43. Fuori controllo

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Faceva freddo, la sera in cui Bayard tornò, per la prima volta dopo tanto tempo, nella torre dell'ala est. Lì, tra quelle quattro mura troppo spoglie per un palazzo sfarzoso come il suo, si era consumata la notte di passione tra un arrogante padrone e la sua sguattera. Mary, ricordò, lo aveva respinto più e più volte; non aveva voluto cedere, complici forse la giovane età e la cattiveria di un uomo come lui, ma quella notte di due anni prima qualcosa si era sciolto nel cuore della serva. Era bastato un bacio, il primo, rubato di soppiatto, a cui era seguito un comportamento ardito e lascivo, per annientare tutte le sue difese. Bayard l'aveva posseduta, iniziandola all'arte della seduzione, marchiandola e bruciandola. Aveva pensato di perdere la ragione; aveva quindici anni più di lei e ai suoi occhi Mary era solo una bambina... Ma, nonostante ciò, l'uomo aveva perduto ogni lucidità, qualunque facoltà di ragionare.

Se si concentrava poteva ancora sentire i gemiti, i rantoli e i sospiri della ragazza, percepire la sensazione del momento in cui lei gli aveva piantato le unghie nella schiena e si era inarcata sotto di lui nell'attimo della perdizione più totale, quando tutto si era offuscato e Bayard aveva decretato, con terribile violenza, la gravidanza che sarebbe poi conseguita. Non credeva che fosse stato l'amore a legarlo a Mary. Lui non aveva mai pensato di potersi innamorare, almeno fino a quando Helena non era entrata nella sua vita. Forse aveva provato qualcosa per la sua serva, a cui non aveva mai torto un solo capello, però, dopotutto. Qualcosa lo legava a Mary, qualcosa che Bayard non era mai riuscito a spiegarsi. In quei giorni che aveva trascorso con lei, in cui aveva continuato a sedurla, non c'era stato alcuno spazio per la propria irritazione: era stato calmo, gentile, non più succube di quella che sarebbe poi divenuta follia.

Tutto era crollato nell'attimo in cui Mary gli aveva confessato di essere incinta. Allora, Bayard si era trasformato in un mostro. E quel mostro, ormai ne era consapevole, non sarebbe più tornato a quello che era un tempo; un uomo buono, e giusto. Bayard non sarebbe mai più stato quel tipo di uomo. Ormai non riusciva a trovare una sola ragione, nemmeno l'amore per Helena, che potesse farlo tornare a quello che era prima.

        Quella notte rivisse ogni istante, ogni attimo di follia che lo aveva portato a perdere la ragione. Mary che urlava per il dolore del parto, la scoperta di due gemelli, il mondo che gli crollava addosso, la decisione che mai avrebbe dovuto mostrare quei figli bastardi al mondo. E così, senza che Mary sospettasse nulla, aveva finto di prendere quei neonati per affidarli alle cure di una balia e aveva rinchiuso la ragazza nella torre. Aveva ringhiato, poi, mentre li avvolgeva nel telo. Non poteva farlo. Li aveva baciati sulla fronte, un maschietto e una femminuccia, aveva notato nel frattempo, e allora il cuore gli si era stretto in una morsa. Li aveva riportati nel palazzo, tra le braccia della loro madre, e poi aveva richiuso la porta alle proprie spalle. Aveva lasciato correre un anno, uno solo, e infine era caduto preda della follia definitiva: accecato da un sentimento cui non aveva saputo dare un nome, era tornato nella torre, dove Mary era rimasta segregata per dodici mesi, e, mentre la guardava riposare, aveva sottratto i suoi figli alle culle assemblate un po' alla rinfusa.

La bambina, che Mary aveva chiamato Delphine, aveva aperto gli occhi. Aveva guardato suo padre con due pozzi verdi come le praterie, e Bayard si era reso conto di quanto gli somigliasse per via del colore dorato dei riccioli. Delphine lo aveva fissato a lungo, intanto che lui percorreva nella penombra i corridoi del palazzo, mentre con l'altro braccio stringeva il piccolo Ross, il gemello dagli occhi di un verde appena meno vivido. Lui dormiva ancora, era Delphine che non smetteva di guardare suo padre; quello sguardo, lo sguardo di una bambina di dodici mesi che chiedeva senza parlare cosa sarebbe successo, avrebbe perseguitato Bayard per il resto della vita. E nonostante ciò, a dispetto della ferita che si era aperta nel suo cuore e che mai si sarebbe rimarginata, Bayard aveva continuato a camminare.

Era arrivato nella rimessa delle barche, si era immerso negli effluvi scaturiti dall'acqua, sotto un cielo plumbeo di novembre, e aveva guardato i suoi figli per l'ultima volta. Aveva atteso che Delphine si addormentasse di nuovo, prima di inginocchiarsi e di affidare i bambini alle cure del mare. Li aveva visti annegare lentamente, senza che avessero nemmeno il tempo di rendersi conto dell'accaduto, e una lacrima, una sola, gli aveva rigato una guancia. Lì, in quel momento di quella notte, Bayard aveva perso l'ultimo brandello di lucidità. Li aveva visti sparire, inghiottiti dal manto d'acqua, ed era tornato nel palazzo solo quando l'alba era sorta. Le grida di Mary, quando gli aveva rivelato l'accaduto, avevano squarciato la quiete surreale che tutti i giorni avvinghiava la casa. E da allora, nell'anima di Bayard qualcosa si era rotto, così come nel cuore di quella giovane serva a cui la vita era stata rovinata in un battito di ciglia.

          -Dormi, Delphine- disse la piccola donna, accarezzando i capelli biondi della bambina. Era sempre stata quella più vivace tra i suoi due figli, quella che piangeva di più ma che era anche la più vispa. Ross, al contrario, non piangeva quasi mai e dormiva molto spesso. Entrambi avevano ripreso il colore degli occhi del loro padre, l'uomo di cui Mary non aveva mai creduto di potersi innamorare, ed entrambi avevano ciglia lunghe e folte, proprio come le sue.

-Dormi, piccola mia- ripeté, offrendo un tenero sorriso allo sguardo vispo di Delphine. La guardava sempre come se volesse chiederle qualcosa, pur senza parlare, ma Mary sapeva che, qualunque cosa sua figlia le avesse domandato, lei non avrebbe saputo darle alcuna risposta. Non si spiegava né come, quando o perché fosse avvenuta la loro nascita, ma poteva dire di essere fortunata a poter assistere alla crescita dei suoi figli. Delphine aprì appena la bocca, ma non emise alcun suono, poi, come un'illuminazione, rise davanti a sua madre, rise forte, un suono gaio che riempì il cuore di Mary di gioia. Amava sentire le risate dei suoi gemellini, forse anche il loro papà l'avrebbe amato se mai fosse stato presente. Li aveva visti solo un paio di volte dal momento del parto, e sapeva quanto soffrisse per qualcosa di cui lei non era a conoscenza, ma il vuoto dentro la ragazza si era intensificato ogni giorno di più. Poi aveva capito che Bayard non meritava considerazione, se nemmeno aveva il desiderio di vedere i suoi figli. Ed era stato grazie a Delphine e Ross che Mary aveva ritrovato la felicità. Era costretta a vivere segregata, per mantenere il segreto, eppure non soffriva. Aveva quei suoi due meravigliosi figli, e la vita poteva andare avanti comunque, grazie a loro.

    Guardò ancora Delphine che dormiva rannicchiata sui cuscini della sua culla, e sorrise. All'improvviso aveva chiuso gli occhi, e il suo respiro era calmo e regolare, come quiete erano le acque del mare in quel momento. -Dormi, piccola mia- sussurrò nella penombra della notte, poi si girò a guardare il cielo dalla piccola finestra della torre, sopra il suo letto.

-Dormi, la mamma è qui insieme a te e non ti lascerà mai sola. Te lo prometto, come lo prometto a Ross.

  Allungò il collo e depose un bacio dolce sulla fronte di Delphine e uno su quella di Ross, ignara che presto, molto prima di quanto immaginasse, il padre dei suoi figli glieli avrebbe strappati per sempre, e brutalmente, dalle braccia.   

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Where stories live. Discover now