendo amaramente si costrinse ad accettare il fatto che, nella peggiore delle ipotesi, si sarebbe tenuta il più possibile lontano dal suo accompagnatore.

«Chi è questo tipo?»
«Il signor Ellington» rispose compita Henrietta. «Una delle scorte migliori che ci sono in circolazione. Mi hanno detto che non si fa neanche pagare troppo, per il lavoro che svolge.»

Helena, al colmo della disperazione, allargò le braccia.
«Non ho granché voglia di incontrarlo.»
Henrietta aggirò la poltrona e le si pose di fronte, con uno sguardo vagamente amorevole.
«Almeno scambiaci qualche parola» propose, prendendole le mani. «Se non ti sembrerà un tipo adatto ad accompagnarti ne troveremo un altro. Ma presto, perché Bayard Mellins ti vuole come moglie entro la fine del mese.»

La fine del mese.
Buon Dio, mancavano solo tre settimane.

Helena abbassò lo sguardo sulla vecchia zia, e si costrinse ad abbozzare un sorriso.
«Va bene, lo incontrerò. Ma non credo di poter sopportare la presenza di uno sconosciuto per più di un'ora.»

Spalancando la porta si trovò di fronte al bavero scuro di un impermeabile maschile.

Dall'alto, una voce bassa e profonda disse: «Basteranno dieci minuti.»

Helena sollevò il capo e rimase a bocca aperta per lo stupore.

Alto, dalla mascella squadrata e due pozzi azzurri al posto degli occhi, quell'uomo era decisamente, e fin troppo, attraente.

Con quegli occhi penetranti, lui la squadrò scrupolosamente dai boccoli ramati all'orlo dell'abito di seta verde salvia.
«Sono Rafe Ellington» si presentò, chinando leggermente la testa. «Lo sconosciuto» aggiunse poi, sarcasticamente.

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora