35. Il bacio del peccato

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Un fremito scosse il coraggio di Helena. Rafe, il suo Rafe, non poteva morire. Era forte, troppo per potersi arrendere. Quando, durante la sua passeggiata con Mary, aveva assistito alla scena degli uomini di Bayard che correvano dalla parte opposta lasciando un uomo agonizzante steso al suolo, lei si era sentita morire. Aveva riconosciuto il giaccone di pelle, lo stesso che Rafe indossava quando si era presentato quella mattina all’alba per cominciare il suo viaggio verso lord Mellins. Allora, nonostante le proteste di Mary, era corsa da lui e insieme lo avevano trascinato per metri e metri fino a quando non avevano trovato una baracca disabitata nel sottobosco. Puzzava di uno strano odore, ma c’era una cassapanca, una finestrella scheggiata e un focolare intriso di ragnatele su cui, in quel momento, Mary stava sistemando dei ciocchi di legna. Il fuoco avrebbe riscaldato l’ambiente e soprattutto avrebbe riscaldato Rafe.
Aveva chiuso di nuovo gli occhi. Per fortuna, gli uomini non lo avevano colpito al viso. Di sicuro lui si era protetto a dovere. Conosceva Rafe: era l’uomo più coraggioso che esistesse.

«Dovreste togliergli i vestiti, milady. Sono quasi completamente zuppi.» Rafe batteva involontariamente i denti, e Helena capì che Mary aveva ragione e si diede della sciocca per non averci pensato prima. Era stata troppo sgomenta, destabilizzata, per soffermarsi sulla reale urgenza della situazione. Aveva sperato così ardentemente — e così a lungo — di rivederlo, che quando lo aveva riconosciuto aveva smesso per un istante di respirare. Poi era stato come tornare a vivere. E c’era stata la paura di perderlo ancora, il terrore nel momento in cui aveva chiuso gli occhi di colpo e l’aveva guardata come se non la vedesse realmente. La gioia di averlo incontrato, allora, in Helena, si era trasformata in panico e aveva capito che doveva fare qualcosa per aiutarlo. Per non farlo morire.
Helena allungò le mani e gli tirò via gli stivali, uno alla volta. Cercò di farlo nella maniera più delicata che le riuscì, ma il movimento strappò un lamento a Rafe. Non avrebbe voluto fargli del male, eppure sapeva che, finché i lividi non fossero guariti, lui avrebbe sentito dolore.

Appoggiò le mani sul suo ombelico e percepì un fremito al contatto con la pelle calda. Mentre gli sbottonava i pantaloni, ciuffi di peluria scura spuntavano dall'apertura. Provò un moto d’imbarazzo. Non fu per il fatto di averlo visto quasi nudo, quanto per la presenza di Mary. Mise da parte il momentaneo senso di pudore e, insieme alla ragazza, gli sfilò i pantaloni. Non finse di non vedere il rossore sulle guance di Mary alla vista di ciò che Rafe aveva tra le gambe, ma cercò di non pensarci; non era quella, la cosa più importante a cui pensare.
«Come facciamo a togliergli la giacca senza farlo svegliare?» chiese Helena in tono preoccupato.
«Dovremmo girarlo su un fianco.»
«Va bene.»

Quando Helena gli tolse la manica della giacca e della camicia dal braccio, notò un grosso livido violaceo che gli percorreva la spalla. Serrò gli occhi. Gli uomini di suo marito avrebbero pagato per quello che avevano fatto a Rafe.
«Non ti farò del male» sussurrò quando dalla sua bocca uscirono mugolii insensati e lui fece scivolare il capo nella sua direzione.
«Il fuoco ha preso vita» dichiarò Mary con un lampo di soddisfazione negli occhi. Helena annuì, accarezzando la guancia sbarbata di Rafe. Era la prima volta che lo vedeva senza barba. In quel momento poté osservare meglio la fisionomia del suo viso, e gli sembrò il più bello del mondo, seppur con tutti i suoi difetti. Pochi istanti dopo, Mary le porse un panno umido di acqua.

«Passatelo sulle contusioni e poi aspettatemi: quando tornerò gli applicheremo un impacco che velocizzerà la guarigione.»
«Dove stai andando?» domandò Helena, prendendo il panno.
«A cercare la cura. Medicategli le ferite e tenetelo al caldo, milady, è molto importante che stia al caldo.»
Rimasta sola, Helena cominciò a lavare Rafe. Intrise una pezzuola nel catino di acqua tiepida — la cui insolita presenza più tardi avrebbe chiesto a Mary — , la strizzò e gliela fece scorrere sul torace nudo con gesti delicati e precisi, facendo attenzione a non aggravare il dolore dovuto alle ferite.  Gocce di sudore gli imperlavano la fronte umida, così lei gliele asciugò con le dita. Nel farlo, sfiorò una ciocca dei suoi capelli e non riuscì a trattenere l’impulso di scostargli all’indietro il ciuffo che gli era caduto sulle sopracciglia. Quel contatto risvegliò in lei sensazioni a lungo sepolte, che mai se ne erano andate del tutto. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, mentre Rafe apriva lentamente gli occhi e la fissava.

Ma poi lei capì che il suo sguardo la stava attraversando e che quegli occhi non la vedevano davvero. Le iridi azzurre erano quasi completamente oscurate dalle pupille. Helena continuò a passare la pezzuola lungo le contusioni, aggiungendo al movimento una carezza alla sua mano adagiata verso di lei. La strinse, e non la lasciò fino a quando non ebbe terminato il lavoro. Il fuoco aveva attecchito, così, lentamente, Helena trascinò la cassa dove era steso Rafe accanto al focolare e osservò lo strato umido sulla pelle asciugarsi. Lasciò cadere la pezzuola nel catino e guardò a lungo il viso di Rafe, che adesso sembrava essere diventato più rilassato. In quel momento aveva abbandonato la sua solita rigidità e appariva vulnerabile, non più un uomo ma un ragazzo. Sorrise, inconsciamente. Poterlo avere di nuovo così vicino, per uno strano scherzo del fato, era un dono.

Se lei e Mary non si fossero trovate nelle vicinanze, chi avrebbe salvato Rafe? Il pensiero che sarebbe potuto morire la atterriva. Aveva capito che quegli uomini erano stati inviati direttamente da Bayard, anche se non comprendeva la ragione. Non aveva mai fatto parola con suo marito dell’amore che provava verso Rafe. Quale altro motivo poteva averlo spinto a volerlo morto?
Serrò gli occhi. All’improvviso lui cercò di parlare. Un suono appena percettibile, sussurrato a fior di labbra, quasi incorporeo. Lei si chinò per sentire meglio. «Helena… »
Sembrò che il cuore smettesse di battere per un secondo. L’aveva riconosciuta. Sorridendo di sollievo, Helena annuì vigorosamente e poi si ricordò che lui non poteva vederla. Una lacrima sfuggì al suo occhio sinistro senza che lei ne percepisse la presenza. Rafe ripeté una seconda volta il suo nome, stavolta in tono più marcato. Aprì gli occhi solo leggermente, così che Helena non riuscì a vederne le iridi.
«Io… io ti amo, Helena… »
Poi li richiuse ancora, e il suo respiro tornò alla normalità, mentre la nostalgia in Helena si tramutava in felicità. Senza accorgersene si ritrovò in lacrime e gli appoggiò la fronte sulla spalla, facendo attenzione a non fargli male.

Quando sollevò il capo, il volto di Rafe era di nuovo dritto davanti al suo. E guardandolo, pur sapendo che era la cosa sbagliata, pur sapendo che era vincolata a un altro uomo, si sporse verso le sue labbra e lo baciò. Come aveva fatto la prima volta, mentre lui dormiva, ignaro che lei potesse essere tanto coraggiosa da prendere una tale iniziativa, ma quel giorno, in quel casale abbandonato, davanti al fuoco, Helena lo baciò con amore vero. Non c’era più solo quell'attrazione che si era resa conto di provare fin dall’inizio, non c’era il bisogno del contatto fisico, c’era il desiderio di lui e lui soltanto, della sua presenza, della sua essenza. Con quel bacio, Helena comprese di non volerlo lasciare mai più. Ma presto si sarebbe fatto buio e lei sarebbe dovuta tornare a casa da suo marito, avrebbe dovuto cenare insieme a lui e poi infilarsi nel suo letto, dove Bayard l’avrebbe costretta ancora a soddisfare le sue voglie. Era così stanca di quella vita.

Smise di piangere nell’attimo in cui Rafe aprì definitivamente gli occhi e la guardò. Dapprima parve incredulo, poi sbatté le palpebre per assicurarsi che non stesse più sognando o immaginando. Le sue labbra interruppero piano il bacio, e sussurrarono in tono roco: «Helena?»
Lei sorrise di dolore. «Sono qui, Rafe.»
Negli occhi di Rafe tornò a splendere una luce tenue, che troppo a lungo era rimasta spenta. Sì umettò le labbra per cancellarne la secchezza, senza smettere di guardarla. «Helena, io ti… »
«Anche io, Rafe. Anche io ti amo» lo interruppe lei in tono amaro. «L’ho sempre fatto.»
Gli sfiorò la guancia con il dorso della mano. «Lo farò per sempre.»

Rafe colse una nota malinconica nel tono della sua voce. Rivederla, ammirare quel viso che tanto amava, era il regalo migliore che il cielo avrebbe potuto fargli, e avrebbe urlato di gioia se non si fosse ricordato in quel momento che Helena era ormai sposata con un altro uomo. Allora il dolore nel suo cuore si risvegliò e con esso tornò anche quello dovuto alle ferite. Gemette, ma lei gli prese la mano e, piano, quel dolore fu sormontato dal calore che emanava da lei. Se la portò al ventre, che era leggermente ingrossato.
«E questo» sussurrò Helena senza smettere di guardarlo, «questo è tuo figlio.»

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Donde viven las historias. Descúbrelo ahora