Capitolo 59

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Aprile 2019

"Non sto nella pelle, sono così emozionato" saltellava  per i corridoi dello Juventus center battendo le mani.
"Paulo ti prego" ridacchiai.
"Tu non hai mai vissuto questa esperienza quindi non hai idea di quanto sia bello" mi ammonì.
Alzai le mani in segno di resa, infondo aveva ragione.
Cosa stavamo per fare? Stavamo andando a trovare i pulcini della squadra, di solito i ragazzi lo facevamo nel periodo natalizio ma quell'anno avevano avuto troppi impegni dato che si era giocato anche il giorno di Santo Stefano.
Noi saremmo stati i primi, Paulo aveva insistito affinché ci fossi anche io perché, a detta sua, l'ultima volta verso settembre i piccoli avevano chiesto di me e lui gli aveva promesso che mi avrebbe portata.
Mi guardai intorno, sui muri appese le maglie delle bandiere della vecchia signora, come ad esempio Claudio, con un messaggio d'augurio e di forza ai giovani firmato proprio da loro.
Erano un vero esempio da seguire.
Passammo dagli spogliatoi degli under15 e ad un certo punto mentre controllavo il cellulare sentii fischiare ma non capii immediatamente si stessero riferendo a me.
Girai la testa alle mie spalle e vidi un ragazzo con gli occhi puntati sul mio fondoschiena, o sulle mie gambe, non ne ero certa.
"Ehi tu, alza lo sguardo e vedi di chiedere scusa alla mia ragazza, fischiare non ti rende più uomo anzi, ti fa sembrare solo più stupido" mi avvicinò a sé aspettando delle scuse che non tardarono ad arrivare.
"Questi ragazzetti insolenti" commentò mentre ci avviavamo dai bambini facendomi ridere.
"Cioè, hai un vestito e degli stivali normalissimi, che senso ha fare cosi? Ma non perché sei la mia fidanzata, non si fa in generale, non è carino" era proprio arrabbiato.
"Va bene amore ma ora calmati, non è successo nulla" gli carezzai un braccio.
Sbuffò ma non aggiunse altro.
"Ho mal di pancia" dissi.
Quella mattina mi erano arrivate le mestruazioni, come da programma, e stranamente avevo dei dolori, deboli ma c'erano.
"Avevi anche la nausea a casa, sicura di stare bene?" chiese.
"Posso essere sincera senza che inizi ad agitarti?" lo guardai, era già in panico e non avevo ancora detto nulla.
Annuì.
"Non mi sento tanto tranquilla, vorrei passare da Barbara e parlargliene, magari dobbiamo cambiare la pillola" alzai le spalle quasi noncurante, solo per non farlo preoccupare ulteriormente.
"Dai, se ti va ti accompagno" propose.
"Va bene amore" sorrisi.
Udimmo degli schiamazzi al di dietro di una porta e capimmo di essere arrivati.
"Sei pronta?" domandò.
"Andiamo" lo spronai e in men che non si dica ci trovammo circondati da tanti piccoli esserini di 3/4 anni,
Erano così carini.
"Zio Paulo, Zio Paulo" cercava di attirare la sua attenzione un bambino bellissimo, biondo, con dei tratti del volto che mi parve di conoscere, poi lo riconobbi.
"Edin, tesoro" mi chinai verso di lui.
"Ciao signorina, tu chi sei?" piegò la testa di lato corrugando la fronte.
Oh no, aveva contagiato anche lui.
"Sono la sua fidanzata" indicai il numero 10.
Non avevamo mai avuto modo d'incontrarci ma sapevo mi conoscesse, Miralem diceva sempre che non vedeva l'ora di giocare con me e farsi spiegare tutte le cose che dicevo su suo papà alla tv.
"Zia Carolina, sei proprio tu" si lanciò tra le mie braccia e io non avevo idea di come muovermi e cosa fare.
Lo accarezzai dolcemente prima sui capelli e poi sulla piccola schiena mentre lui mi lasciava tanti dolci bacini sulla guancia.
"Sei proprio bella, zia" prese a giocare con i miei capelli e gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Una mano improvvisamente sulla mia spalla, la sua mano.
"Zio" scattò il mini Pjanić che a quel punto si dimenticò di me.
Risi, era normale, lui era lui.
Feci un giro nello spogliatoio salutando tutti, poi mi poggiai a un armadietto godendomi la piacevole scena.
"Mi scusi, mi scusi" mi sentii tirare la gonna e abbassai lo sguardo.
C'era un bimbo bellissimo, mulatto con i capelli neri.
"Che succede piccoletto?" chiesi amorevolmente.
"Tu stai con Dybala vero? Voglio dire, vi conoscete?" domandò con occhi speranzosi.
"Si, stiamo insieme" annuii.
"Puoi chiedergli se mi fa un autografo?" fece il musicchio.
Come potevo rispondergli di no?
Lo presi per mano e lo portai da lui.
"Amor" lo richiamai.
"Nena, dime" si girò e mi fece tremare l'anima con le sue iridi verdi brillanti.
Mi morsi il labbro inferiore e dissi:
"Qui c'è qualcuno che vorrebbe un tuo autografo" lo presi in braccio.
"Ciao campione, come ti chiami?" si avvicinò, forse un po' troppo.
"Michael" rispose e poi al resto non feci caso,
Eravamo io, lui e un piccolo, a un passo l'uno dell'altro e non potei fare a meno d'immaginare come sarebbe stato con un bambino tutto nostro, che ci chiamasse mamma e papà.
Lo guardai, mi guardò, e gli feci capire che dovevo uscire a prendere aria altrimenti sarei morta.
Afferrò il nanetto al mio posto e corsi immediatamente verso l'uscita di sicurezza che portava ai campetti, il vento mi si abbatté prepotente contro la faccia, mi sedetti a terra con il volto rivolto verso l'alto e gli occhi chiusi.
Pochi minuti dopo un tonfo non molto distante da me, qualcuno si era posizionato al mio fianco.
"Zia?" quel suono fece alzare spontaneamente gli angoli della mia bocca verso l'alto.
"Ti disturbo zia?"
Schiusi le palpebre e lo guardai.
"No, dimmi tutto" mi voltai con le gambe nella sua direzione in modo da poter essere faccia a faccia.
"Possiamo parlare un po'?" strisciò in avanti, voleva starmi più vicino.
"Lo sai che non dovresti essere qui fuori da solo?" lo ammonii.
"Non sono da solo, sono con te" ribatté.
Come dargli torto.
"Di cosa vuoi che parliamo?" posai i gomiti sulle gambe e la testa sui palmi della mani.
M'imitò facendo lo stesso.
"Mi racconti come hai conosciuto lo zio Paulo?" non poteva farmi domanda più bella.
Sorrisi.
"Allora, un giorno sono andata a parlare con il presidente Agnelli, sai chi è vero?" il piccolo annuì.
"Quando sono uscita dal suo studio mi è arrivato vicino ai piedi un pallone, era scappato allo zio e a Federico Bernardeschi, sono venuti a riprenderselo, è così che ci siamo incontrati la prima volta" spiegai.
"E dopo vi siete innamorati come la mia mamma e il mio papà?" chiese.
"Si esatto" gli presi una manina accarezzandola.
Tralasciai il fatto che la stessa sera facemmo un incidente, non era carino da dire a un bambino.
"Sono tanto felice che è successo sai?" si alzò venendo a sedersi a cavalcioni su di me.
"Ah si?" gli avvolsi le braccia intorno al corpicino.
"Un sacco, sei la mia zia preferita" si aggrappò al mio collo stringendomi forte.
Era un cucciolotto.
"Anche tu sei il mio preferito ma non dirlo a nessuno, d'accordo?" feci la vocina che solitamente usavo con i miei cuginetti.
"Promesso, sarà il nostro segreto" mi portò un dito alle labbra come ad indicare il silenzio.
"Edin, quando bene vuoi alla zia Caro?" la sua voce.
Mi girai, era fermo sulla porta con le mani in tasca.
"Taaaanto così" allargò le braccia facendomi ricordare di quando lo facevo io con i miei genitori.
Quanto mi sarebbe piaciuto averli ancora con me, avrebbero potuto vedere la mia vita, la famiglia che stavo costruendo, un giorno forse ci sarebbe stato addirittura qualcuno a chiamarli nonni.
Un giorno.. ma quando sarebbe arrivato?
Alla fine la decisione era mia, potevo scegliere le tempistiche in cui farlo accadere.
Ero realmente pronta?
Beh, magari potevo...

Joya💎 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now