- IN REVISIONE - Cuore selvag...

Bởi AliciaJk19

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Helena Burren non sa nulla del mondo al di fuori del palazzo in cui è sempre vissuta. Così, quando, dopo la m... Xem Thêm

•Prologo•
1. Lo sconosciuto dal volto perfetto
2. Colta con le mani nel sacco
3. Arroganza e batticuore
4. Desideri contrastanti
5. Il calore delle sue mani
6. Indurire il cuore
7. Troppo vicino
•Novità•
8. Cuori turbati
9. Questo bacio audace
10. Tempesta interiore
12. Il profumo di una donna
13. "Non farlo"
14. Astuzia giovanile
15. Attenzioni indesiderate
16. Gelosia
17. Cuore tormentato
AVVISO
18. Dottor Ellington
19. Ragione contro cuore
20. Cattivo presagio
||Dedica||
21. Per salvare una bambina
|| Dedica ||
22. Una ragione per vivere
23. Mia per sempre
|| Nuova cover ||
24. Parole dolorose
25. Pensieri fatali
26. Le parole che ho aspettato così a lungo
27. Verso l'addio più doloroso
28. Benefattore misterioso
• SONDAGGIO •
29. Specchio, custode di segreti
30. Marchiata
31. Il sapore dell'umiliazione
32. Questo amore che odio
*piccola gioia*
33. Verso la brughiera
34. Una voce tra le tenebre
35. Il bacio del peccato
36. Gemelli
37. L'amore che non ti aspetti
38. Cuori che parlano
39. Tuo figlio
40. Dire addio
41. L'unico posto sicuro
42. Ospite inatteso
43. Fuori controllo
44. Così è deciso
45. Una voce tra le fiamme

11. Incontri insoliti

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Bởi AliciaJk19

Il modo in cui Helena Burren aveva baciato Rafe Ellington poteva essere classificato, in città, tra i sobborghi e perfino nell'alta società americana, come il modo in cui una sgualdrina baciava un libertino. Rafe aveva colto una passione devastante nei movimenti di lei, nella sua bocca, nella sua lingua, nel suo sguardo appannato dal desiderio…
E lui non era stato da meno. Come diavolo aveva potuto lasciare che accadesse? Che cosa avrebbe pensato, Helena, di quella notte? Non voleva che lo ritenesse un farabutto come aveva, presumibilmente, fatto fin dal primo istante in cui i loro occhi si erano incrociati. Come aveva potuto essere tanto imprudente? La verità era che non aveva aspettato altro che quello per giorni interi. E, che Dio l'aiutasse, lo avrebbe fatto ancora. Avrebbe ripetuto quello sbaglio in eterno, se avesse potuto. Lei era innocente, inesperta, così tenace quanto delicata. Non poteva davvero averla paragonata a una comune sgualdrina.

Non avrebbe dovuto lasciare che ricapitasse; la reputazione di Helena valeva molto di più.
E quando l'aveva vista piangere… Perché aveva pianto, poi? Il suo bacio l'aveva disgustata al punto da farla pentire di essersi lasciata trasportare? Oppure era stato perché lui l'aveva intrappolata sotto di sé, non lasciandole via di scampo? O forse…
D'un tratto seppe con certezza cosa l'aveva indotta a versare quelle lacrime. Era accaduto qualcosa, la sera prima, quando l'aveva vista allontanarsi lentamente dal suo corpo. Qualcosa che aveva mandato in frantumi la solida risoluzione di tenerla a debita distanza.

«Helena?» la chiamò gentilmente. I suoi capelli, sciolti e increspati, erano ondeggiati dal vento caldo di quel mattino. Quei capelli erano così morbidi, nonostante tutto, avrebbe voluto intrecciarseli alle dita ancora e ancora…
Aveva immerso i piedi nel laghetto e fissava un punto imprecisato al centro dell'acqua. Non aveva emesso un suono quando Rafe le aveva comunicato di aver trovato una sorgente. E non stava fiatando nemmeno adesso.
«Helena?» tentò di nuovo, mentre si arrotolava le maniche della camicia. Avrebbe voluto maledirsi per avere quel tono sottomesso, così dipendente da lei!

Helena si passò la lingua sulle labbra, spazzando via un po' della loro secchezza, inspirò ed espirò a lungo senza guardarlo. Quello che sentiva, al di là dei rumori della natura selvaggia, era un senso di colpa indicibile. Non si trattava di pentimento, no: non si sarebbe mai pentita di aver baciato Rafe. Quel bacio era stato così profondo, così reale, così bello… non c'erano altre parole per descriverlo. Era stato tutto quello che lei aveva sempre sognato, e anche di più. Dolce, passionale, rude a tratti, ma anche gentile, delicato. Non si era aspettata una tale gentilezza da parte di un uomo come Rafe. Sua zia diceva che le apparenze ingannavano, e aveva ragione. Lei lo aveva capito solo la notte precedente.

Ciò che la rendeva triste, amareggiata e rabbiosa verso se stessa, era il fatto di non essere riuscita a resistere, convinta di aver fatto un torto imperdonabile a Bayard Mellins, il suo promesso sposo. L'avrebbe accettata ancora, se avesse saputo che aveva baciato un altro uomo e aveva provato nuove sensazioni tali da sconvolgerla? In fondo, però, non c'era ragione per cui avrebbe dovuto saperlo; e questo, tuttavia, la rendeva ancora più colpevole. Lui si era preso qualcosa che sarebbe dovuto spettare a Bayard, eppure Helena era felice che fosse stato Rafe a baciarla.

Sentì che lui la chiamava e si riscosse con un sussulto.
«Che cosa c'è?»
Aveva la voce flebile, come se fosse rimasta sepolta troppo a lungo nelle corde vocali.
Rafe le si avvicinò e le porse una tazza di caffè, sedendosi al suo fianco.
«Dove lo avete… ?»
«Sono un uomo dalle mille risorse» la interruppe lui con un leggero sorriso. Lei amava quando sorrideva. Quel piccolo movimento di labbra faceva crollare quella corazza di sgarbo e cinismo che l'avevano tanto spaventata in un primo tempo.
Accettò il caffè con educazione, rivolgendogli un cenno del capo.
Lui si chiese se stesse per dargli del bastardo — cosa che in fondo era - e si preparò ad incassare il colpo. Che però non arrivò.
«A proposito della notte scorsa, Helena… »
«Non dovrà ripetersi mai più.»

La ferma risoluzione di quelle parole lo scovolse, ma lui sapeva che era la cosa giusta. Eppure…
«Siete stata voi a baciarmi per prima, ricordate?»

Lei si girò a guardarlo, mandando giù un sorso di caffè freddo.
«Sì» ammise, incatenando il suo sguardo al proprio. «Ma voi mi avete baciato come… »
«Come un uomo bacia una donna» concluse Rafe con un lungo sospiro. «Mi dispiace.
«A me no. Mi è piaciuto, Rafe… »

Distolse lo sguardo appena prima che lui notasse l'intenso rossore sulle sue guance. Dio, che cosa stava dicendo? Doveva stargli lontano, doveva ordinargli di tenere le distanze…
«Anche a me, Helena.»

Quel tono deciso la irritò. Dunque lui non si sentiva colpevole quanto lei. Ma poi pensò che lei stessa aveva ammesso di aver tratto piacere da quel bacio e pensò, a pari merito, che si stava rivelando un controsenso vivente.
«Per favore, Rafe, statemi… statemi lontano.»
«Non posso, Helena» rispose lui. Si alzò, i pugni serrati lungo i fianchi, il cuore che galoppava rapido nel petto.
«Ma se è questo che volete, allora ci proverò con tutto me stesso.»

Anche Helena si alzò. La tazza le sfuggì dalle mani, ma nessuno dei due lo notò.
«Io sto per sposare un altro uomo» mormorò e nei suoi occhi c'era una profonda, tangibile tristezza. Rafe avrebbe voluto stringerla fra le braccia. Ma sapeva di non poterlo fare. «Non posso comportarmi come una… una… »

Non dirlo, Helena, per favore, implorò lui dentro di sé.

«Come una sgualdrina!» esplose lei. Lo raggiunse e cominciò a tempestargli il petto di piccoli pugni, che lui incassò in silenzio, senza fiatare. Quando si fu calmata, Rafe si accorse che gli occhi di lei erano lucidi. «Per quanto mi sia piaciuto, sapete anche voi che doveva spettare a Bayard.»
Lui le prese dolcemente i polsi tra le mani, abbassandoglieli davanti alla vita. Torreggiava sopra di lei, e il suo respiro caldo gli sfiorava il mento.
«Avreste voluto che ci fosse lui al mio posto, Helena?»

La stava sfidando, e lo sapeva. Se lei avesse risposto di sì, allora Rafe si sarebbe imposto di lasciarla andare, di non sfiorarla mai più. Ma lei scosse lentamente la testa in un segno di diniego, e allora il sollievo fu più forte del senso del dovere. Le lasciò i polsi e le prese la testa tra le mani, catturandole le labbra in un bacio gentile, privo di alcuna volgarità. La sentì sciogliersi contro di lui, smise di lottare contro quei segnali primitivi che il suo corpo le mandava, e rispose a quel tocco con un trasporto che gratificò Rafe più di quanto avesse voluto. E poi, all'improvviso, qualcosa urtò il retro degli stivali dell'uomo. Spalancò gli occhi e allontanò piano Helena, pur continuando a stringerla. Lei lo fissò turbata, le guance accalorate, il respiro ansante e poi entrambi la videro: una bambina, sui dieci anni, china a raccogliere qualcosa da terra dietro gli stivali di Rafe.

Helena si inginocchiò lentamente, allungò un braccio e la sfiorò delicatamente sulla spalla esile, coperta da una fusciacca di pelle di daino. Abbigliamento insolito, per una bambina così piccola. E da dove era spuntata, poi? La lunga treccia bionda, disordinata e sbarazzina, le ricadeva davanti agli occhi e, quando Helena la toccò, lei si ritrasse con un sussulto. Rafe aggrottò le sopracciglia, inginocchiandosi accanto a Helena.

«Chi siete?» gli chiese la bambina in tono accusatorio, che non sembrava poi tanto piccola in quel momento. Tra le mani stringeva un coltello, quello che aveva appena raccolto da terra. Glielo puntò contro e si sollevò sui talloni con un'agilità fuori dal comune. «Vi ho fatto una domanda.»

«Chi sei tu, piuttosto» controbatté Rafe, alzandosi a sua volta. «Che ci fa una ragazzina come te in un posto come questo?»
«Questo posto, come lo chiamate voi» lo rimbeccò lei, strappando un sorriso a Helena, «è la mia casa. E voi siete nel mio territorio.»

Sollevò ancora di più il coltello sporco di terra. Rafe fissò l'arma senza battere ciglio, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Vide Helena allungare ancora una mano verso la piccola, che però balzò all'indietro con uno scatto felino. I suoi occhi scuri come l'ebano ardevano di collera. Lei impietrì; che cosa era successo a quella bambina? Che cosa le aveva fatto, la vita, da spingerla ad adottare certi atteggiamenti?
Sentì la stretta rassicurante di Rafe sulla spalla e tutto il calore si concentrò lì, sotto le sue dita. Ma c'erano cose più importanti a cui pensare, in quel momento.

«Dovete andarvene» sibilò la ragazzina. Rafe notò che stringeva il coltello con fermezza, senza farlo tremare nemmeno per sbaglio.

«Ce ne stavamo andando.»
«Vi stavate baciando» lo corresse lei sollevando il mento.
Helena non ebbe neanche il tempo di avvampare che una voce maschile, profonda e matura, si levò alta tra le fronde della vegetazione.
«Kate! Dove sei andata a cacciarti, Kate?»

Rafe assottigliò lo sguardo, circondando la vita di Helena con un braccio e mettendosi davanti a lei, come a farle da scudo. Dalla fondina attaccata alla cintura estrasse la pistola. Helena lo fissò sgomenta; una pistola! Aveva una pistola... ma certo che aveva una pistola, si disse poi. Era la sua guardia del corpo.

L'uomo che emerse dal folto degli alberi, correndo e ansimando, l'espressione vagamente incollerita stampata sul volto, non doveva avere più di una trentina d'anni. Non c'era traccia di peluria su quel viso, tranne per i lunghi capelli castani che gli ricadevano davanti agli occhi scuri dandogli un aspetto disordinato e vagabondo. Se lo si fosse giudicato solo per l'abbigliamento, si sarebbe detto che fosse un uomo civile che vestiva in modo insolito rispetto alla società: pantaloni con bretelle, una camicia lunga infilata dentro di essi, stivali di pelle e un cappello a tesa larga che celava buona parte dei capelli. Helena non capì subito il motivo di tale abbigliamento, ma Rafe sì. Lui apparteneva a quelle terre, anche se era mancato così a lungo che quasi non ne ricordava più il profumo.

«Kate, maledizione, quante volte devo dirti di non spingerti fin qui da sola?»
L'uomo, alto e nerboruto, rimproverò la ragazzina strappandole il coltello di mano.
«Avevo perso quello» si giustificò lei con ostinazione. «E ho trovato questi due.»
L'uomo si sistemò il cappello sopra la testa in modo da identificare i due sconosciuti che si erano infiltrati nel suo territorio. Uno sguardo indagatore si piantò addosso a Helena e Rafe mentre quest'ultimo abbassava la pistola e la riponeva nella fondina.

«Siamo in viaggio» spiegò in tono calmo. «Non ci siamo avventurati di proposito fin quassù.»
«Siete americani?»
«Sì, entrambi.»
L'uomo li scrutò a lungo, prima di infilare il coltello nell'astuccio in pelle dei pantaloni. Helena si accorse che la stava fissando con un po' troppa… derisione? No, doveva essere qualcos'altro.
«A giudicare dallo stato di quel vestito dovete essere in viaggio da molto» osservò, mettendosi le mani sui fianchi.
Lei strinse la labbra, sperando che non notasse l'assenza del corsetto.
«Sì» si affrettò a rispondere Rafe con un sorriso amabile. «Purtroppo la signorina qui presente ha perso la valigia durante la scalata e ha dovuto accontentarsi di quest'unico abito. La fa sembrare una selvaggia, ma non me ne lamento.»

Helena desiderò prenderlo di nuovo a pugni. Come osava!
L'uomo gettò indietro la testa e scoppiò a ridere. La ragazzina aveva incrociato le braccia al petto e li fissava con un po' meno ostilità.
«Sarà meglio che gliene troviamo un altro, allora. Potete venire con noi e rifocillarvi, se volete» propose, prima di fare un cenno alla figlia e di incamminarsi verso il folto del bosco.

«Non è molto lontano da qui» gridò in aggiunta.
«Non possiamo seguirlo» si oppose Helena incrociando le braccia al petto. «E se avesse cattive intenzioni?»
«Non le ha» rispose Rafe, dirigendosi verso i cavalli e slegandoli dai rami ai quali li aveva assicurati.
«E come lo sapete? Siete anche un indovino, adesso?»
«Non potete semplicemente fidarvi di me, Helena?»
Le porse le briglie del suo cavallo e lei le afferrò con impeto. «Ci sono io insieme a voi, non dovete temere nulla.»
«Se mi uccideranno mia zia vi farà marcire in galera» ringhiò in tono tagliente, che tuttavia strappò un sorriso a Rafe.
«Siete troppo melodrammatica» fu il suo commento mentre si inoltravano tra gli alberi.

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