MITOCITY 3 - La Struttura

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-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che r... More

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- EPILOGO -

- CAPITOLO 32 -

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- 32 -

SOPHY

Durante il mese che seguì quel loro primo incontro clandestino, Sophy e Derek si trovarono nel Limbo ogni giorno, precisi e puntuali come orologi svizzeri. Lei, che trascorreva le sue mattine assistendo Felicity e le sue serate al Covo con i suoi vecchi amici, viveva in funzione di quelle due ore di svago con Derek. Tra di loro, in quei giorni, non era mai successo nulla di più di qualche abbraccio avvolgente e qualche dolce carezza, eppure Sophy si sentiva legata al ragazzo con i capelli lunghi più di quanto si fosse mai sentita legata a chiunque altro. Le loro ore insieme erano sempre diverse e sempre stimolanti. Derek, sebbene fosse turbato dalle continue interferenze del governo nella vita della Struttura, trovava ogni giorno il modo di sorprenderla allestendo location sempre nuove o portandole piccoli regali che lei conservava come preziosissimi tesori. La rosa bianca che le aveva regalato durante uno dei loro più recenti incontri, si stava seccando dentro l'ultima pagina del romanzo d'avventura che le aveva portato la settimana precedente e che lei aveva divorato in poche sere. Ogni mattina Sophy si svegliava con il sorriso sapendo che nel pomeriggio si sarebbero incontrati e ogni sera si addormentava cullata dal ricordo delle risate e delle chiacchiere fatte attorno al tavolo da biliardo o seduti su morbide coperte imbottite. Non mancavano nemmeno le battutine provocanti, il continuo stuzzicarsi e gli sguardi tanto ardenti ed intensi da crepare l'anima. In più di un'occasione, Sophy ne era certa, erano stati ad un passo dal baciarsi eppure, per qualche motivo, non era mai successo. Non che Sophy non lo desiderasse con tutta se stessa; inoltre gli occhi verdi di Derek riflettevano, senza ombra di dubbio, il medesimo desiderio. A Sophy, in genere, la cosa non pesava particolarmente perché era consapevole che il loro rapporto andava oltre la mera fisicità. Quello che c'era tra loro due valeva molto più di qualche bacio appassionato dato nella fretta di ritornare ognuno alla propria vita.

Quella mattina, però, Sophy si svegliò fin troppo nervosa e il pensiero di quei mancati baci non fece che incrementare quel suo turbamento. Si alzò dal letto senza il consueto sorriso e si rifugiò nella doccia augurandosi di far scivolare via insieme all'acqua anche tutto il nervosismo. Non funzionò.

Arrivata a casa di Felicity, la stessa casa in cui era cresciuta, il suo umore non poté che peggiorare. La sua madre adottiva aveva trascorso la notte combattendo con degli atroci dolori in tutto il corpo. I medici le avevano detto che sarebbe potuto accadere, ma fino a quel momento non era mai successo e quindi né Felicity né i suoi cari sapevano cosa aspettarsi. L'infermiera che si occupava di Felicity durante la notte, le aveva infine somministrato un potente antidolorifico che l'aveva fatta addormentare pesantemente. Il preside Pepperdot, che ormai era andato a convivere con Felicity, si offrì di portare con sé i bambini per distrarli un po', Sophy lo ringraziò, poi congedò l'infermiera, che sarebbe tornata a sostituirla dopo qualche ora, e si sedette accanto a sua mamma e le strinse una mano tra le sue.

Sophy trascorse quelle ore a vegliare sul sonno di Felicity raccontandole tutto ciò che, quando era sveglia, non aveva ancora trovato il coraggio di rivelarle. Si sfogò parlando di come erano finite le cose tra lei e Nick e si commosse descrivendo il profondo, ma per lo più platonico, rapporto che aveva con Derek e nell'esprimere ad alta voce quei sentimenti si rese conto di quanto fossero potenti e di quanto, in realtà, ogni cellula del proprio corpo bruciasse di desiderio per Derek.

La donna si svegliò nel primo pomeriggio. Sophy la aiutò a lavarsi e poi si spostò in cucina dove preparò per entrambe una semplice zuppa di patate. Mangiarono in silenzio. Fortunatamente i dolori di Felicity erano diminuiti. Quando Pepperdot rincasò, i bambini accerchiarono la loro mamma che li abbracciò e baciò con infinito amore. Il cuore di Sophy si strinse nell'assistere a quella scena commovente e bellissima. Salutò tutti con un groppo in gola ed uscì da quella casa in cui ormai si sentiva solo un'ospite. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere ancora una bambina, da amare a suon di coccole affettuose e parole dolci, che essere l'adulta carica di mille responsabilità che era diventata all'improvviso scoprendo tutta la verità su se stessa e su MitoCity.

In seguito, poiché piove sempre sul bagnato, mentre si dirigeva verso il Limbo, fu colta da un potentissimo ed improvviso acquazzone. Imprecò contro se stessa per non aver ancora indossato subito l'impermeabile tuta bianca che aveva nello zaino. Entrò nel primo bar affollato che trovò lungo la strada, ordinò un caffè, lo pagò, lo bevve e poi si chiuse in bagnò. Con una smorfia indossò la divisa bianca sopra i suoi vestiti ormai umidi di pioggia, indosso il casco e poi attivò l'invisibilità e, schivando con agilità i molti avventori, sgusciò fuori dal bar e riprese il suo cammino.

Quando raggiunse il consueto corridoio bianco, i vestiti di Sophy erano ancora freddi ed umidi di pioggia. Si liberò della tuta bianca, bagnata anch'essa, e la gettò a terra in un gesto di stizza. Per la prima volta, non era affatto smaniosa di incontrare Derek. Si sentiva un disastro con i vestiti appiccicati al corpo, i piedi bagnati e i capelli spettinati, inoltre il suo umore era ai minimi storici. Avrebbe preferito starsene da sola nella sua stanza: avrebbe fatto una doccia calda e poi si sarebbe rannicchiata sotto le coperte attendendo al buio che quella giornata finisse. Stava seriamente considerando l'idea di rimettersi la divisa e tornare indietro quando sentì dei passi lungo il corridoio, alle sue spalle.

Quel giorno Derek indossava, sopra a dei jeans strategicamente scoloriti e strappati e a delle sneakers bianche, un lungo maglione color ghiaccio che enfatizzava alla perfezione le sue spalle larghe. Come di consueto, avvicinandosi a lei, il ragazzo spalancò le braccia per accoglierla. Sophy vi si rifugiò con meno entusiasmo del solito.

«Ehi, cos'è questo muso lungo?» le chiese sollevandole il mento in un gesto gentile.

«Oggi non è giornata» rispose Sophy, sbuffando. Gli riassunse la sua pessima mattinata, omettendo il fatto che si era svegliata sentendo, prepotente come mai prima di allora, la mancanza di un suo bacio.

«Mi dispiace che sia andata tanto male. Spero che Felicity si rimetta presto» disse lui, poi sostituì la serietà di quelle parole con un sorriso affascinante. «Per quanto riguarda te, invece, ora ci penso io a risollevarti il morale».

«Sarà un'impresa ardua» ribatté lei sgusciando via dal suo abbraccio. Si sentiva a disagio con la felpa umida e spiegazzata e i capelli crespi e disordinati. Usò l'elastico che aveva al polso per legarli in uno chignon alto.

«Stai tremando» notò Derek. «Togliti quei vestiti bagnati e metti questo».

Sophy non fece in tempo a dire nulla. Un istante dopo, il ragazzo si era tolto il morbido e profumato maglione color ghiaccio per rimanere solo con una delle sue canotte attillate. Sophy, dopo aver distolto a fatica lo sguardo dalle sue muscolose braccia nude, lo rivolse verso i suoi occhi.

«Voltati».

Derek le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi impertinenti, la squadrò da capo a piedi mordendosi appena il labbro inferiore e, infine, dopo averle lanciato un ultimo sguardo di brace, obbedì.

Sophy, con il viso ed il corpo in fiamme, iniziò a spogliarsi. Tolse velocemente i jeans impregnati d'acqua e fango sulle caviglie, le scarpe e le calze bagnate ed infine la felpa umida e appiccicosa. Fece per indossare il maglione di Derek, ma ci ripensò: anche il reggiseno era fradicio d'acqua e sudore. Lo tolse in un gesto rapido ed istintivo, poi si affrettò a coprirsi con il morbido tessuto a nido d'ape che profumava di... Derek.

«Fatto» disse mentre appendeva alle maniglie delle porte più vicine i suoi vestiti, nella speranza che si asciugassero in tempo per quando avrebbe dovuto rindossarli.

Derek si girò e Sophy, sebbene il maglione le arrivasse quasi fino alle ginocchia, si sentì improvvisamente troppo esposta sotto lo sguardo verde e lucente che le percorse il corpo soffermandosi in particolar modo all'altezza del seno e delle cosce.

«Wow» sussurrò Derek, la voce roca. «Quel maglione sta decisamente meglio a te che a me».

«Ho i miei dubbi» ribatté Sophy ricordando il modo in cui il tessuto si tendeva sulle sue spalle ampie. Lui si limitò a sorridere e allora lei riempì quel silenzio ringraziandolo: «Con quei vestiti bagnati stavo congelando».

«Non c'è bisogno di ringraziarmi» rispose lui, come riscuotendosi dall'immobilità che la vista delle gambe nude di lei gli aveva procurato. «Vieni, oggi ho preparato qualcosa di speciale».

Lasciò che Derek le posasse un braccio sulle spalle e si fece condurre fino ad una delle tante ed identiche porte bianche. Il pavimento candido era freddo sotto i suoi piedi scalzi.

Derek tirò fuori dalla tasca dei jeans una lucente benda nera e la avvicinò al volto di lei.

«Posso?»

Sophy rimase spiazzata. Non le piaceva l'idea di non poter vedere, ma una parte di lei stava fremendo di curiosità. Quel giorno tra loro l'aria sembrava crepitare di desideri inespressi.

«Sai che puoi fidarti» aggiunse, per incoraggiarla.

Sì, lo sapeva. Sophy allungò le mani per prendere quelle di lui e se le avvicinò al viso.

«Fai pure» acconsentì con una voce tanto bassa da essere quasi irriconoscibile. Il suo corpo tremava, non più per via del freddo, e lei si sentì fremere fin nel profondo di curiosità e qualcosa di molto simile all'eccitazione. La mattinata nera che aveva trascorso sembrava ormai lontanissima mentre le dita agili di Derek annodavano il morbido nastro di seta dietro la sua nuca. Tutto divenne nero ma, il calore del corpo di Derek alle sue spalle le infuse calma, sicurezza e qualcosa di frizzante che Sophy non avrebbe saputo descrivere.

Fecero qualche passo, poi il ragazzo si protese oltre il corpo di lei per fare qualcosa e Sophy sentì lo scatto di una serratura.

«Ancora qualche passo» le sussurrò Derek all'orecchio. Sophy rabbrividì per via di quel tono basso e sabbioso. «Eccoci».

Le tolse la benda e...

«Wow, è fantastico!» sussurrò Sophy guardandosi intorno con occhi pieni di meraviglia.

La stanza, la solita stanza bianca, solitamente troppo luminosa che lei e Derek usavano quotidianamente per giocare a biliardo, a freccette o a carte, quel giorno era illuminata soffusamente. Tutte le pareti e persino il soffitto erano stati ricoperti da impalpabili tende colorate in tonalità pastello. Qui tendaggi attenuavano la luce accecante che caratterizzava il Limbo creando un ambiente intimo e romantico, bagnato da un'inedita luce opalescente. Al centro della stanza erano ammucchiate delle coperte e dei cuscini in tinta con le sottili cortine. Davanti alla parete, c'era un piccolo tavolino alto sul quale troneggiavano due scatole imballate con stoffa color carta da zucchero: una era compatta e sormontata da un fiocco rosa sproporzionatamente grande, l'altra era piuttosto voluminosa ed era chiusa da un semplice nastro giallo tenue.

«Buon compleanno Sophy» disse Derek scoccandole un lungo bacio sulla guancia.

Ebbene sì, quella giornata di nervosismo e contrattempi non era una giornata qualunque, era il suo diciannovesimo compleanno. Dopo che il suo diciottesimo compleanno era passato in sordina per via delle innumerevoli situazioni complicate che lei ed i suoi cari avevano dovuto affrontare, Sophy non si sarebbe mai immaginata che qualcuno si ricordasse ancora di quella ricorrenza. Quella mattina aveva incontrato Nick, Nando, Sally, Danielle, Felicity, Pepperdot e anche i suoi tre piccoli fratellini e nessuno le aveva fatto gli auguri.

Nessuno.

Ma Derek sì.

Lei non ne faceva una colpa ai suoi cari, eppure... Eppure il gesto di Derek le scaldò il cuore almeno quanto le sue labbra morbide le avevano incendiato quel piccolo frammento di guancia che avevano appena baciato. Sentì le lacrime, lacrime di gioia per una volta, riempirle gli occhi.

«Grazie» sussurrò in un singhiozzo sommesso.

Non servivano altre parole. Lui la avvolse in un abbraccio e lei si perse in quel contatto, in quel calore, in quel profumo.

«Pensavi che non me ne sarei ricordato?» chiese lui dopo un po', asciugandole le lacrime con dita gentili.

«Non lo so, nessuno se ne è ricordato» ammise lei. «E lo capisco, insomma...»

«Non esiste una scusa valida per dimenticarsi un compleanno» la interruppe lui, sistemandole dietro l'orecchio un ciuffo ribelle che era sfuggito dallo chignon.

«Il tuo quand'è?» si informò Sophy.

Derek rise sommessamente, poi le rivelò la data. «Puoi stare tranquilla, c'è ancora tempo».

Sophy, ancora appoggiata al corpo solido di lui, tornò a guardarsi intorno. Inevitabilmente lo sguardo le cadde sui due pacchi regalo. «Sono per me quelli?»

«Aspettavo che lo chiedessi» ridacchiò lui posandole un bacio tra i capelli. «Avanti, aprili. Inizia da quello piccolo».

Sophy corse verso i regali con l'entusiasmo di una bambina. Si sentiva amata, speciale, importante. Prese il pacchetto più piccolo e lo soppesò tra le mani prima di togliere il voluminoso fiocco rosa. Sotto la carta regalo c'era una scatoletta lilla. Sophy la aprì. Al suo interno si trovava un sottile anello d'oro rosa al centro del quale erano stati incastonati una fila di brillantini che sfumavano dal rosso acceso al rosa tenue.

«Hai capito che cos'è?» chiese Derek, sorridente.

Sophy prese l'anello tra le dita tremanti e lo voltò notando una piccolissima incisione recante il simbolo che Derek le aveva spiegato non essere altro che il logo dell'azienda che gli aveva fornito tutti i materiali tecnici ed informatici di cui aveva avuto bisogno per avviare il progetto. Lo stesso simbolo, costituito da un triangolo i cui lati terminavano in un cerchio, un quadrato ed una ics, che lei aveva sempre associato al Giocatore e a MitoCity.

«È un bellissimo SmartRing» rispose Sophy con gli occhi che brillavano.

«Non è un normale SmartRing» la corresse lui avvicinandosi a lei. «Ti avevo promesso di trovare il modo di comunicare con te dalla Struttura a MitoCity: eccolo!»

«Sei serio?» gridò Sophy, era euforica.

«Assolutamente» sorrise lui. Poi sollevò la mano per mostrarle un anello analogo, ma dal taglio maschile. «Ne ho uno anch'io».

«Derek questo regalo è...» Sophy non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere quanto fosse felice e grata. Quel regalo significava promesse mantenute, legami indissolubili e voglia di rimanere sempre in contatto. «È perfetto».

Derek la guardò con gli occhi verdi lucenti di dolcezza. Si morse il labbro, come a voler ricacciare indietro le parole che gli danzavano sulla punta della lingua, e le accarezzò il viso.

Sophy mosse la testa verso la sua mano, godendosi quel gesto carico d'affetto.

«Apro l'altro?» chiese dopo avergli sfiorato il palmo con le labbra.

«Sì» rispose lui, come scuotendosi da un qualche misterioso groviglio di pensieri. «Ma sappi che non è tutto per te!»

Sophy aprì il secondo pacco e sorrise scoprendo che conteneva una meravigliosa torta di pan di spagna ricoperta di panna. La parola auguri era stata vergata in una grafia tremolante con del cioccolato fondente.

«L'hai scritto tu?» chiese Sophy affondando l'indice nel bordo di panna.

«Si nota tanto?» ribatté Derek massaggiandosi la nuca, in imbarazzo.

Sophy annuì, ridacchiando, e gli sporcò il naso con la panna. Lui assunse un espressione indignata, poi privò a sua volta la torta di un ricciolo di panna e la spalmò sul viso di Sophy. Scoppiarono a ridere continuando a giocare come bambini.

«Tregua!» gridò Derek ad un tratto, il naso ancora imbrattato di panna. «Devi soffiare sulla candelina prima di distruggere quella povera torta!»

«La candelina? Dov'è?»

Derek frugò tra i tovaglioli colorati sparsi sul tavolino e trovò ciò che cercava: una sottile candela rosa e un accendino trasparente.

Sophy fu tentata di fargli affondare la faccia nella torta mentre era piegato su di essa nel tentativo di accendere la piccola fiammella, ma vederlo così concentrato la intenerì e così desistette. Accesa la candelina, Derek sollevò la torta ormai priva di gran parte della copertura a base di panna e la avvicinò a lei: «Esprimi un desiderio».

Sophy si avvicinò alla torta e chiuse gli occhi. Non ebbe bisogno di scegliere quale desiderio esprimere. Sebbene ne coltivasse moltissimi, dai più seri ai più faceti, quello giusto, quello che serbava nel cuore da più tempo di quanto fosse disposta ad ammettere, le si materializzò davanti come una rivelazione mistica.

Sorrise e soffiò sulla candelina.

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