MITOCITY 3 - La Struttura

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-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che r... More

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- CAPITOLO 68 -

- CAPITOLO 52 -

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- 52 -

SOPHY

Sophy perse il senso del tempo e dello spazio. L'ansia che quella mattina non aveva bussato alla porta della sua coscienza tornò a chiedere il conto con un ondata di panico devastante. La stanza iniziò a girare vorticosamente attorno a lei mentre il respiro si faceva difficoltoso e il battito accelerato. Per un istante tutto si fece nero e lei sentì le gambe cedere. Derek la sorresse e insieme andarono a sedersi. Il ragazzo si preoccupava per lei, ma Sophy lesse sul suo viso il medesimo terrore. Si strinsero le mani tremanti mentre Nick continuava a raccontare: «La prima segnalazione è arrivata un'ora fa. Nando si è catapultato sul posto, ma l'uomo aveva già completamente perso ogni ricordo».

«È terribile» disse Sophy in un sussurro sommesso.

«La prima vittima riscontrata è Douglas Skyland» si vide costretto ad aggiungere Nick guardandola dritto negli occhi. «È stata sua moglie Pamela a contattarci. Ci ha raccontato di aver ricevuto un suo strano messaggio dal lavoro e quando lo ha raggiunto in ufficio... Beh, non era più lui...»

«Oddio» esclamò Sophy. Conosceva Douglas da anni, era il padre dei gemelli che lei aveva salvato dall'aggressione di un ladro la stessa notte in cui aveva incontrato Nick per la prima volta.

«Abbiamo pensato si trattasse di un caso isolato ma poi, nel  giro di pochi minuti sono arrivate altre nove segnalazioni» continuò il capo di MitoCity passandosi una mano tra i capelli.

«Perché non ce lo avete comunicato subito?» chiese Derek, rabbioso.

Sophy gli strinse il ginocchio con la mano. "Non è colpa tua" avrebbe voluto dirgli. Ma come poteva fare una dichiarazione del genere se lei stessa era angustiata dal senso di colpa? L'idea che, mentre lei e Derek si stavano rotolando tra le lenzuola, le vite di dieci persone innocenti erano state completamente distrutte e spazzate via in un tragico attimo, le toglieva il fiato. Il sorriso aperto e gentile di Douglas Skyland le apparve davanti agli occhi e una lacrima le rotolò sulla guancia.

«Non abbiamo fatto in tempo ad informarvi perché è successo tutto davvero molto in fretta» si giustificò Nick stringendosi nelle spalle ampie. «Io e Sally stiamo cercando di capire come quelle persone, che lavoravano tutte per la stessa agenzia pubblicitaria, siano state Cancellate. Nando sta tutt'ora facendo la spola tra le abitazioni delle vittime, l'ospedale e il laboratorio di Danielle...»

«Avete provato l'antidoto?» chiese Derek sedendosi più dritto.

«Sì, su Douglas».

«E..?»

«E per ora non ha funzionato» ammise Nick con voce tetra. «Danielle è a pezzi».

Sophy lesse il dolore nei suoi occhi e una parte di lei avrebbe voluto riuscire a trasmettergli la propria solidarietà, a dargli un briciolo di conforto.

«Va' da lei» disse Derek, serio. «Non lasciarla sola in questo momento».

Sophy lo guardò con gli occhi pieni d'amore, la sua empatia la commoveva ogni volta.

«Derek ti ringrazio, ma non so... La situazione qui è drammatica...»

«Se ci sarà bisogno di voi» disse Derek guardando Nick negli occhi, «vi faremo chiamare».

«Grazie».

Il ragazzo annuì dai capelli lunghi annuì con aria solenne e Nick si precipitò fuori dal Limbo, verso Danielle.

«Perché Petra ha attaccato a meno di quarantottore dall'evento?» chiese Sophy cercando di impedirsi di tremare.

«Suppongo che lo abbia fatto per spiazzarci» disse lui portandosi alle labbra le loro mani incrociate, «ma anche per testare il suo siero».

«È quello che penso anche io» si intromise Sally. «Per lei sarebbe stato rischioso pensare di Cancellare tutti insieme senza aver l'assoluta certezza che avrebbe funzionato».

Derek annuì.

«Che cosa facciamo ora?» chiese ancora Sophy.

«Non c'è nulla che possiamo fare» rispose Derek, perentorio. «Se non portare avanti il nostro piano».

«A proposito di questo» cominciò Sally, e Sophy fremette all'idea di altre pessime notizie. «Stavo osservando il codice primario del Limbo e...»

La ragazza si inerpicò in una complicata disquisizione tecnica che alle orecchie di Sophy suonò assolutamente aliena. Sophy ne approfittò per ricordare ancora una volta il viso amichevole di Douglas. Era chiaro che la sua Cancellazione Definitiva, al pari di quella di Danielle, non aveva inficiato la capacità delle altre persone di ricordarsi di lui, come invece accadeva con le normali Cancellazioni che agivano in sinergia con gli Inibitori a quel tempo diffusi su larga scala dai Capi Supremi. Per un attimo Sophy provò ad immedesimarsi in Pamela: scoprire che la persona amata aveva completamente perso se stessa e tutti i ricordi doveva essere straziante. Sophy si era disperata quando aveva scoperto che Nick si era dimenticato di lei, ma la situazione di Pamela doveva essere stata di gran lunga più traumatica. Se una cosa del genere fosse successa a Derek lei...

No, non doveva pensarci, non poteva. Non poteva perderlo. Se gli fosse accaduto qualcosa lei sarebbe definitivamente crollata.

Si voltò ad osservarlo, avrebbe voluto stringersi contro il suo corpo solido e rassicurante, ma lui in quel momento era completamente immerso nel problema che Sally gli stava esponendo e lei non volle disturbarlo. 

«Questo effettivamente potrebbe essere un grande problema» disse Derek passandosi la mano sul viso. Ciò di cui Sally gli stava parlando sembrava preoccuparlo parecchio. «Ce ne dobbiamo occupare subito, prima che la situazione ci sfugga di mano».

«Concordo» annuì Sally, «ma non possiamo dimenticarci che mancano anche le scansioni dello stadio Est. Senza quelle il nostro piano sarà incompleto, ma non penso che oggi Nando possa occuparsene visto ciò che sta accadendo in giro per MitoCity...»

Sophy, che nonostante tutti i drammi non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di non fare abbastanza, si buttò: «Magari potrei occuparmi io di quelle scansioni».

«So quanto possa essere difficile per te rimanere nelle retrovie» iniziò Derek, voltandosi verso di lei. «Ma non penso sia il caso di metterti in pericolo in questo modo, a maggior ragione in questo momento».

«Si può sapere di che pericolo parli?» domandò lei, sbuffando. «Siamo tutti sulla stessa barca! Petra è imprevedibile e se noi non porteremo a termine il nostro piano non avremo nessuna possibilità contro di lei!»

«Sophy io...» Gli occhi verdi di Derek erano tormentati, divisi tra la concreta necessità di agire e quella irrazionale di provare a proteggerla dal male del mondo. «Io non posso perderti».

Lei gli strinse le mani e posò la fronte su quella di lui.

«Non mi perderai» sussurrò con decisione. «Inoltre l'ispezione dello stadio è una mansione semplicissima, soprattutto perché praticamente nessuno a MitoCity si ricorda di me!»

Derek sospirò, le prese il viso tra le mani inchiodò gli occhi ai suoi. «Promettimi che starai attenta».

«Te lo prometto».

Quando Sophy uscì dal vecchio hotel e inforcò una delle biciclette, fece un profondissimo respiro. Poter uscire, sebbene per una missione di primaria importanza per il loro piano, era un enorme sollievo. L'aria fresca che faceva ondeggiare i suoi riccioli e che le accarezzava il viso era un vero e proprio toccasana in quella giornata che era iniziata bene per poi trasformarsi nella concretizzazione di un incubo.

Sophy, mentre pedalava per le vie soleggiate, decise di concedersi una pausa da quei pensieri. Una pausa dall'ansia. Una pausa dalla consapevolezza di quanto la Cancellazione Definitiva fosse devastante. Una pausa da ciò che li aspettava. Una pausa da Petra.

Pedalò con calma fino al parco nel quale, solo pochissimi giorni prima, si era recata con Derek. Lo stadio, grande e maestoso, era deserto e sembrava non aspettare altro che lei vi si intrufolasse per raccogliere informazioni ed immagini. Assicurò la bicicletta ad un apposito sostegno situato in una stretta viuzza secondaria prima di sistemarsi l'abitino floreale e svolazzante che aveva scelto di indossare per l'occasione. Per poter scannerizzare gli interni dello stadio avrebbe dovuto convincere il guardiano a lasciarla passare anche se le visite guidate in quel periodo erano bandite e, sebbene andasse contro ogni suo principio, sapeva che fingersi una frivola ragazzina vestita a festa sarebbe stato l'espediente più semplice ed efficace per riuscire nella sua impresa. Fece scendere un po' di più le maniche corte ed arricciate allargando di qualche altro centimetro l'ampio scollo a barchetta, si rassettò i riccioli ribelli, lisciò la gonna floreale che le arrivava poco sopra il ginocchio ed infine inforcò gli occhiali da sole dotati di telecamera che avrebbe dovuto attivare una volta vicina allo stadio stadio. Fece un lungo respiro e si avviò con passo apparentemente trasognato verso il suo obiettivo.

«Signorina» la chiamò poco dopo un'adulta voce maschile. «Ha bisogno di qualcosa?»

«Oh, a dire il vero sì!» rispose Sophy, con simulato entusiasmo, all'uomo calvo e abbronzato che le si stava avvicinando. «Mi piacerebbe molto dare un'occhiata allo stadio».

«Sono spiacente, ma le visite guidate sono interrotte per via dei preparativi per lo spettacolo di domani sera».

Sophy si costrinse ad ignorare gli occhi dell'uomo che le si posavano addosso mentre continuava la sua messinscena.

«Beh, è proprio questo il punto!» disse sbattendo le ciglia. «Sono davvero eccitata per lo spettacolo di domani! Mi piacerebbe tanto poter dare un'occhiata alla location! Ho in mente di scattarmi un sacco di fotografie e non voglio rischiare di arrivare impreparata e ritrovarmi confinata in una zona dove la luminosità è pessima».

«Sono spiacente» disse l'uomo, ma Sophy udì nella sua voce un primo tentennamento: voleva far felice quella giovane ed innocente fanciulla frivola. Era facile, troppo facile.

«Oh, la prego!» supplicò in un sforzo di volontà degno di una medaglia al valore.

«E va bene» acconsentì infine l'uomo, intenerito dall'espressione da cucciolo che Sophy aveva forzatamente riprodotto. La ragazza represse un sorriso compiaciuto e si limitò a metterne su uno civettuolo. L'uomo ricambiò prima di posarle una mano sulla schiena mentre la accompagnava verso il tornello. Sophy si costrinse a fatica a resistere all'impulso di torcergli quella mano viscida fino a rompergli le ossa.

Molti uomini sembrano non capirlo, ma indossare un vestitino e sbattere le ciglia non significa automaticamente: "Tranquillo, posami pure le tue luride ed indesiderate mani addosso".

«La ringrazio». Con il disprezzo che le bruciava in gola, Sophy sorrise sbattendo ancora le ciglia. Finalmente si sottrasse al suo tocco e  si voltò verso l'ingresso dello stadio. «Ci metterò pochissimo, promesso!»

Una parte di lei temeva che l'uomo avrebbe insistito per accompagnarla dentro, ma fortunatamente il custode, forse per pigrizia o forse temendo di essere beccato ad infrangere il rigido regolamento dello stadio, non sembrò nemmeno valutare quell'ipotesi.

«Bene, quando avrai finito passa a salutarmi al box informazioni» rispose allontanandosi da lei, visibilmente infastidito dall'aver ottenuto a malapena un sorriso da quella bella e frivola fanciulla, ma ancora speranzoso di poterla convincere a ricambiare in qualche modo quel favore. «Ah, ragazzina! Mi raccomando, oggi niente fotografie!»

«Stia tranquillo!» le urlò lei di rimando mentre sfiorava la stanghetta degli occhiali per attivare la videocamera.

Lo stadio somigliava agli altri che Sophy aveva visitato nel Limbo. C'erano il campo verde privo delle porte, il palco montato in corrispondenza di una delle due aree di rigore e decine di migliaia di seggiolini colorati. Sophy lasciò vagare lo sguardo su ogni minimo dettaglio camminando con passo indolente tra le poltroncine d'onore fino ai seggiolini lilla e rossi per poi procedere lungo la linea di bordo campo.

Dopo pochi minuti, sebbene temesse di non aver inquadrato abbastanza, decise di andarsene: l'ultima cosa che voleva era che il custode tornasse da quella parte. Uscì dallo stadio senza disattivare la videocamera nella speranza di concedere a Derek e Sally qualche ulteriore dettaglio del luogo che avrebbero dovuto ricostruire nel Limbo. Camminò a passo spedito verso la viuzza nella quale aveva lasciato la bicicletta mentre il sole veniva coperto da un banco di nuvole scure e minacciose.

Sophy tirò un sospiro di sollievo quando superò il box informazioni senza che il custode, troppo intento a parlare con un giovane uomo vestito di scuro, non la degnò di uno sguardo. Aveva quasi raggiunto la bici quando un tuono annunciò un imminente ed inaspettato temporale. Sophy sbuffò e si affrettò nella speranza di tornare al Covo prima che iniziasse a piovere a dirotto. La stretta via secondaria dove aveva parcheggiato la bici le era sembrata decisamente meno minacciosa prima, quando era bagnata dal sole; ora, al buio di quelle nuvole scure, quel vicolo stretto tra due palazzi non troppo alti ed ingombro di scatoloni ed immondizia, non sembrava per nulla rassicurante. Sophy ricordò a sé stessa che non era più una fanciulla indifesa: aveva imparato a difendersi e non avrebbe avuto paura di farlo. Forse suggestionata da quei pensieri e da quel buio improvviso, Sophy rabbrividì mentre la sensazione di essere osservata si faceva strada dentro di lei. Guardandosi intorno con circospezione, si lego i capelli e si accucciò per aprire il lucchetto che assicurava la ruota della bicicletta ad un sostegno metallico. Un secondo tuono la fece sobbalzare, aveva i nervi a fior di pelle. Sentendosi una sciocca, si rialzò e si affrettò a ripiegare la catena su se stessa prima di riporla nel cestino della bici.

Un rumore alle sue spalle.

Si voltò di scatto ma dietro di lei non c'era nulla. I suoi occhi non colsero alcun movimento se non quello di una tenda bianca che si agitava, sospinta dal vento, fuori da una finestra aperta. Tornò a guardare la bicicletta con il cuore che le era balzato in gola e i sensi all'erta.

Un alito di vento sul collo nudo, come il calore di un respiro.

Pronta ad attaccare per difendersi, Sophy si girò ancora una volta di scatto mentre un lampo illuminava il cielo, il vicolo e...

Un paio di occhi che la fissavano.

Occhi verdi.

Occhi pieni d'odio e di violenza.

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