•Prologo•

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Illinois, 1870

«Non sono riuscito a fermare l'emorragia.» 
Rafe Ellington si pulì le mani nello strofinaccio e lo gettò nel fuoco, che stava pian piano morendo nel camino. Si sciacquò il viso con una dose abbondante di acqua e si diresse alla piccola finestra ovale, dove osservò la pioggia battente distruggere a poco a poco le calendule e i crisantemi che popolavano il suo minuscolo giardino.
Non gli importò.
Non poteva dar peso a una cosa di tale futile spessore quando suo fratello era appena morto tra le sue braccia. Solo la settimana precedente aveva discusso con Marcus riguardo al fatto che, a suo dire, Rafe non era pronto per fare il medico. Era giovane, diceva, troppo perché la gente potesse prenderlo sul serio. Ma Rafe aveva fatto valere le sue ragioni, e si erano salutati all'ombra di un grosso salice. Poi, quella mattina, Marcus era tornato. Più morto che vivo, con una tale profonda ferita all'addome che Rafe si era sentito il sangue gelare. Aveva lavorato ininterrottamente per salvarlo, per ore e ore, fino allo stremo delle forze. Ma suo fratello, quel fratello gemello per cui avrebbe dato la propria vita, gli era morto tra le mani. Rafe non lo avrebbe mai dimenticato.

Gli occhi di Marcus lo avevano fissato, vitrei e vuoti, per l'ultima volta e poi il suo cuore si era fermato. Agatha, la vecchia nonna cieca, aveva ascoltato tutti i suoi sforzi seduta sulla sedia a dondolo accanto al fuoco, senza proferire parola. Ci era solo stata, e Rafe si era sfogato nonostante lei non lo vedesse.

«È morto, nonna.» Fu poco più che un sibilo, lasciato andare con fatica. Il crepitio del fuoco era ridotto al minimo.
«Lo so» sussurrò rauca l'anziana donna, dondolandosi senza sosta sulla sua vecchia sedia.
Rafe scosse la testa, incapace di accettarlo. Si lanciò verso il corpo senza vita di Marcus e lo strinse forte, urlando tutto il suo dolore. Sua nonna chiuse gli occhi, gli stessi occhi azzurri di Rafe, occhi che ormai non potevano più vedere, e incassò in silenzio il proprio dolore lancinante unito a quello dell'amato nipote. Era morto, Marcus Ellington era morto per davvero. L'aveva sognato, una delle tante notti tormentate della sua vita, ma non aveva dato credito a quelle che aveva considerato solo mere fantasie.
Era addolorata, la vecchia Agatha della casa nella prateria, perché forse, se ne avesse parlato in tempo, sarebbe riuscita a salvare la vita di suo nipote. La vecchia Agatha aveva cresciuto i due ragazzi quando suo figlio, il loro padre, era venuto a mancare molti anni addietro. Rafe e Marcus erano stati il suo bastone della vecchiaia, l'unico spiraglio di luce in quella sua vita composta d'oscurità ed effimeri brandelli di pace, e adesso la morte di uno avrebbe compromesso la vita dell'altro. Erano sempre stati uniti, i due fratelli, più legati di come ci si potesse aspettare da due gemelli. Rafe sarebbe stato costretto a rimboccarsi le maniche e imparare ad affrontare il mondo senza Marcus; Agatha sapeva quanto sarebbe stato difficile. Lui non era forte quanto Marcus, ma l'anziana donna sapeva altrettanto bene che lo sarebbe diventato. Benché non potesse più vedere, aveva imparato a leggere nell'anima di Rafe con gli occhi della mente.

«Non farlo, Rafe» disse sottovoce, non del tutto certa che lui potesse sentirla.
«Non lasciare che questo dolore ti spezzi. Vivi la tua vita, Rafe, incontra nuove persone, viaggia, innamorati, soffri e muori solo quando sarai vecchio e al caldo, lontano da qui.» 

Rafe non rispose neanche a una parola. Stringeva tra le dita la mano gelida di Marcus, incapace di lasciarlo andare. Il dolore risvegliava in lui ricordi a lungo sopiti, ricordi che mai avrebbe voluto far riemergere. Sua madre che li abbandonava, suo padre che tagliava il collo delle galline della fattoria, le gocce di sangue che schizzavano fino a infrangersi sul terreno polveroso, e poi la morte. Ancora, ineluttabile.
Rafe pianse, e pianse, per la prima volta nella sua vita. Adesso, più che mai, davanti all'onnipotenza della morte, era solo.

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Where stories live. Discover now