STORM HEART

By supergiaa

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[IN REVISIONE] UFFICIALMENTE NELLE STORIE DI TENDENZA. Miglior Risultato: 06/05/17➡#1 in Teen Fiction. 13/05... More

Prologo.
Capitolo 1 - Nuovo anno, nuova vita.
Capitolo 2 - Nuove conoscenze.
Capitolo 3 - Prima festa.
Capitolo 4 - Cominciano le lezioni.
Capitolo 5 - Curiosità poco gradite.
Capitolo 6 - Pensieri sbagliati.
Capitolo 7 - Presentimento.
Capitolo 8 - Comportamenti strambi.
Capitolo 9 - Che la guerra abbia inizio.
Capitolo 10 - Uno scherzo andato male.
Capitolo 11 - Un orribile tradimento.
Capitolo 12 - Solo una bugia.
Capitolo 13 - Delusione, pentimento, rivincita.
Capitolo 14 - Che il gioco abbia inizio.
Capitolo 16 - Una sbronza di troppo.
Capitolo 17 - Tutto alla normalità.
Capitolo 18 - Amica mia.
Capitolo 19 - Uno sbaglio perfetto.
Scaliamo la classifica!
Capitolo 20 - Baci rubati.
Capitolo 21 - Insonnia.
Capitolo 22 - Una serata diversa.
Capitolo 23 - Una notte da brivido.
Capitolo 24 - Tornado di emozioni.
Capitolo 25 - Lotta tra ragione e istinto.
Capitolo 26 - Mollare la presa.
Capitolo 27 - Un libro nero.
Capitolo 28 - Contrasti interni.
Capitolo 29 - Impulsiva.
Capitolo 30 - Bastava poco.
Capitolo 31 - Ascolta il tuo cuore.
Capitolo 32 - Cuori incompatibili.
Capitolo 33 - Abisso di mancanze.
Capitolo 34 - Natale con i fiocchi.
TRAGUARDO!
Capitolo 35 - Los Angeles.
Capitolo 36 - Riflesso dell'anima.
Capitolo 37 - Un pezzo di te.
Capitolo 38 - L'amore con te.
Capitolo 39 - Pensieri killer.
Capitolo 40 - Amore improvviso.
Capitolo 41 - Portami via.
•Piccolo avviso•
Capitolo 42 - Una bomba ad orologeria.
Capitolo 43 - Guai in vista.
Capitolo 44 - Esito finale.
Capitolo 45 - Dannata me.
Capitolo 46 - Decisione infelice.
Capitolo 47 - Non comanda il cuore.
Capitolo 48 - Ritorno a casa.
Capitolo 49 - Il suo ricordo ovunque.
Capitolo 50 - Resta con me perché.
Capitolo 51 - Io e te.
Capitolo 52 - Stupida gelosia.
Capitolo 53 - La città del peccato.
#ASKSTORY
Capitolo 54 - Caos.
Capitolo 55 - Un cuore in mille pezzi.
Capitolo 56 - Per sempre noi.
BOOK TRAILER

Capitolo 15 - Una mamma per amica.

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By supergiaa

Era passata una settimana esatta dalla litigata con Kyle e le cose andavano avanti, in modo strano, ma io andavo avanti sempre.

Definire la parola strano, in questo caso, era abbastanza complicato.

Poiché io stessa, azzarderei dicendo, non mi sentivo più io.

Non stavo più in compagnia dei ragazzi per il semplice fatto che sapevo ci sarebbe stato pure lui e non mi andava, perché si creava attorno a noi un'atmosfera poco piacevole.

Le uniche persone che vedevo abitualmente, ogni giorno, erano i miei migliori amici e - ahimè - anche il mio ex ragazzo Will Blade che non faceva altro che darmi il tormento.

Non lo consideravo più di tanto e non mi mancava la sua presenza nella mia vita, era assurda la velocità con la quale una persona che per anni era stata importante poteva diventare quasi nulla.

Eppure era accaduto, il suo carattere non mi era ancora chiaro, proprio per niente, e non riuscivo a capire con chi fossi stata fidanzata per tutto quel tempo.

Non faceva altro che parlare di un noi che oramai non esisteva più e di Kyle: erano gli unici argomenti che toccava.

Ed io, beh, tentavo di evitarlo in tutti i modi possibili.

Pure quando quel fine settimana mi chiese di partecipare ad un'altra delle tante festicciole organizzate nella sua confraternita a cui, però, mi rifiutai categoricamente di andarmene.

Il motivo? Non mi andava, non ero dell'umore giusto.

Ma la spiegazione principale partiva dal fatto che quel sabato sarebbe venuta mia madre a trovarmi e avevo deciso di passare tutta la serata con lei, mi mancava moltissimo.

Dopo aver rifiutato l'offerta di Will scappai in camera mia per prepararmi all'arrivo della mamma che sarebbe dovuta arrivare a momenti.

Dopo essermi concessa una lunghissima doccia rilassante ed essermi vestita in modo molto casual - poiché conoscevo mia madre e non saremmo mai andate a finire dentro ad un ristorante di lusso che, per la cronaca, entrambe odiavamo - la porta della mia camera si spalancò.

Vi entrò una Sharon con un sorrisone dipinto in faccia che mi lasciò a dir poco sorpresa.

Talmente era immersa nel suo mondo che non si accorse, inizialmente, nemmeno della mia presenza.

«Quale buona notizia mi porta, signorina?» scherzai, sedendomi ai piedi del suo letto e accavallando le gambe.

Lei scoppiò a ridere, era una di quelle classiche risate da ragazzine isteriche alla loro prima cotta, non so se rendo l'idea.

Si gettò sul suo letto a peso morto, con la paccia in giù e rischiò di colpirmi con un piede.

«Dio, morirò prima o poi! Non puoi capire quanto mi piace», esclamò con voce acuta.

Arricciai le labbra. «Di chi stai parlando? Potresti illuminarmi? Sai, dato che non mi racconti più niente», finsi d'essere offesa.

Lei si voltò di colpo, quasi colpendomi ancora una volta ed io la guardai male.

«Non è vero che non ti racconto niente! Bugiarda! Solo che... non so neppure cosa dire! È successo oggi, tutto... beh, io ero già infatuata dal primo giorno ma questo lui non lo sa», cominciò a blaterare, gesticolando animatamente.

«Cosa?! Sharon Evans, ti concedo tre secondi per chiarirmi le idee. Sono parecchio confusa», dissi ferma.

Lei alzò gli occhi al cielo. «Paul mi ha chiesto di andare alla festa con lui, questa sera!», urlò poi, coprendosi la faccia con il cuscino.

Io rimasi scioccata per qualche minuto: quando era accaduto tutto ciò?

Quando Paul aveva cominciato ad interessarsi a lei? E perché non ne sapevo niente?

«Non dici niente?» chiese poi la bionda.

Io ritornai alla realtà e scossi la testa.

«No, è solo che... non me l'aspettavo! Insomma... è ovvio che sono contenta per te!», esclamai.

Lei sorrise e arrossì leggermente. «Non voglio illudermi, non saremo soli insomma... ci saranno Trev, i fratelli e colui che non bisogna nominare», continuò.

Scoppiai a ridere riguardo l'ultima parte della frase.

«Guarda che puoi dire il suo nome, a me non importa niente», precisai.

Lei fece schioccare la lingua sul palato.

«Ah-ah, come se non io non abbia notato il tuo cambiamento d'umore da quando non vi parlate più, carina».

Scrollai le spalle. «Già, sono più tranquilla senza lui tra i piedi ad infastidirmi. Effettivamente hai ragione», ribadì.

Lei scoppiò a ridere. «Beh, allora perché non vieni alla festa?» mi domandò.

«Perché questa sera viene a trovarmi mia madre, genio, te l'avevo detto», risposi.

«È solo una scusa, non saresti venuta comunque», precisò.

Mi alzai dal letto e afferrai il cellulare che si trovava sul comodino.

«Forse», dissi, mentre afferrai la mia borsa a tracolla nera e mi avviai verso la porta.

«È certo!», esclamò la mia migliore amica.

Scossi la testa e sorrisi.

Aveva ragione, ma non le avrei mai dato la soddisfazione di sentirselo dire.

«Fai attenzione questa sera e, tesoro, vorrò sapere ogni dettaglio dopo», esclamai per poi chiudermi la porta alle spalle.

Mi avviai verso le scale e, proprio mentre svoltavo l'angolo, finii con lo sbattere la spalla contro qualcuno.

«Scusami», esclamai d'impulso e, quando mi voltai, mi ritrovai davanti i due occhi che tanto avevo cercato di evitare.

Sì, lo evitavo proprio come si cercava di evitare la peste un tempo.

Notai quanto stesse cercando di mascherare un sorrisetto impertinente e assunsi la mia classica espressione infastidita.

«Mi rimangio l'ultima parola», sbottai acida e proseguii per la mia strada.

Solo che, dopo alcuni scalini, sentii la sua voce esclamare: «Bel culo, proprio niente male!»

Le mie guance avvamparono e dentro di me la rabbia cresceva sempre di più, ad ogni passo, perché nonostante il mio impulso mi stesse urlando di tornare indietro e scatenare un putiferio, la parte ragionevole della mia mente mi consigliò che era meglio ignorarlo, che avrei fatto soltanto il suo gioco.

E, per fortuna, diedi ascolto a quest'ultima.

Mi arrivò un messaggio non appena mi ritrovai all'aria aperta a respirare a pieni polmoni, era da parte di mia madre e diceva che stava per arrivare e di incontrarci nel pub dietro l'angolo del campus, da Rob's.

Risposi affermativamente e mi incamminai verso il luogo stabilito.

Dopo circa dieci minuti ero già davanti l'ingresso che osservavo le automobili sfrecciare sull'asfalto, che scatenavano delle ventate di aria gelida che mi colpivano violentemente il viso.

Mi dissi che avrei dovuto girare in moto più spesso, che mi mancava la pace che trovavo stando semplicemente seduta sulla sella, mi mancava sentire l'adrenalina scorrere nelle vene.

Per quello ci volevano le gare clandestine e, per la prima volta, sentii la mancanza della mia città.

Rimedierò subito, mi ripetei.

«Ally», sentii mormorare e quando mi voltai mi ritrovai davanti gli occhi blu di Margaret.

«Ehi... ciao», risposi un po' interdetta.

Mi aveva salutata? Di sua spontanea volontà?

Era strano, tornare a parlare con lei dopo settimane intere.

«Mi dispiace moltissimo, per tutto ed io...» fece per dire ma fu interrotta dalla voce di mia madre che gridò il mio nome.

Mi voltai e mi ritrovai catapultata in uno dei suoi abbracci accoglienti e familiari che ricambiai immediatamente.

«La mia bambina! Quanto sei fatta bella... ma sei più magra! Mangi?» disse frettolosamente, guardandomi dall'alto verso il basso.

Era vittima di una serie di raggi X, in quel momento.

«Mamma, ciao! E sì, sto benone, tranquilla», risposi sorridendo.

Era una madre apprensiva da morire, alle volte anche un po' strana, ma la adoravo.

Si voltò verso Margaret che era rimasta ad osservare la scena alle mie spalle.

«Oh, ciao! Tu devi essere un'amica di Allison... io sono sua madre, Charlotte», si presentò porgendole la mano, che Margaret afferrò un po' timidamente.

«Piacere mio, sono Margaret», rispose educatamente.

«Sei davvero bellissima, complimenti!», si complimentò mia madre.

Margaret arrossì un po'. «Anche lei signora».

Mia madre scosse la testa in segno di negazione. «Tesoro, chiamami Charlotte ti prego, sono una madre giovane», replicò.

Ed era la verità, mi aveva messa al mondo quando ancora era soltanto una ragazzina che non sapeva cosa volesse dal mondo, né da sé stessa.

Era una ragazzina spaventata, che era rimasta da sola con una figlia da accudire.

Ma ce l'aveva fatta, aveva tirato su me e al tempo stesso anche sé stessa.

Era da ammirare, era straordinaria.

Era il mio esempio.

«D'accordo, Charlotte», rispose Margaret.

«Vuoi unirti a noi?» le chiese mia madre, che cercava sempre di essere cordiale con tutti.

«Oh, no. Non si preoccupi, ho già un impegno. Ally, mi piacerebbe parlarti un giorno di questi...» disse prima rivolta a lei, poi a me.

Io annuii e le sorrisi, dopodiché ci salutammo ed andò via.

Ero curiosissima di sapere cosa avesse da dirmi.

Io e mia madre ci accomodammo ad uno dei tanti tavolini che erano liberi, poiché quella sera tutti gli studenti erano impegnati ad ubriacarsi e limonare con sconosciuti ad una delle tante feste.

Poco dopo, venne la stessa cameriera dell'ultima volta a prendere le nostre ordinazioni, per poi lasciarci da sole nuovamente.

«Allora, tesoro, come va il college? Le lezioni? Come ti trovi?» mi chiese incrociando le mani sul tavolino.

«Tutto alla perfezione, i professori sono molto bravi e preparati, le persone gentili. Va tutto alla grande!», dissi con forse troppa convinzione ed enfasi, che non era da me.

Infatti lei si accorse subito che ci fosse qualcosa che non andava e colpì il punto giusto al primo tentativo.

«Con Will?» chiese ed io distolsi lo sguardo da lei, rimanendo in silenzio.

Non le avevo ancora raccontato nulla, perché non mi andava di parlarne tramite telefono e anche perché non si era mai presentata l'occasione giusta.

«C'è qualcosa che non mi hai detto, tesoro?» insistette.

«Ci siamo lasciati», risposi tranquillamente, evitando inutili giri di parole.

Strano ma vero: non mi faceva nessun effetto, l'unica cosa che provavo era la rabbia di essere stata presa in giro per forse troppo tempo.

«Che cosa?! Perché mai?» domandò alzando il timbro di voce.

Le feci cenno di parlare piano e lei si scusò, riproponendo la domanda in un sussurro.

«Mi ha tradita, mamma. Ed io, beh, l'ho mollato», spiegai.

La sua bocca si spalancò formando una O quasi perfetta, i suoi occhi scuri - tanto diversi dai miei - spruzzavano stupore.

Poi, però, la sua espressione si trasformò in rabbia e da essa passò alla preoccupazione per la sua unica figlia.

«Questo cretino! Vuoi che vada a parlarci io? Potrei parlare con i suoi genitori magari... come si è permesso di fare una cosa del genere», cominciò a borbottare.

La cameriera si avvicinò a noi - facendoci zittire improvvisamente - e ci servì i pasti ordinati, la ringranziammo e mia madre le offrì anche una mancia per il servizio al tavolo che effettivamente non era incluso.

La ragazza si allontanò poco dopo averci ringraziato.

Cominciai a mangiare qualche patatina fritta che si trovava sul mio vassoio.

«Comunque sto bene, mamma, bene che tu lo sappia. Non ero innamorata di Will, non lo sono mai stata», dissi tentando di non far sembrare un dramma quello che era accaduto.

Lei addentò il suo panino e mi scrutò in viso, come a voler accertarsi del fatto che stessi dicendo la verità.

«Potrei parlarci lo stesso, però. Anche se ciò che ha fatto non ti ha colpita particolarmente non vuol dire che non meriti una punizione», ripropose la sua idea.

Scoppiai a ridere e lei mi chiese cosa ci trovassi di tanto divertente.

«Sembri proprio la nonna, sai?» osservai.

La sua faccia si piegò in una smorfia. «Oh, lei era molto peggio di me tesoro, te lo assicuro», precisò.

Ed io scoppiai nuovamente a ridere: tale madre, tale figlia.

«Comunque, la zia Mary mi ha chiesto di te, vuole vederti al più presto. Mi ha proposto di andare da lei a Chicago un giorno di questi», disse, cambiando discorso.

Io sorrisi.

Mia zia, ovvero la sorella di mia madre, era una donna fantastica.

Forse non accettava il fatto che stava invecchiando ed era un po' troppo appariscente per i miei gusti, ma era l'unico difetto che aveva.

Le volevo un mondo di bene, nonostante fossimo lontane e non vivessimo nella stessa città il rapporto si era mantenuto nel miglior modo possibile.

«Sì, vorrei vedere anche la nonna... magari quando sarò a posto con le lezioni partiremo», dissi.

Mia nonna era la seconda donna della mia vita: essendo la sua prima nipote - e anche l'unica al momento - ero la sua pupilla, la sua piccolina.

La voglia di vederla era molta, ma la paura di andare a Chicago, nella mia città natale, nel luogo in cui era esistito anche mio padre mi spaventava sempre un po' e mi metteva una malinconia addosso che poi mi rimaneva attaccata sulla pelle.

«Ma certo tesoro, quando sarai pronta», mi rassicurò mia madre.

Sapevo quanto anche per lei fosse difficile tornare lì, forse anche più di quanto lo era per me.

Io non avevo ricordi, potevo solo viaggiare di immaginazione... lei, invece, riviveva tutto.

Era straordinario l'amore che li aveva legati e che li legava ancora.

Era straordinario il modo con il quale mia madre gli era rimasta fedele, era meraviglioso il modo in cui parlava di lui: l'amore della sua vita, lo chiamava.

L'unico e insostituibile.

Era la prova che il vero amore esisteva e credere nelle favole non sembrava poi così sbagliato.

Passammo la serata a ridere, a raccontarci vari aneddoti, a chiacchierare nel modo più semplice e piacevole possibile e in un batter baleno si fece notte fonda e anche il pub doveva chiudere.

Così ci avviammo fuori dal locale, mia madre si offrì di accompagnarmi al campus ed io accettai più che volentieri.

Anche se, comunque, non avrei mai potuto rifiutare la sua offerta: sapevo che altrimenti avrebbe cominciato ad elencare i vari motivi per il quale non avrei dovuto aggirarmi da sola in strada a quell'ora.

Un esempio? Avrei potuto incontrare un serial killer che mi avrebbe rapita e tagliata in tanti piccoli pezzettini, per poi gettarmi in mezzo ad un bosco.

Assurdo, vero? Eppure quella era lei.
L'ansia in persona.

Una volta arrivate davanti al dormitorio fermò l'auto e mi strinse in un altro caloroso abbraccio, uno di quelli che sapevano di casa.

Improvvisamente sentii la suoneria del mio cellulare e lo sfilai dalla tasca del mio giubbino di pelle.

Era Paul, che diamine voleva a quell'ora?

Cliccai sull'icona verde e risposi.

«Pronto?»

Sentivo un chiasso assordante, segno che la festa, nonostante fossero quasi le tre di notte, non fosse ancora terminata.

«Senti, non è che potresti passare alla confraternita? È abbastanza urgente», disse, il tono di voce piuttosto allarmato.

Sentivo il panico assalirmi al pensiero che fosse potuto accadere qualcosa alla mia migliore amica.

Avevo un brutto presentimento.

«Certo! Ma cos'è successo?» cercai di trovare informazioni.

«Ti spiego quando arrivi, per favore sbrigati», urlò per sovrastare il baccano provocato dalla musica e dalle voci di studenti ubriachi, poi riattaccò senza darmi il tempo di ribattere.

Mia madre mi osservava curiosa e un po' preoccupata.

«Tutto okay?» mi chiese.

Annuii. «Sì, ma devo andare... ci vediamo domani a pranzo?» le dissi e lei confermò.

Scesi dalla macchina dopo averla salutata con un rapido bacio sulla guancia, ma prima di partire abbassò il finestrino dell'auto e si raccomandò: «Fa attenzione, Ally. Non cacciarti nei guai come sempre».

Le dissi di stare tranquilla, dopodiché scomparì dietro la curva.

Cominciai ad incamminarmi: destinazione festa.

Cosa era accaduto di tanto urgente da chiamarmi alle tre del mattino?













ANGOLO AUTRICE.
Allora, miei readers,,b ne dite di questo capitolo?
Cosa pensate avrà da dire Margaret alla nostra protagonista?
E cosa sarà successo alla festa?
Lo scopriremo prestissimo.

Lasciate qualche commento, fatemi conoscere le vostre opinioni a riguardo e, se credete che questa storia meriti di essere conosciuta da altri utenti, cliccate sulla stellina! 🌟

•Storie collegate: The time of Stars - Il tempo delle stelle.

Kiss

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