33. Verso la brughiera

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Rafe porse la ciotola con la zuppa a Kate, con un cenno d'incoraggiamento. «Con questa ti sentirai meglio.»
Kate sospirò amaramente, prima di prendere l’oggetto. «Dov’è Helena?»
«Lei non è più qui. È… complicato.» Rafe contrasse la mascella. Non era quella, la questione più grave di cui preoccuparsi.
«Cosa è complicato? Il fatto che la ami o che abbia sposato un altro uomo?»
«Kate» la ammonì sommessamente Rachel, stringendosi sulle spalle il mantello che Agatha le aveva prestato. «Non è appropriato.»
«Rafe sa come la penso su questa situazione.»
«Non è questa la cosa più importante, Kate» disse Rafe, osservando la ragazzina sorseggiare lentamente la sua reazione di zuppa. «Cosa è accaduto a James? Di quale assassino parlavate?»
«Tom» rispose Rachel, con sguardo duro. «Voleva a tutti i costi sapere dove fosse finita Helena, e quando James si è imposto di non rivelarlo lui ha promesso che gliel'avrebbe fatta pagare.» Socchiuse gli occhi. «Ha tenuto fede a quella promessa la settimana scorsa» aggiunse Kate, la voce incrinata dal dolore. «È un bastardo. Ha ucciso mio padre, lo ha ucciso con un colpo di pistola a tradimento, Rafe. »

L’uomo contrasse il pugno.
«Figlio di puttana.»

«Quando il dottor Harrison è venuto a casa per cercare di salvare mio padre e ha visto la ferita, ho visto i suoi occhi incupirsi e perdere luce. Nonostante non sappia tante cose, ho capito subito che non ci sarebbe stato nulla da fare. Gli aveva aperto una ferita dritta al cuore. Mio padre è morto e io non ho potuto fare nulla per salvarlo.»
Il dolore, unito allo shock, gli trafisse il petto. James era stato assassinato dall’uomo che aveva quasi approfittato di Helena, dall’uomo che aveva fatto ben intendere che l’unica cosa che voleva era una donna che non poteva avere. Dopo quello che aveva scoperto, appariva chiaro che si sarebbe preso Helena a qualunque costo, non importava quanto acute fossero le difficoltà. Strinse i denti fin quasi a spezzarli.

«Tom è ancora libero, quindi» dichiarò causticamente.
Rachel si inginocchiò accanto a Kate e lo guardò disperata negli occhi.
«Siamo fuggite la stessa notte, al termine del funerale. Non potevamo restare lì, lui non si sarebbe fatto scrupoli ad uccidere anche noi. Non ha importanza che Kate sia solo una bambina.»
«Non sono una bambina» ribatté l’altra in tono determinato. Riportò lo sguardo su Rafe. «Credo sappia dove eravamo dirette. Mi sono lasciata sfuggire, a una festa di paese, che Helena doveva sposarsi con un tipo ricco nel Devonshire. Tom era lì, ha sentito tutto e ha anche fatto commenti poco carini nei riguardi del futuro sposo.» Scosse la testa e appoggiò la ciotola quasi vuota sullo sgabello.
«Rafe, lui ci troverà anche qui. Devi aiutarci, ti supplico.»

La voce di Kate era talmente disperata che Rafe avvertì un tuffo al cuore. Cosa poteva fare, lui, per aiutarle? Uccidere Tom? Aveva già ucciso in passato, ma solo nei rari casi in cui si era trovato alle strette, e la posta in gioco era stata la sua stessa vita. E tuttavia non poteva lasciare Kate e Rachel da sole, senza un aiuto o un appoggio. Erano donne e Dio solo sapeva quale concezione Tom avesse di esse. Riavvolgendo per un istante i ricordi, ripensò al giorno in cui aveva rapito Helena per abusare di lei, pensando di poterla sottomettere, di poterla piegare. Il suo viso si contorse in un’espressione acre. Tom gli aveva quasi portato via la sua Helena, quella volta. Poi si morse l’interno della guancia, ripetendo quanto fosse sciocco e malsano continuare a pensare a lei e al fatto che non fossero insieme. Non era più la sua Helena, forse non lo era mai stata realmente. E in ogni caso, non era di quello che doveva preoccuparsi al momento.

«Puoi ucciderlo?»

La domanda di Kate apparve così glaciale e terribilmente seria che Rafe dimenticò di respirare per qualche istante. Aveva solo dodici anni. Non doveva pensare a certe cose, non doveva… Lui comprendeva il dolore per la perdita di suo padre. Il senso di vuoto, la parvenza di vorticare in una dimensione parallela estranea alla vita reale, la tristezza, l'impossibilità di tornare indietro e cancellare i fatti. Ma non poteva chiedergli di diventare un assassino, non come lo era diventato Tom. Avrebbe dovuto trovare un’altra soluzione. Magari escogitare un piano e far finire Tom dritto in galera. Ma prima doveva trovare Helena e metterla al corrente che lui sarebbe tornato, e sarebbe tornato per finire quello che aveva cominciato. Sollevò il capo mentre sua nonna aggiustava i ceppi nel camino. Non aveva pronunciato una sola parola da quando Kate e Rachel avevano iniziato il loro racconto, e Rafe non se lo spiegava. Agatha era una donna saggia. Di sicuro sapeva quale fosse la cosa più giusta da fare, eppure si era limitata a dei brevi sospiri e a mugolare qualcosa tra le labbra.

«Troverò una soluzione, Kate. Te lo prometto.» Strinse la mano della ragazzina, e nei suoi occhi lesse orgoglio e una parte più profonda di tristezza. Allora, di slancio, si sporse in avanti e l’abbracciò e sentì lacrime calde bagnargli la spalla.
«Te lo prometto» ripeté sottovoce. Lo avrebbe fatto per loro, lo avrebbe fatto per Helena. Doveva avvertirla di fare attenzione. Se Tom l’avesse trovata la sua vita sarebbe stata rovinata. Prima Rafe le avesse parlato, prima lei avrebbe potuto nascondersi e cercare di salvarsi. Lei era sposata. Bayard Mellins l’avrebbe protetta naturalmente, ma non conosceva Tom. E soprattutto, nessuno dei due sapeva che era un assassino.
«Devo informare Helena» asserì con convinzione. «Partirò subito.»
Quando si allontanò da Kate, il suo unico pensiero fisso era che presto avrebbe rivisto Helena, anche se sarebbe stato per darle una triste notizia e metterla in guardia da una ancora più triste. Eppure fremeva al pensiero di rivederla, di sentire di nuovo la sua voce, di guardarla negli occhi e assaporare la vista di lei, che per lui era la personificazione esatta di bellezza, a dispetto di qualunque suo difetto.


**

Mary le deterse dolcemente il ventre con un panno bagnato di acqua calda.
«Vi sentite meglio?»
Helena si accorse di aver chiuso gli occhi solo quando si ritrovò ad aprirli.
«Sto male da due mesi, Mary. Non saranno delle frustate a farmi stare peggio.»
La giovane la guardò ansiosamente.
«Nessun marito dovrebbe picchiare la propria moglie.»
Helena emise una risatina amara. «Quanti mariti pensi che rispettino le proprie mogli?»
«Milady, se mi permettete, penso nessuno le rispetti, ma credo anche che arrivare a frustare una donna sia indice di… di… »
«Lascia stare, Mary.» Helena le prese la mano che teneva il panno bagnato e tentò di sorriderle debolmente. «Presto starò meglio.»

«Dovete andarvene da questa casa. Dovete andare via.» Abbandonò il panno e afferrò con fermezza le spalle di Helena. «Io posso aiutarvi a fuggire. Ho dei soldi da parte.»

Lei scosse la testa con un sorriso tenue. «Non dirlo neanche per scherzo, Mary. Presto finirà tutto da sé. Ne sono convinta.»
«Dovete farlo per vostro figlio» soggiunse Mary. «E per l’uomo che amate.»
Helena avvertì un tuffo al cuore. Rafe. Il suo nome sembrava ancora così reale, così vivo, come se il tempo non fosse minimamente trascorso e lui fosse ancora lì, accanto a lei, in carne e ossa.
«Rafe…» sussurrò, incapace di trattenere quell’unica parola.
«Sono convinta che lui pensi ancora a voi, esattamente come fate voi.»

Helena cercò di non cedere al pianto. Ne aveva passate tante, nei mesi trascorsi, eppure nulla le aveva arrecato più sofferenza del non avere Rafe accanto a lei. La sua perdita pesava come un macigno, un dolore vivo e instancabile che la consumava giorno dopo giorno. «Mi manca così tanto, Mary.»
«Posso immaginarlo, milady, ma non dovete arrendervi. Presto vi ritroverete. Io lo so.»
Helena la guardò stancamente. «Mi sembra una speranza troppo vana, ma ti ringrazio del pensiero.»

Mary le sorrise, scuotendo la testa. «In questo momento avete bisogno di fare qualcosa per voi» dichiarò. «Venite a fare una passeggiata nella brughiera, così vi sentirete meglio. Prendere aria fresca può farvi solo che bene.» Si alzò. «Riuscite a camminare?»
Helena annuì debolmente. Le ferite facevano male, ma restare in casa sarebbe stato di gran lunga più doloroso. Il pensiero che Bayard potesse tornare e picchiarla di nuovo la terrorizzava non tanto per se stessa, ma per le conseguenze che avrebbe potuto riportare su suo figlio. Non gli avrebbe permesso di compromettere la sua crescita.

«Andiamo. Voglio uscire di qui il prima possibile.» Quando si alzò, la schiena formicolò terribilmente per le ferite ancora sanguinolente, ma riuscì a non far trasparire il dolore né dalla sua voce, né dalla sua espressione. Aveva bisogno di respirare aria fresca, di allontanarsi da quella casa infernale e trovare refrigerio nella leggera brezza della brughiera che, di lì a un paio di mesi prima, insieme alla presenza di Mary, era l'unica nota positiva nel suo doloroso presente.
«Prendo il vostro mantello, milady.»

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Where stories live. Discover now