Capitolo 27

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Venni svegliata dai suoi baci sul collo come ormai capitava ogni singolo giorno, ci misi un po' per realizzare dove e in che periodo dell'anno mi trovassi.
Era la nostra penultima giornata in Argentina, come tutte le mattine da quando eravamo lì Paulo aveva impostato la sveglia all'alba per andare a correre e, come aveva sempre fatto, mi stava chiedendo se volessi andare con lui, inutile dire che non avevo mai accettato.
Quale pazzo si metterebbe a fare attività fisica a quell'ora? Soltanto lui.
"Quindi che fai questa mattina?" domandò carezzandomi dolcemente.
Mi sentivo tremendamente in colpa a farlo andare in giro da solo mentre io restavo a letto, ero una pigrona tremenda.
Beh dai.. infondo mi sarei finalmente sgranchita un po' le gambe..
"Va bene, vengo con te" sorrisi e il suo volto s'illuminò.
Se il risultato era quello mi sarei impegnata per andare con lui sempre.
"Bene, sei già pronta, vamos" mi tolse le coperte di dosso.
Indossavo i suoi abiti sportivi, è vero, ma non potevo uscire così.
"Paulo, amore mio, sono una donna, non mi basta alzarmi dal letto, infilare le scarpe e via. Devo prima mettere un reggiseno altrimenti qui la situazione degenera, e legare i capelli. Sai, mi piacerebbe anche fare la pipì magari" indicai i punti che avevo nominato ricevendo uno sguardo dubbioso da parte sua.
Aprì l'armadio e con forza mi lancio un reggiseno sportivo in faccia, ahi.
"Oh andiamo! Non sei davvero così severo come coach" spalancai le braccia a metà tra sbalordita e infastidita.
Direi più la seconda.
Alzò un sopracciglio come a dire che volendo poteva fare anche peggio perciò decisi di arrendermi.
Mai mettersi contro Mr. so' figo, so' bello, so' fotomodello pure se mi svegliano di soprassalto alle 2 di notte.
Mi sistemai il più in fretta possibile e scesi giù dove il mio allenatore mi aspettava ansioso.
"Siamo in ritardo" proferì a tratti scazzato balzando fuori dalla porta.
"Mi scusi signor Dybala" gli sorrisi fintamente ma non riuscii a vedere la sua reazione poiché scattò veloce come una lepre.
"Ehi aspettami" urlai cercando di seguirlo ma con scarsi risultati.
Misi il turbo e iniziai a correre il più veloce possibile, ci misi circa dieci minuti a raggiungerlo.
"Sei proprio deficiente, non si abbandona la propria donna così" lo rimproverai con il fiatone continuando comunque a tenere il suo ritmo.
"Hai bruciato più calorie in questo modo, non ne sei felice?" era così tranquillo che non sembrava nemmeno si stesse muovendo.
"L'unica cosa che vorrei fare adesso è spaccarti la testa con una pietra perciò no, non ne sono per niente felice" alzai gli occhi al cielo.
Dovetti stare attenta a non inciampare sui miei stessi passi, dopo circa un'ora arrivammo ad un parchetto con un lago e lo implorai di sederci un secondo.
"Ci saremmo comunque fermati anche se non me lo avessi chiesto, mi piace farti lamentare" mi tirò la coda scherzosamente e se non lo avessi amato così tanto probabilmente lo avrei ammazzato.
"Ti odio, lo sai?" incrociai le braccia al petto.
"Non è vero, tu mi ami" copiò il mio gesto.
"Basta, io me ne vado" mi voltai di spalle iniziando a camminare.
"Vieni qui" mi afferrò nuovamente per la coda tirandomi indietro.
Stava rischiando grosso.
"Okay Paulo, devi smetterla di tirarmi i capelli, mi da un enorme fastidio" alzai il tono della voce tanto che alcune persone non troppo lontane da noi ci sentirono.
Grazie a Dio che non parlavano la stessa lingua e soprattutto non la comprendevano altrimenti mi avrebbero presa per psicopatica.
"Quando lo faccio a letto non mi sembra che t'infastidisca così tanto" piegò la testa lateralmente.
Stupido insolente.
Mi fece ridere e lo spintonai mentre la mia faccia diventava rossa almeno quanto la sua t-shirt, se non di più.
"Sai, questo posto è davvero importante per me" esordì dopo qualche minuto.
"Come mai?" domandai pronta ad ascoltare il suo racconto.
"A prescindere dal fatto che è il luogo dove ho dato il mio primo bacio" ridacchiò e io feci lo stesso.
"Ogni volta che mio padre si sentiva male io scappavo e venivo qui" ammise sospirando.
"Venivo qui per piangere perché se lo avessi fatto a casa avrebbero dovuto pensare a me che ero il più piccolo e non si sarebbero concentrati su di lui. Venni a piangere anche il giorno del suo funerale, dopo che tutti erano andati via e la casa sembrava così vuota" chinò il capo e portai una mano sulla sua nuca accarezzandogliela.
Calde lacrime iniziarono a sgorgare lungo il suo volto e lasciai che si sfogasse, ne aveva bisogno.
Lo accolsi tra le mie braccia cercando di trasmettergli tutto l'amore del mondo, sapevo che in tutti quegli anni solo Alicia era stata in grado di calmarlo in quelle situazioni di sconforto più totale.
Speravo di essere in grado di poterlo fare, anche solo un minimo.
Si asciugò gli occhi e le guance guardandomi riconoscente.
"Se non avessi trovato te a quest'ora sarei soltanto un ragazzo vuoto non più capace di provare emozioni vere" disse.
Scossi il capo incredula, mi veniva ancora difficile credere che lui fosse innamorato di me, era tutto cosi surreale ma meravigliosamente perfetto.
"Questo pomeriggio vorrei andare da una parte, ti va di accompagnarmi?" chiese allungando una mano verso la mia per poi prenderla e intrappolarla nel suo palmo gigante.
"Certo, dove?" ero troppo curiosa, non poteva tenermelo nascosto.
"All'Instituto, sui campi dove ho giocato per anni" la sua voce si abbassò e capii che era molto provato.
"Mi fa più che piacere venire con te" sorrisi spontaneamente.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto ad osservare due piccoli gemellini proprio di fronte a noi che lanciavano i sassi nel lago divertendosi da matti.
Pensai a quanto sarebbe stato bello avere dei figli con Paulo un giorno, di certo non era ancora il momento.
"Quando nascono i bambini di Álvaro e Alice?" domandai facendo riferimento alla famiglia Morata.
"Mi sa luglio ma non ne sono certo, ad ogni modo me lo faranno sapere e potremo andare a trovargli" asserì con tranquillità senza rendersi minimamente conto di avermi procurato uno shock enorme.
"Ehi, che succede?" si accorse dopo un po' della mia bocca spalancata.
"Noi andiamo a fare cosa?" agitai le braccia non potendo crederci.
"Andiamo a trovarli" ripetè.
Perché per lui era tutto così normale?
"Io potrò conoscerli? Sul serio?" quasi strillai per l'euforia facendolo ridere.
"Certo mi amor, a volte dimentichi chi è il tuo ragazzo e chi sono i suoi amici" alzò le spalle.
Era più che vero, vivevamo una vita così tranquilla che non facevo più caso al contorno, anzi, credo che il contorno non mi fosse mai interessato.
L'arrivo di una telefonata ci distrasse dalla nostra interessantissima conversazione.
"È mamma, sicuramente la colazione è pronta e ci staranno aspettando, andiamo" si alzò di scatto prendendo a camminare velocemente.
"Vuoi sul serio correre ancora?" gli urlai dietro.
"Assolutamente sì, sbrigati scansafatiche" sbuffai sonoramente.
E in un batter d'occhio sparì dalla mia vista per l'ennesima volta.
Voleva capirlo o no che non ero un'atleta olimpionica?

Joya💎 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now