Capitolo 41

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"Tu hai partecipato alla trattativa più importante degli ultimi anni?" era sconvolto.
Da quando glielo avevo comunicato non aveva smesso di girare in tondo per il mio ufficio con la bocca e le braccia spalancate.
"Sì, l'ho gestita io, ora possiamo andare avanti ti prego? Son passati 3 giorni" sbuffai contorcendomi sulla sedia.
"No Carolina, per me sono passati appena 5 minuti visto che non mi avevi accennato niente di niente" si sedette sul divano, poi si alzò e nemmeno trenta secondi dopo si sedette di nuovo.
"Andiamo, lo sai che non potevo! Dobbiamo davvero litigare per questo?" posai i gomiti sulla scrivania con la testa tra le mani.
"Sì, ci eravamo detti niente bugie e tu, come al solito, non hai mantenuto la promessa" mi puntò il dito.
No, quello non potevo permetterglielo.
"Se non capisci la differenza tra questioni personali e questioni lavorative non è colpa mia, è evidente che tu non sia in grado di farlo visto che l'unica cosa di cui devi preoccuparti è spingere una palla sul prato con i piedi, prova a stare qui dentro tutto il giorno e poi tutta la notte nel letto al computer per ultimare gli ultimi dettagli, non reggeresti nemmeno mezzo minuto" mi misi in piedi allontanando bruscamente la sedia girevole.
Non la pensavo minimante così, sapevo quanto s'impegnasse ogni giorno per essere al top della forma e quanti sacrifici facesse, non era per nulla facile, le mie parole furono dettate dal disappunto.
"Sinceramente non credo che il tuo sia un vero e proprio lavoro, ti metti comoda, guardi le partite oppure t'informi sulle notizie, io lo faccio per passatempo" incrociò le braccia al petto.
"Farei volentieri cambio con te" mi appoggiai con il sedere e le mani sul tavolo da lavoro.
Incrociai le gambe e la gonna che indossavo salì leggermente sulle gambe, sentii il suo sguardo bruciarmi addosso un istante per poi tornare serio.
"Peccato che non sei capace di tirare nemmeno un rigore a porta vuota" copiò il mio gesto di pochi istanti prima.
Mi resi conto che gli avevo insegnato io a punzecchiare così, che deficiente...
"Lo sai che ti faccio il culo, sei solo troppo orgoglioso per ammetterlo" con velocità mi misi seduta sulla superficie in legno divaricando forse un po' troppo le gambe.
Lo vidi scattare in piedi e in quel l'esatto momento si aprì la porta.
"Oh Theo, non rompere il cazzo dai" si avvicinò facendomi un gesto con il capo per invitarmi a mandarlo via.
"Tommaso non è un buon momento" proferii, poi mi resi conto..
Theo?
Accennai un sorriso, mi sorprendeva ogni giorno di più.
"Perché stai ridendo scusa?" mi riprese immediatamente Paulo.
"Oh mamma mia, ma che hai oggi" spalancai le braccia esausta dal suo comportamento.
"Scusate, io non vorrei..." provò a dire il poveretto ma venne bruscamente interrotto, questa volta dalla sottoscritta.
"No veramente, non adesso, qualunque cosa sia" lo ammonii portandomi pollice e indice alle tempie che non smettevano di pulsare.
"Carolina mi dispiace ma devo dirtelo ora, tra l'altro non è nemmeno una cosa che mi riguarda ma dovrebbe importare a voi due invece" ci sgridò, fu abbastanza rigido.
Dopo averlo sentito parlare in quel modo ovviamente lo invitai a spiegare, mi avvisò che aveva controllato la mia casella di posta elettronica, come gli avevo richiesto, trovando una mail importante da parte della mia ginecologa con il risultato degli esami del sangue di pochi giorni prima.
"Ti ringrazio, e scusa per.. tutto questo" gesticolai facendo intendere che mi riferissi alla scenata a cui purtroppo aveva assistito.
"Ha accesso alle tue cose personali?" urlò lui.
Intanto io ero tornata a sedermi davanti al pc attendendo il caricamento del documento che avevo prontamente scaricato.
"Senti, se sei qui solo per fare polemica t'invito ad andartene perché al momento il mio ultimo pensiero è ascoltare le tue chiacchiere inutili. Ti sto chiedendo per una volta di non fare il bambino, si parla di cose serie, si parla della nostra famiglia, se mai ne avremo una, quindi ti prego, smettila" dissi esasperata.
Forse esagerai un po' ma non riuscivo a tollerare ancora quel suo comportamento, non in quella situazione.
Si avvicinò lentamente senza dire una parola, si chinò e mi lasciò un bacio sulla guancia per poi osservare lo schermo insieme a me.
"Gentile Carolina Ferrari,
gli esami effettuati nei giorni precedenti hanno confermato la mia ipotesi, soffre della sindrome dell'ovaio policiclico.
Come già affermato in precedenza, al giorno d'oggi non esiste una cura per questa condizione ma reagiremo immediatamente in modo da ridurre i sintomi ed evitare eventuali complicanze.
Al momento procederei prescrivendole una pillola anticoncezionale per regolarizzare il ciclo mestruale e promuovere l'ovulazione, inoltre le consiglio fortemente di contattare un nutrizionista in grado di darle una dieta adeguata.
Mi permetto, dato il nostro rapporto, di suggerirle d'incontrare anche un personal trainer, non dovrebbe esserle difficile visto l'ambito in cui lavora, per stilare una serie di esercizi fisici che possono aiutare a controllare il peso e l'insulino resistenza.
L'aspettò in studio per chiarire meglio il tutto.
Cordiali saluti".
Furono le parole che leggemmo contemporaneamente.
Ci guardammo negli occhi, ero sicuramente più serena di lui, forse perché avevo avuto più tempo per metabolizzarlo.
"Sta tranquillo amore, va tutto bene" gli accarezzai il volto accennando un sorriso sincero.
Una lacrima arrivò sulle mie dita, poi un'altra ancora, finché la mia mano non fu completamente bagnata come le sue guance.
Odiava farsi vedere così, infatti si spostò accomodandosi nuovamente sul divano con la testa bassa.
Lo raggiunsi posizionandomi sulle sue gambe, non doveva vergognarsi e soprattutto non doveva stare male per quello che stava succedendo.
"Paulo, amor de mi vida, è tutto okay, ti prego non soffrire così" gli sussurrai all'orecchio.
Intanto lui mi stringeva, mi stringeva più forte che poteva, quasi soffocandomi.
Mi resi conto che forse per lui era peggio che per me, alla fine coloro che stanno intorno alla persona malata sono quelle che ne hanno la peggio, e ne ero consapevole, era stato così per me con mia nonna.
"Ho paura Caro" ammise singhiozzando.
Ne avevo tanta anche io.
"Di cosa?" domandai nonostante conoscessi già la risposta.
"Di non riuscire a costruire la nostra famiglia" finalmente lo aveva detto, ci era riuscito.
Mi fece enormemente piacere constatare che iniziasse a fidarsi di me a tal punto da non tenersi niente più dentro.
"Siamo già una famiglia, io e te, ci siamo sempre bastati e sarà così anche in futuro. So che non è questo il tuo sogno, anche a me piacerebbe avere un piccolo noi, con i tuoi occhi meravigliosi e le mie labbra a cuore, ma se non sarà possibile me lo farò andare bene perché ci sei tu al mio fianco e non ho bisogno di altro per essere felice" esternai anche io i miei sentimenti, proprio come gli avevo promesso.
"Possiamo sempre prendere un cagnolino, se ti va" alzai le spalle facendolo ridere.
"Sì, effettivamente sarebbe molto bello averne uno" mi diede un buffetto sul braccio.
Lo vidi immediatamente più tranquillo e rilassato.
"Odio gli animali, lo sai, ma posso fare un sacrificio" per lui quello ed altro.
Mi baciò, le sue labbra contro le mie, per un momento l'aria diventò improvvisamente più calda e pesante, fu estremamente dolce e delicato.
Per la seconda volta sentimmo la porta aprirsi, quella volta era Miralem Pjanić che shoccato si scusava per aver interrotto il "magico momento".
Passammo giorni interi a ricordare quell'avvenimento con il sorriso in volto poiché il numero 5 pensava stessimo andando oltre e ci fossimo dimenticati di chiudere a chiave.
Furono giorni importanti per la nostra relazione, giorni in cui l'amore si era fatto spazio nei nostri cuori e nelle nostre anime.
Giorni felici.

Joya💎 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now