MITOCITY 3 - La Struttura

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-- sequel di "MitoCity - il Segreto" e di "MitoCity - Il Giocatore" -- "Lei non era mai stata la fiamma che r... More

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- CAPITOLO 12 -

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- 12 -

DEREK

Sophy aveva optato per un'ambientazione intima ma molto luminosa. Fuori era notte, ma le pareti di quella stanza non ne tenevano conto e in quel momento, rannicchiati tra le coperte ed i cuscini che avevano addossato ad una parete, Derek e Sophy si trovavano all'interno di baita realizzata in pregiato legno scuro e dotata di un'enorme vetrata che dava su una vista lacustre mozzafiato che Derek sapeva essere tipica delle Dolomiti italiane. Il ragazzo forse avrebbe preferito un paesaggio aperto e sconfinato, ma era importante che Sophy si sentisse a suo agio perché tutto ciò che lui aveva da raccontarle sarebbe stato difficile da metabolizzare e farlo in un luogo in cui lei si sentisse serena e al sicuro poteva essere d'aiuto.

Si voltò verso di lei e si concentrò sui suoi grandi e dolcissimi occhi azzurri. «Sei pronta?»

Lei non parlò, si limitò ad annuire.

«Ti chiedo solo una cosa: non interrompermi» disse Derek, torcendosi le mani, in difficoltà. «Ciò che ho da raccontarti è complesso e piuttosto delicato. Ed io ho bisogno di farti un quadro il più completo ed esaustivo possibile. Ti giuro che, quando avrò finito di raccontare, risponderò a qualsiasi tua domanda. Puoi promettermelo?»

Sophy annuì ancora. Derek sorrise, in imbarazzo come raramente gli capitava, e poi iniziò a raccontare la sua storia. La storia di MitoCity.

«Iniziò tutto poche settimane dopo la mia laurea. La mia tesi sulla possibilità di creare ed abitare una realtà alternativa aveva riscosso un successo davvero notevole all'interno dell'ateneo. Si trattava di un argomento molto controverso. Durante la mia discussione c'erano state domande interessanti, commenti pungenti, applausi fragorosi e anche parecchie risate di scherno. Ovviamente aver suscitato l'attenzione di luminari della fisica e della filosofia era stata per me una grandissima soddisfazione, ma mai mi sarei aspettato di ricevere, a pochi giorni dalla mia proclamazione, una telefonata direttamente dal governo.

«Devi sapere che la situazione mondiale non era (e non è tutt'ora) delle migliori per via di riscaldamento globale, inquinamento, carestie, epidemie, sovrappopolazione, minacce di conflitti batteriologici e nucleari... Sia chiaro, la mia tesi non aveva nulla a che vedere con tutto ciò, ma i servizi segreti governativi lessero nel mio progetto una possibilità di svolta alternativa ai tanti e fallimentari tentativi di colonizzare altri pianeti.

«Ecco perché mi contattarono: per propormi di comprare la mia idea, il mio brevetto ed i miei servigi. Non mi spiegarono subito i dettagli, dissero solo che avrei contribuito a salvare il futuro del genere umano ed io, che ero molto giovane e decisamente ambizioso, accettai. Non mi feci troppe domande, ero solo smanioso di dimostrare il mio valore». Derek scosse la testa recriminandosi in silenzio per quella sua cieca ingenuità.

«Scoprii solo in seguito che volevano che creassi, in gran segreto, una sorta di luogo alternativo che fosse in tutto e per tutto identico al nostro mondo allo scopo di trasferirvi una discreta fetta di popolazione» disse tutto d'un fiato. Sophy aveva gli occhi sbarrati dalla curiosità. Se le sue parole la stavano turbando, lei non lo diede a vedere.

«Mi misero a capo di una squadra di specialisti estremamente qualificati in ogni ambito scientifico, umanistico e sociale. Tra loro c'era anche Clotilde De La Rue, tua nonna».

A quel punto sul volto di Sophy si dipinsero sorpresa e sconcerto. Derek le prese una mano e gliela strinse con dolcezza, lei glielo lasciò fare. Gli aveva promesso di non interromperlo e, anche se aveva milioni di domande posate sulle morbide labbra leggermente dischiuse, mantenne la parola data. Così Derek si fece coraggio con un lungo respiro e poi continuò:

«Io e Clotilde eravamo i più giovani del gruppo, i più idealisti, i più sognatori ma anche i più illusi ed ingenui. Eravamo entrambi convinti di fare del bene e questo ci impedì di vedere la realtà dei fatti, per lo meno all'inizio.

«Anche grazie al nostro cieco entusiasmo, lavorammo in armonia con l'intera squadra di scienziati e tecnici. Concludemmo il progetto più velocemente di quanto sperato dando finalmente vita al progetto MitoCity. Io e Clotilde andavamo estremamente fieri della nostra creazione: MitoCity era un mondo verdeggiante e perfetto che si arrogava il diritto di sfoggiare tutti i migliori paesaggi terrestri in un unico luogo nuovo ed incontaminato che noi avremmo salvaguardato nel tempo». Derek ricordava ancora lo sguardo fiero di Clotilde mentre osservavano la loro città. Quel giorno Derek era stato molto vicino ad inginocchiarsi di fronte a Clotilde per chiederle di sposarlo.

«Insomma, nel giro di poco meno di un anno i primi cinquemila volontari furono spediti nella nuova realtà» continuò abbandonando quei dolci ma dolorosi ricordi. «A quel punto, qualcosa cambiò: arrivò ad affiancarci una seconda squadra di specialisti, senza che noi venissimo avvisati e senza che ce ne fosse la necessità. Io e Clotilde, diversamente dagli altri colleghi, trovammo piuttosto insensata quella mossa: il nostro era un gruppo produttivo e ben collaudato; i nuovi membri, al contrario, si dimostrarono subito freddi e distaccati. Sembravano saperne ben poco del progetto e si limitavano a studiare i volontari con lo stesso cinismo con cui talvolta si studiano le cavie da laboratorio. Io e Clotilde, diventammo sempre più sospettosi e cominciammo ad indagare. Fu tua nonna a rendersi conto per prima di cosa stava realmente accadendo: i volontari del nostro esperimento erano maltrattati e sfruttati, pressoché schiavizzati. MitoCity, che per noi aveva sempre rappresentato la possibilità per l'umanità di espandersi in modo pacifico e costruttivo, era diventata tutt'altro: una colonia da sfruttare con crudeltà ad uso e beneficio dei potenti della Terra.

«Venimmo a sapere che il governo progettava di combattere la crisi mondiale e la piaga della sovrappopolazione confinando e schiavizzando una sostanziosa fetta di popolazione mondiale all'interno di MitoCity». Derek si passò una mano tra i capelli. Ripensare alla rabbia e al senso di colpa che aveva provato in quei giorni gli faceva ancora male. Si sentiva il principale responsabile di una nuova era di sfruttamento coloniale.

«Come puoi immaginare» continuò «io e Clotilde, nella nostra purezza e ingenuità, rimanemmo estremamente sconvolti ed indignati da quella rivelazione. Non potevamo permettere che il nostro progetto, portato avanti con ottimismo e speranza, si tramutasse in qualcosa di tanto oscuro e crudele. Io, in qualità di capo del progetto scientifico, provai a far valere le nostre ragioni e quelle dei volontari (attuali e futuri). Il risultato fu che, sebbene senza di me nulla sarebbe stato possibile, il governo mi estromise dal progetto senza remore.

«Clotilde, sebbene avesse combattuto al mio fianco per tutto il tempo, non fu licenziata. Il governo probabilmente aveva sottovalutato quello che c'era tra di noi, soprattutto i nostri comuni ideali di libertà e speranza per il futuro. Tua nonna rimase all'interno del progetto e mantenne i contatti con me per tutto il tempo. Sapevamo di dover salvare quelle persone e alla fine decidemmo di fare qualcosa di estremo. Pianificammo di trasferire tutti i sistemi di MitoCity su un hard disk esterno per poi sigillare e distruggere il Portale d'accesso sotto il naso del governo. In questo modo saremmo fuggiti con MitoCity in tasca e avremmo potuto trovare, gradualmente e in sicurezza, un modo di ripristinare il Portale al fine di liberare tutti i suoi abitanti.

«Eravamo riusciti a trasferire completamente i server quando qualcosa andò storto: ci avevano scoperti. Circondarono l'edificio mandando a monte tutti i nostri piani di fuga. Andammo nel panico più totale: questa volta non ce la saremmo cavata con un licenziamento. Per noi sarebbe stata la fine. Volevamo a tutti i costi liberare i volontari, ma io avevo una necessità più impellente: proteggere Clotilde. La amavo tanto profondamente da prendere una decisione estrema ed affrettata della quale, però, tutt'ora non riesco a pentirmi. La baciai per l'ultima volta e poi la spinsi nel Portale, verso MitoCity. Ho ancora nelle orecchie le sue urla, negli occhi la sua espressione sconvolta, spaventata e...delusa». Derek si asciugò rabbiosamente le lacrime che non era riuscito a trattenere. In quel momento non riuscì a guardare Sophy, aveva troppa paura di leggere sul suo viso, tanto simile a quello di Clotilde, le medesime emozioni.

«Quando la vidi apparire, terrorizzata ed iraconda, nelle immagini di sorveglianza di MitoCity temetti che non mi avrebbe mai più perdonato per quel gesto. Avevo intenzione di tirarla fuori di lì subito! Giusto il tempo di fuggire, di mettere tutti in salvo! Mi costrinsi a smettere di pensare, presi l'hard disk, disabilitai tutti i sistemi, sigillai frettolosamente il Portale e diedi fuoco all'edificio. Sapevo che i miei capi non avrebbero mai rischiato di perdere tutta la loro preziosa attrezzatura e contavo che per salvare quei materiali avrebbero ignorato me e la mia fuga. Avevo ragione.

«Non so nemmeno io come accadde, ma alla fine riuscii a far perdere le mie tracce. Sapevo che mi avrebbero cercato per sempre, ma sapevo anche che se il nostro progetto era protetto da molti livelli di segretezza allora lo era anche la mia fuga. Mi ritrovai a vagare, solo e disperato, negli angoli più remoti del mondo con un bagaglio carico di tecnologia governativa e nel cuore un solo desiderio: tirare Clotilde fuori da MitoCity e trovare con lei una soluzione a tutti i nostri problemi. Dopo circa cinque mesi mi imbattei per caso nella dottoressa Hardy e in sua figlia Meg. Fuggivano a loro volta da un passato tumultuoso. La Struttura era il loro nascondiglio già da diverso tempo e, dopo un'iniziale reciproca sfiducia, mi hanno accolto come un figlio ed un fratello. A loro devo tutto. La mia storia le colpì, così decisero di aiutarmi a formare una nuova equipe di geniali ed efficienti collaboratori. Purtroppo, però ristabilire la connessione con MitoCity e riaprire il Portale, non fu facile come speravo. Riscontrammo subito molte difficoltà e, mio malgrado, trascorsero altri interminabili mesi. Con mio grande sconcerto scoprii che il problema era che nel frattempo qualcun altro aveva fatto accesso al sistema. Quando ero fuggito portando con me l'hard disk ero convinto di aver disabilitato in modo definitivo sia il Portale fisico che l'accesso informatico a MitoCity, ma mi sbagliavo.

«Mi resi conto che avevo chiuso Clotilde a MitoCity convinto che lì sarebbe stata al sicuro e invece l'avevo messa tra le mani crudeli dei nostri nemici! Ero spaventato e determinato ad intervenire subito. Anche se l'informatica non era mai stata la mia specialità, combattei con tutte le mie forze per riappropriarmi dell'accesso, estromettendo il misterioso invasore. Fu una battaglia senza esclusione di colpi, ma non mi arresi. Quando finalmente la connessione fu riabilitata, rimasi nuovamente sconvolto». Derek strinse le palpebre cercando invano di arginare il ricordo di quel drammatico momento.

«Gli invasori erano stati completamente estromessi» ribadì. «Ma i dati dell'intero sistema erano tutti sballati. Il numero di abitanti di MitoCity era del tutto incoerente ed anche la struttura stessa della città era drasticamente cambiata. Sembrava essersi...evoluta. Era passato poco meno di un anno da quando avevo sigillato il Portale, ma in MitoCity tutto era dannatamente diverso! Non capivo cosa fosse successo e avevo paura di formulare le mie ipotesi ad alta voce. Cercai di non farmi prendere dal panico e diedi priorità a ciò che più importava per me: Clotilde. Molti file risultavano danneggiati, altri erano stati palesemente manomessi. Quindi non potei fare affidamento su nessun precedente censimento per trovarla, né sui sistemi di localizzazione primari. Era strano, ma mi limitai a portare avanti le mie ricerche. Dovetti monitorare tutte le telecamere di sorveglianza presenti a MitoCity per trovarla. Viveva a casa di un uomo molto potente, Marcus Catting, e sembrava più giovane di quanto ricordassi...»

«Oddio» sussurrò Sophy portandosi le mani tremanti alla bocca. «Non era lei, ero io!»

«Sì, Sophy, eri tu» le rispose Derek con un sorriso triste e malinconico impresso sul bel viso. «Ad un primissimo impatto la vostra grande somiglianza mi ingannò. Ovviamente mi bastarono pochi istanti ed un'osservazione più lucida e attenta per capire che mi stavo sbagliando. Tu e lei vi somigliate nell'aspetto, ma io non avrei mai potuto confondere la mia Clotilde con nessun altro. Ero confuso e preoccupato e ammetto che, anche se una parte di me già lo aveva capito sin da subito, ci misi un bel po' ad accettare la realtà dei fatti: tu non eri Clotilde, bensì una sua discendente. Indagando un po' scoprii che lei era tua nonna. Era difficile da digerire, ma la verità era che per me era trascorso a malapena un anno, ma Clotilde – così come tutto e tutti nella nostra MitoCity – in quel tempo era invecchiata di ben cinquant'anni». Derek tacque per qualche secondo mentre l'ombra del senso di impotenza provato in quei momenti tornava a galla, devastante. «Clotilde non era più la giovane piena di vita che avevo amato. Era ancora bellissima ed elegante, ma sul suo viso segnato dal tempo si leggevano tristezza e dolore».

Derek deglutì a vuoto e si costrinse a non guardare Sophy negli occhi. Si limitò ad osservarle le mani che tramavano. Avrebbe voluto stringergliele, ma non ne ebbe il coraggio.

«Ero devastato. Mi isolai per più di una settimana in questa stanza» continuò a raccontare. «Non volevo vedere più niente, sentire più niente, saperne più niente. Meg e sua madre, non sapendo come alleviare la mia sofferenza, decisero di lavorare al mio posto affidando ai nostri collaboratori il compito di analizzare la situazione di MitoCity da un punto di vista tecnico scientifico. Si scoprì che gli invasori avevano deciso di abbandonare l'idea dello sfruttamento coloniale in favore di un nuovo esperimento. Si trattava di uno studio sociologico atto a valutare il comportamento e l'andamento di una popolazione circoscritta e controllata. Lo scopo era quello di trovare la ricetta della società ideale, priva di ribellioni, crisi e conflitti. Avevano innestato un nutrito gruppo di nuovi candidati e poi, per valutare più comodamente i risultati a lungo termine delle loro ricerche, avevano deciso di accelerare drasticamente lo scorrere del tempo all'interno di MitoCity. Ma avevano fatto anche qualcos'altro: avevano cancellato la memoria di tutti i primi volontari. E della mia Clotilde» si interruppe per asciugarsi un lacrima, poi riprese il suo difficile racconto. «Per portare avanti il loro esperimento sociologico avevano fondato un regime oligarchico, inoltre avevano ben presto iniziato ad intervenire chimicamente sulle menti di ogni abitante di MitoCity mediante gli Inibitori del libero arbitrio».

Sophy sussultò sentendo quelle parole. Derek finse di non notarlo e continuò a parlare: se si fosse interrotto in quel momento il dolore lo avrebbe travolto e non sarebbe più riuscito a riprendere le fila di quel drammatico racconto.

«Quando Meg venne a raccontarmi tutto ciò che avevano scoperto, decisi che non potevo restarmene in un angolo a piangere. Dovevo reagire, dovevo salvarvi. Quello in qui il governo aveva trasformato la mia MitoCity era un mondo dispotico, crudele e dittatoriale ed io non potevo permetterlo. Sentivo di aver perso per sempre la mia Clotilde, ma lei – così come tutti quanti voi – non meritava certo di vivere una vita come quella. Sarei intervenuto, ma decisi che prima mi sarei concesso del tempo per immergermi completamente nella storia di Clotilde. Avevo bisogno di fare pace con il fatto che ero stato io a condannarla a quel destino. Lei aveva vissuto un'intera vita senza di me ed io volevo capire cosa le fosse accaduto in quei cinquant'anni. Sapere che la sua era stata una bella vita avrebbe alleggerito almeno in parte il peso che mi gravava sull'anima».

Alzò finalmente gli occhi su Sophy ma i loro sguardi non si incontrarono, lei stava guardando fuori dall'immaginaria finestra affacciata sulle Dolomiti. Il suo viso, dai lineamenti tirati, lasciava presagire il tumulto che la agitava. Derek non poté fare altro che continuare il suo racconto.

«I ricordi di Clotilde erano stati cancellati, così come quelli di tutti gli altri, poco dopo il suo arrivo a MitoCity. Qualche mese dopo la Cancellazione, Clotilde si innamorò di un brav'uomo che era stato uno dei primi volontari del nostro progetto» continuò a raccontare Derek. «Arold Stonestrow era un uomo semplice, buono ed affidabile. Dopo tre anni di fidanzamento, Stonestrow e Clotilde si sposarono con una cerimonia sobria e romantica. Due anni dopo ebbero una figlia: Elena. Purtroppo, quando tua madre era solo una bambina, Stonestrow morì in un tragico e misterioso incidente sul lavoro. Da quel momento, probabilmente per via del dolore causato dalla perdita del marito o forse perché non credeva alla storia dell'incidente, Clotilde cominciò a stare male. Iniziò ad avere dei frequenti flashback della sua vita precedente, ricordi confusi dei mesi passati a lavorare fianco a fianco con me. Clotilde, infatti, si ricordava di me come dell'uomo che aveva creato MitoCity ma anche come quello che poi, senza motivo, ce l'aveva spinta dentro contro la sua volontà. Eppure non ricordava nulla del nostro legame, né dei nostri nemici o del pericolo che stavamo correndo per liberare i volontari.

«Elena crebbe ascoltando le sue storie confuse e, poiché aveva la stessa mente brillante di sua madre, si accorse che a MitoCity c'era qualcosa che non andava. In Elena si fece strada il forte sospetto, avvalorato dalla scoperta degli Inibitori e del siero di Cancellazione, che quelle di sua madre non erano solo vane farneticazioni e che forse MitoCity era davvero, in qualche modo, controllata dall'esterno. Come fosse un videogioco. Associare l'uomo dei ricordi di Clotilde con la figura del crudele ed onnipotente "Giocatore" fu l'inevitabile passo successivo». Un sorriso amaro si dipinse sul volto di Derek. «Ma non c'era nulla di vero, nulla! Io non ho avuto alcuna influenza su MitoCity per più di cinquant'anni! Il sistema pressoché dittatoriale, gli Inibitori, le Cancellazioni non erano certo opera mia!»

Derek cercò nuovamente lo sguardo di Sophy. Quella ragazza era così simile a Clotilde, eppure così diversa... I loro occhi non si differenziavano solo per la forma ed il colore, ma anche per ciò che li animava. Clotilde era sempre stata una donna forte e fin troppo sicura di sé al punto da apparire spesso algida. Al contrario, Sophy emanava un calore capace di scaldargli il cuore. In quel momento, ad esempio, il suo sguardo era carico di sorpresa e dolore, ma anche di tantissima empatia. Davvero Sophy riusciva a comprenderlo senza giudicare? A credere alla sua versione dei fatti? A fidarsi di lui nonostante, in fondo, fosse tutta colpa sua?

La pausa di Derek fu lunga ma Sophy non parlò, così il ragazzo continuò a raccontare.

«Come sai tua madre votò la sua intera vita alla ricerca della verità su MitoCity. Clotilde la scoraggiò più volte nel tentativo di proteggerla, ma Elena era testarda. Insistette nelle proprie ricerche e ciò la portò a farsi moltissimi nemici». Scosse la testa, dispiaciuto. «E, beh... Il resto della storia lo conosci anche tu».

Derek, sfinito dall'aver finalmente confessato tutta la sua dolorosa verità, si accasciò tra i cuscini, pronto a rispondere alle domande di Sophy. La ragazza, però, sembrava stanca e provata almeno quanto lui. Derek cercò il suo sguardo e, quando finalmente lei tornò a posare i suoi dolci occhi chiari in quelli di lui, Derek non vi lesse giudizio o rabbia ma solo tristezza, paura e tanta confusione.

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