MITOCITY 3 - La Struttura

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-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che r... More

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- CAPITOLO 68 -
- CAPITOLO 69 -
- EPILOGO -

- CAPITOLO 23 -

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- 23 -

NICK

Nick aspettò di rimanere da solo in ufficio prima di affondare la testa tra le braccia. Era stanco. Stanco come non si era mai sentito in tutta la sua vita.

Da quando MitoCity era nelle sue mani la situazione socio-politica della città era drasticamente migliorata, ma lui non sapeva quanto avrebbe potuto reggere a quel ritmo. Aveva numerosi collaboratori ed assistenti, ma erano troppe le decisioni che gravavano sulle sue spalle ed infiniti i problemi a cui cercare di porre rimedio. L'ultima sciagura era stato il grave incidente di Felicity Frost. La donna, sebbene fosse l'ex moglie del famigerato Marcus Catting, era una risorsa fondamentale per il nuovo governo di MitoCity e la sua – Nick pregava momentanea – assenza stava già creando non poche difficoltà amministrative.

Nick rimase ancora qualche istante con gli occhi premuti contro il muscoloso avambraccio, poi si mise dritto, estrasse il cellulare e scrisse un messaggio a Danielle. In quel momento lei era in laboratorio, per studiare gli effetti collaterali che gli Anti Inibitori sembravano aver prodotto su alcuni dei membri più anziani della comunità. Quella ragazza non si fermava mai. Non era ancora riuscita ad invertire la Cancellazione che si era auto inflitta, ma ormai per lei quella non era più una priorità. Nick le aveva raccontato tutto su di lei e sul loro passato insieme e al momento questo sembrava bastarle. Insieme avevano colmato i vuoti con nuove esperienze e Danielle aveva deciso di non rovinarsi quella nuova vita in cerca del passato che era stata costretta a lasciarsi alle spalle.

Lui e Danielle erano una coppia perfetta. Nick se lo ripeteva ogni mattina quando si svegliava con i lunghi capelli ramati di lei sul viso, ogni sera quando si davano un ultimo dolce bacio della buonanotte e soprattutto quando, nei più oscuri momenti di difficoltà, lei riusciva sempre a trovare il modo di risollevargli l'umore e lo spirito.

Danielle rispose quasi subito al messaggio che le aveva inviato. Lo fece con una delle sue tipiche frasi stuzzicanti che gli fecero subito tornare il sorriso. Quel sorriso, però, durò ben poco sulle labbra di Nick.

«Avanti» disse, con ben poco entusiasmo, quando qualcuno bussò alla porta.

«Perdonami Nick» lo salutò Nando scusandosi ancor prima di aver varcato la soglia. «So che è già stata una giornata dura ma abbiamo un altro problema».

«Quale?» chiese Nick, la voce permeata di stanchezza.

«Ivan».

«Ivan Alvarez?» Non era la prima volta che quel ragazzo si presentava da lui in cerca di... Che cosa? Nick non aveva ancora del tutto chiare le intenzioni di quel tizio.

«Sì» confermò Nando con un sospiro. «È convinto di avere finalmente la prova tangibile che tutto ciò che ti ha raccontato in questi mesi è vero...»

Nando sembrava scettico almeno quanto Nick. Da quando era diventato capo di MitoCity aveva cominciato a ricevere una notevole quantità di lettere anonime. In esse gli veniva raccontato che, dopo il torneo, era avvenuta una sorta di Cancellazione di massa che aveva fatto dimenticare a tutti dell'esistenza di una tale Sophy, figlia di Marcus Catting. Nick non aveva mai dato particolare peso a queste lettere, rispedendole al mittente senza darvi troppo peso. Dopo il suo ennesimo rifiuto però, l'autore delle lettere si era presentato al Covo di persona: si trattava proprio di quello stesso Ivan Alvarez, figlio dell'ex capo supremo Carlos, che ora sosteneva di avere la prova tangibile dell'esistenza di questa fantomatica Sophy.

«Gli credi?»

«Certo che no!» esclamò Nando, fin troppo sicuro. «Quel tizio vuole soltanto riabilitare il proprio cognome e tornare a vivere in società... Sai bene che dopo la morte dei genitori ha abbandonato la città per vivere da solo nei boschi!»

«Già» disse Nick pensieroso mentre giocherellava con una graffetta.

Ivan Alvarez si era sempre dimostrato un egoista pretenzioso, eppure...

Eppure Nick aveva fatto degli strani sogni nell'ultimo periodo. Sogni popolati da una ragazza in tutto e per tutto simile a quella descritta dal giovane Alvarez. Certo, quei sogni potevano essere stati indotti proprio dalle lettere di Ivan, eppure...

Eppure andando ad analizzare con minuziosa attenzione i propri ricordi, Nick riscontrava delle incoerenze, dei passaggi insensati, delle incongruenze, dei vuoti. Non aveva intenzione di lasciarsi trasportare da quelle idee folli, eppure...

Eppure non riusciva a dare un senso ad alcuni passaggi fondamentali della propria vita. Tra le altre cose, non riusciva a spiegarsi perché lui e Danielle, che si amavano da sempre di un amore profondo e sincero, erano stati separati per anni senza ricordare con precisione il motivo per il quale si erano lasciati.

«Nick? Non starai nuovamente pensando che potrebbe esserci del vero in quelle lettere?» Nando lo richiamo all'attenzione.

«No, certo che no» rispose lui scuotendo la testa. «Eppure...»

«Eppure niente! Sai bene che essere un Alvarez non è nemmeno la cosa peggiore della quale quel tizio deve farsi perdonare!» continuò Nando alludendo al fatto che Alvarez, nei suoi scritti, raccontava di essere stato l'unico a non aver perso i ricordi per via di un patto stretto con il Giocatore. Ivan, infatti, confessava di essere stato il braccio destro del Giocatore e sosteneva, inoltre, che quest'ultimo in realtà fosse Derek Normson. Nick, che aveva visto morire quel ragazzo proprio davanti ai suoi occhi, durante la finale del torneo, pensava che questa assurda teoria fosse semplicemente l'ennesima conferma che delle parole di Alvarez non ci si potesse fidare.

«Allora, vuoi farlo entrare o mi concedi di allontanarlo da qui a modo mio?» chiese Nando, sollevando le folte sopracciglia.

«Sentiamo cosa si inventerà oggi» decise Nick con un alzata di spalle. «Ma allerta le guardie, non mi fido di quel tizio».

Nando annuì e si allontanò. Quando fece il suo ritorno nello studio, con lui c'era anche Ivan Alvarez. Era il solito individuo malconcio di sempre, ma Nick notò delle differenze: il suo sguardo era più sicuro e determinato che mai e la sua mano sinistra era protesa verso... Qualcosa.

«Allora, cosa vuoi questa volta?» chiese Nick invitandolo a sedersi con un gesto.

Lui non si mosse. «Come ho già detto al tuo amico, ho la prova che dimostra che ti ho sempre detto la verità».

«Bene, sto aspettando».

Ivan fece un ampio e folle sorriso. «Dato che ciò che ho da mostrarti potrebbe rivelarsi alquanto shockante per te, prima voglio delle garanzie».

«Che genere di garanzie?» ringhiò Nick che si stava innervosendo. «Non pensi che, visti i tuoi precedenti, darti udienza sia stata già una grandissima concessione?»

«Direi proprio di no» disse Ivan prima di attaccare con uno dei suoi monologhi: «Sai, all'inizio l'idea di vivere da eremita, fregandomene di tutti voi mi piaceva, e anche tanto! Ma mi sono stufato. Merito molto più di un ruolo marginale in questa storia».

«Cosa pensi di meritare, quindi?»

«Progetto di tornare a vivere in città» cominciò Ivan, con tono leggero. «Ed eventualmente anche di entrare a far parte del governo di MitoCity. Magari per sostituire la povera Felicity Frost».

«Felicity Frost tornerà al suo ruolo al più presto!» si intromise Nando, la voce severa e lo sguardo deciso.

«Ok, ok!» Ivan alzò la mano destra in segno di resa. «Credo che possiate agilmente trovarmi un altro ruolo. In fondo sono il figlio di un Capo Supremo ed ho collaborato direttamente con il Giocatore: le mie referenze sono buone!»

«No, le tue referenze sono pessime» lo corresse Nick. «Quasi mi diverte l'idea che tu ci stia chiedendo una cosa del genere!»

Era davvero surreale che uno come Ivan avanzasse tali pretese solo sulla base della sua folle teoria cospiratoria.

«Io mi divertirò a vedere il tuo sguardo esterrefatto quando ti mostrerò la prova in mio possesso» ribatté Ivan. «Allora, accetti l'accordo?»

«Se la prova dovesse essere interessante...» cominciò Nick girando attorno alla scrivania. «E non lo sarà, potrei valutare l'idea di farti tornare in città. Magari trovandoti un buon lavoro che ti permetta di pagare l'affitto di una bella casetta di periferia».

«Un lavoro al governo?»

«Ovviamente no!» lo derise Nick, poi tornò serio: «Anche volendo accontentarti, e non è così, non posso farlo. Sono il capo di MitoCity, ma questa resta una democrazia».

«Potresti indire un referendum» propose allora Ivan.

«Potrei, ma non lo farò. Non per te».

«Ci ripenserai, non appena avrai visto la prova» ribatté Ivan, per l'ennesima volta.

Il nervosismo di Nick aumentò esponenzialmente. Era già stato costretto altre volte a contrattare con Ivan, ma mai il ragazzo si era dimostrato tanto sicuro dei propri mezzi. Una parte di Nick, quella che continuava a fissare la mano del suo interlocutore, stranamente protesa verso l'esterno, iniziava a chiedersi se Ivan non avesse davvero portato con sé qualcosa in grado di sconvolgerlo. Era un pensiero spaventoso, ma al contempo quell'idea lo incuriosiva.

«Credo di non poter continuare questa contrattazione prima di vedere con i miei occhi la prova di cui parli» disse Nick mentre la porta dell'ufficio si apriva per far entrare Danielle.

Nick seguì con lo sguardo le sue curve femminili e i suoi capelli fluenti muoversi per la stanza catalizzando l'attenzione di tutti i presenti. La ragazza si avvicinò a Nando, gli chiese in un sussurro che cosa stesse succedendo e, sentita la risposta, si fermò ad una decina di passi da Nick, con la schiena appoggiata alla parete e lo sguardo rivolto verso di lui. Si scambiarono una lunga occhiata che fece sollevare il mento di Nick di qualche grado. Danielle era il suo pilastro, la sua roccia, il suo punto fermo. Sapeva infondergli forza anche con un solo sguardo.

«Bene, la presenza della signorina Moad renderà questo spettacolo ancora più avvincente!» commentò Ivan con un entusiasmo tale da far innervosire, ma anche preoccupare, Nick.

E se quel pazzo avesse portato con sé una bomba e fosse pronto a farsi esplodere pur di portare con sé quanta più gente possibile? Nick cercò di non far trapelare l'ansia che gli stava montando nel petto. Perché diavolo non aveva pensato prima a quella eventualità? Le guardie all'ingresso del Covo avevano perquisito quel pazzo? Si augurò di sì mentre una vocina impertinente nella sua testa gli suggeriva che allora almeno una delle guardie era ormai a conoscenza della famosa prova che a lui ancora non era stata mostrata. In quel caso Nick avrebbe dovuto valutare concretamente l'idea di licenziare qualcuno...

«Mostrami la prova» disse mettendo a tacere quei dubbi. Il suo tono era freddo, tagliente.

«Come desideri». Ivan fece un largo sorriso, poi si voltò alla sua sinistra, sollevò la mano e...

«Sicurezza!» gridò Nick vedendo apparire, al fianco di Nando, una Guardia Bianca. Il ragazzo ricordava fin troppo bene quella tuta e chi la indossava. Le Guardie Bianche appartenevano al Giocatore. Erano state loro a prelevare da MitoCity Nick e gli altri uomini per poi portarli a quel maledetto torneo mortale. E ora Alvarez ne aveva portata una direttamente nel suo ufficio! Come aveva potuto farsi ingannare tanto facilmente?

«Calmo cowboy!» lo derise Nando sollevando una mano come se si trovasse di fronte ad un cavallo imbizzarrito. «Ha le mani legate, vedi?»

Ivan fece girare la figura in bianco per mostrare a Nick il nastro adesivo che le fasciava i polsi. Nando tirò un rumoroso sospiro di sollievo mentre Ivan armeggiava con il casco della Guardia.

«Allora Nick, sei pronto a guardare in faccia la realtà?»

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