- IN REVISIONE - Cuore selvag...

By AliciaJk19

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Helena Burren non sa nulla del mondo al di fuori del palazzo in cui è sempre vissuta. Così, quando, dopo la m... More

•Prologo•
2. Colta con le mani nel sacco
3. Arroganza e batticuore
4. Desideri contrastanti
5. Il calore delle sue mani
6. Indurire il cuore
7. Troppo vicino
•Novità•
8. Cuori turbati
9. Questo bacio audace
10. Tempesta interiore
11. Incontri insoliti
12. Il profumo di una donna
13. "Non farlo"
14. Astuzia giovanile
15. Attenzioni indesiderate
16. Gelosia
17. Cuore tormentato
AVVISO
18. Dottor Ellington
19. Ragione contro cuore
20. Cattivo presagio
||Dedica||
21. Per salvare una bambina
|| Dedica ||
22. Una ragione per vivere
23. Mia per sempre
|| Nuova cover ||
24. Parole dolorose
25. Pensieri fatali
26. Le parole che ho aspettato così a lungo
27. Verso l'addio più doloroso
28. Benefattore misterioso
• SONDAGGIO •
29. Specchio, custode di segreti
30. Marchiata
31. Il sapore dell'umiliazione
32. Questo amore che odio
*piccola gioia*
33. Verso la brughiera
34. Una voce tra le tenebre
35. Il bacio del peccato
36. Gemelli
37. L'amore che non ti aspetti
38. Cuori che parlano
39. Tuo figlio
40. Dire addio
41. L'unico posto sicuro
42. Ospite inatteso
43. Fuori controllo
44. Così è deciso
45. Una voce tra le fiamme

1. Lo sconosciuto dal volto perfetto

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By AliciaJk19

Illinois, 1874

«Una guardia del corpo?» ripeté Helena Burren, percorrendo con lo sguardo il corridoio pavimentato di marmo nero fino a raggiungere il riquadro di vetro smerigliato della porta, dove si stagliava una sagoma maschile.
«È lui, vero?»
«Per favore, Helena, sii ragionevole. Una giovane donna come te non può attraversare il West da sola, e per di più portandosi dietro una somma di denaro tanto considerevole. È pericoloso.»

«È lui?» insistette Helena, squadrando la sagoma al di là del vetro con aria sospetta.

Bassa, dalle guance paffute e una corona di capelli quasi bianchi, Henrietta Burren annuì, arrossendo solo un po'.

«Sì, Helena. Per pietà, dobbiamo aprire.»
Guardò ansiosamente verso la porta.

Il campanello suonò per la seconda volta, più insistentemente. Fece un ultimo tentativo.

«Vi prego, zia Henrie, lasciatemi andare da sola. So badare a me stessa.»

La zia trattenne a stento una risata, mentre si stringeva le mani con nervosismo.

«Helena» sospirò, scuotendo la testa. «Sei così giovane e hai ancora tanto da imparare. Non sai badare a te stessa, e lo sai, non sei mai uscita da questa casa. Come pretendi di poter attraversare il West da sola?»

Helena incassò il colpo in silenzio, a bocca asciutta. Nei suoi diciannove anni di vita si era sentita ripetere la stessa cosa praticamente ogni giorno, eppure da quando suo padre era venuto a mancare, otto mesi prima, e aveva scoperto di essere stata promessa sposa a un nobile aristocratico di cui aveva sempre ignorato l'esistenza, aveva creduto che la frequenza di non sai badare a te stessa sarebbe diminuita.

Sua zia aveva ragione, però.
Non essendo mai uscita da quelle quattro mura  non aveva mai sperimentato nulla, non era a conoscenza di ciò che l'attendeva fuori, né dei possibili pericoli che il mondo celava.
Deglutendo amaramente si costrinse ad accettare il fatto che, nella peggiore delle ipotesi, si sarebbe tenuta il più possibile lontano dal suo accompagnatore.

«Chi è questo tipo?»
«Il signor Ellington» rispose compita Henrietta. «Una delle scorte migliori che ci sono in circolazione. Mi hanno detto che non si fa neanche pagare troppo, per il lavoro che svolge.»

Helena, al colmo della disperazione, allargò le braccia.
«Non ho granché voglia di incontrarlo.»
Henrietta aggirò la poltrona e le si pose di fronte, con uno sguardo vagamente amorevole.
«Almeno scambiaci qualche parola» propose, prendendole le mani. «Se non ti sembrerà un tipo adatto ad accompagnarti ne troveremo un altro. Ma presto, perché Bayard Mellins ti vuole come moglie entro la fine del mese.»

La fine del mese.
Buon Dio, mancavano solo tre settimane.

Helena abbassò lo sguardo sulla vecchia zia, e si costrinse ad abbozzare un sorriso.
«Va bene, lo incontrerò. Ma non credo di poter sopportare la presenza di uno sconosciuto per più di un'ora.»

Spalancando la porta si trovò di fronte al bavero scuro di un impermeabile maschile.

Dall'alto, una voce bassa e profonda disse: «Basteranno dieci minuti.»

Helena sollevò il capo e rimase a bocca aperta per lo stupore.

Alto, dalla mascella squadrata e due pozzi azzurri al posto degli occhi, quell'uomo era decisamente, e fin troppo, attraente.

Con quegli occhi penetranti, lui la squadrò scrupolosamente dai boccoli ramati all'orlo dell'abito di seta verde salvia.
«Sono Rafe Ellington» si presentò, chinando leggermente la testa. «Lo sconosciuto» aggiunse poi, sarcasticamente.

Helena lo osservò sorpresa. L'abbigliamento e l'espressione dura e scrupolosa corrispondevano in pieno all'immagine di accompagnatore che lei si era fatta, ma il resto no. Il portamento elegante, le spalle larghe e rigide, il viso completamente sbarbato, i folti capelli corvini. Perfino la sua voce, profonda e calda, fu uno shock.

Incapace di riprendersi, Helena indietreggiò di qualche passo.

«Vi prego, signor Ellington, entrate pure» cinguettò allegramente Henrietta, raggiungendoli.

«Questa è mia nipote, Helena Burren.»

Helena tese la mano al nuovo arrivato. «Piacere di conoscervi, signor Ellington. Come state?»

La sua mano, si rese conto lei quando gliela strinse, era incredibilmente calda.

«Signorina Burren» ripeté a bassa voce, facendole correre un brivido lungo la schiena.

Poi Rafe si volse verso Henrietta e si portò la sua mano grassoccia alle labbra. Dunque conosceva perfino le buone maniere, si disse Helena.

«Signora Burren, come state?»
«Meravigliosamente» esclamò gaiamente Henrietta. «Stavo giustappunto parlando di voi a mia nipote. Le dicevo che siete la migliore scorta che potesse capitarle!»

Lui distolse lo sguardo dalla donna per rivolgerlo ad Helena.
«E voi, signorina Burren, siete della stessa opinione di vostra zia?»

Lei raddrizzò le spalle e sfoggiò uno dei suoi migliori e finti sorrisi.

«Ma certo, signor Ellington.»

Henrietta li superò, facendogli strada verso il divano.

«Accomodatevi, prego. Gradite una tazza di caffè?»

«Non vorrei sporcarvi il divano, signora Burren» controbatté Rafe, guardandosi i vestiti. La suola dei suoi stivali era completamente coperta di terra e fili d'erba spezzati.

Helena lo osservò, sogghignando. Prestando particolare attenzione al suo abbigliamento si sarebbe detto che venisse direttamente da una stalla.

«Oh, non pensatelo nemmeno!» gracchiò Henrietta, facendogli cenno di sedersi. «In questa situazione non siamo in grado di avere preferenze riguardo il vestiario dei nostri ospiti.»

Nel sedersi, Helena si sorprese ad osservare la vallata solida dei muscoli delle gambe di Rafe, mentre prendeva posto di fronte a lei.

«Mi piacerebbe conoscere qualche dettaglio in più sulla vostra situazione, signorina Burren.»

Helena si lasciò sfuggire un sospiro.

«In realtà non c'è molto da dire. Prima di morire, mio padre mi ha promessa in sposa ad un nobile che vive nel Nevada e, dal momento che la mia adorata zia non vuole saperne di lasciarmi andare da sola, si è affidata a... voi.»
Si schiarì la gola.
«Ma lo capirei se voi aveste altri impegni, signor Ellington. Potremo trovare di sicuro qualcun altro disposto a... »
«Helena!» esclamò Henrietta, portandosi una mano sul petto. «Vi prego di perdonarla, signor Ellington, è ancora una ragazzina. È naturale che abbiamo scelto voi perché siete il migliore in circolazione.»

Rafe non guardò Henrietta Burren nemmeno per un istante. Tutta la sua attenzione era concentrata su sua nipote. Strinse gli occhi in una chiara manifestazione di scetticismo, non prima di pensare che il termine ragazzina non le si addiceva affatto.
Aveva il corpo di una donna, e se solo si fosse concesso di immaginare cosa i suoi abiti nascondessero...

«Sono stato assunto per scortarvi, signorina Burren, non per divertirmi. I miei impegni possono attendere il mio ritorno.»
Furono parole rapide e concise, pronunciate quasi d'impulso per costringersi a pensare a lei più come una ragazzina che a una donna. Per alcuni istanti sembrò funzionare.

Helena mandò giù un sorso di caffè, osservandolo dal retro della tazza. Si prese del tempo per soppesare il suo aspetto.

Era troppo rigido, troppo distaccato. Come avrebbe fatto a sopportare la compagnia di un tipo tanto detestabile per settimane intere?
Tuttavia, i suoi tentativi di dissuaderlo dall'impresa non sembravano funzionare.

Nel portarsi nuovamente la tazza alle labbra, l'occhiata penetrante di Rafe Ellington la fece trasalire e l'oggetto le scivolò dalle mani, facendo spargere il liquido sopra il tappeto.

Mentre si chinava a raccoglierla, sciorinando una serie di parole che Rafe non era sicuro di voler comprendere, gli offrì un panorama decisamente affascinante.

Una volta che si fu alzata, appoggiò la tazza sul tavolino e  si risedette con grazia sul divano, come se non fosse successo nulla. Rafe pensò che fosse impossibile negare la sua bellezza. Sulle sue labbra, notò alcuni cristalli di zucchero e si immaginò a leccarglieli via con le proprie...

Avvertì l'inizio di una evidente eccitazione, e si costrinse a buttare giù un sorso di caffè bollente. Gli bruciò la lingua, ma perlomeno fu utile a smorzare i suoi ardori. Era la seconda volta che si sorprendeva a fantasticare su quella ragazza; questo, si rimproverò, non andava bene.

«Quando avete intenzione di partire?» volle sapere, schiarendosi la gola.

«Quanto prima» si affrettò a rispondere Henrietta. «Bayard vuole sposarla prima che finisca il mese.»
«Il Nevada non è esattamente a due passi» replicò Rafe, accavallando le gambe. «Perciò propongo di partire domani mattina all'alba.»

Dalla gola di Helena proruppe un suono strozzato.

«Domani mattina?» ripeté a bocca aperta. «Ma signor Ellington... »
«Suvvia, Helena, mi sembra più che ragionevole» la interruppe Henrietta in tono sbrigativo. «E sia. Domani mattina.»

Rafe rivolse a Helena un'occhiata intensa, e lei poté giurare di scorgere l'accenno di un sorriso sulle sue labbra piene. Anche l'arcata di quelle labbra era perfetta, lo maledisse internamente. Se avesse potuto avere scelta si sarebbe affidata a un uomo vecchio, grasso e senza denti per quel viaggio che appariva già così irto.
Invece, sua zia era inamovibile, come suo padre del resto. Lord Mellins attendeva di sposarla entro la fine del mese, e Rafe Ellington sembrava essere la prima scorta disponibile della città. 
Che Dio gliela mandasse buona.

«A domani, signorina Burren.»

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