Capitolo 22

4.4K 100 2
                                    

"Sei una merda" lo spintonai incrociando le braccia al petto fingendomi offesa.
"Ma non è vero! Non è colpa mia se sei scarsa a fifa" rise.
Lo fulminai con lo sguardo.
"Sei un imbroglione seriale, io a fifa sono bravissima ma tu mi confondi" presi il telecomando e spensi il televisore per dispetto.
"Sei una bambina" alzò gli occhi al cielo.
"Mi spiace Papi, ti tocca lasciarmi allora, non puoi stare con una bambina" proferii facendogli la linguaccia.
I suoi occhi si scurirono, schiuse leggermente le labbra per poi morderle subito dopo.
"Come mi hai chiamato?" chiese.
La voce più profonda del solito, il suo accento molto ma molto più marcato.
"Papi" ripetei scandendo bene ogni sillaba.
"Non provocarmi Fer" scosse il capo.
Sì, aveva iniziato ad abbreviare il mio cognome, si divertiva e io glielo lasciavo fare.
"Non mi fai paura" sorrisi maliziosa.
Mi avvicinai a lui a carponi sul divano.
"Papi" le mie labbra a sfiorare il suo orecchio.
Ne intrappolai il lobo tra i denti, lo sentii gemere gutturalmente mentre, in maniera molto istintiva, portò un braccio sulla mia bassa schiena con la mano a toccare la chiappa sinistra.
"Lo hai voluto tu" mi diede una sculacciata il cui colpò risuonò per tutto l'abitacolo per poi prendermi in spalla e portarmi in camera da letto.
Eravamo ritornati noi, i soliti Paulo e Carolina, con la piccola differenza che avevamo una vita sessuale decisamente più attiva rispetto a prima della nostra rottura.
Non riusciamo a starci lontani, ci divoravamo con lo sguardo.
Antonella non faceva più parte della sua vita, le aveva spiegato tutto e lei lo aveva accettato senza eccessive lamentele, i suoi vestiti non erano più in casa e una piccola parte di armadio che aveva lasciato vuota venne riempita da qualche mia felpa e jeans.
Non mi ero trasferita lì, il solo pensiero mi faceva ancora paura, la nostra routine era rimasta quella di fare qualche giorno da me e qualcuno da lui.
Era focoso quella sera, me ne accorsi dal modo in cui mi baciava, da come mi toccava, era diverso dal solito, era più.. possessivo.
"Mi sei mancata wapa" riuscì a dire tra una spinta e l'altra.
Non risposi, lo avrei fatto a tempo, in quel momento necessitavo di godere del momento e memorizzare ogni singolo gemito che sfuggiva dalle nostre labbra in modo da non dimenticarlo se mai saremmo dovuti essere nuovamente distanti.
Nel periodo della nostra rottura vivevo di quello, dei ricordi della nostra prima notte di passione e d'amore, dei piccoli gesti che avevamo iniziato a fare con abitudine ma che allora mi sembravano così vecchi e lontani, vivevo del ricordo di lui, di noi:
semplicemente Paulo e Carolina.
"Ti amo" sussurrai sulla sua bocca mentre raggiungevo il culmine.
Non riuscivo a smettere di dirglielo, lo amavo così tanto e meritava di saperlo.
Non sarei più incappata nello stesso errore.
Posai la guancia sul suo petto muscoloso che si muoveva velocemente sù e giù a causa del respiro affannoso per non aver ancora smaltito l'eccitazione.
Mi persi ad ascoltare i battiti del suo cuore che in men che non si dica si sincronizzarono con i miei come se non potessero che farlo.
Ci guardai, i nostri corpi ancora nudi avvinghiati, le nostre forme perfettamente incastrate come se fossero state disegnate le une per le altre.
Prese a carezzarmi i capelli baciandogli poco dopo con estrema tenerezza.
Sospirai.
"¿Qué pasa Nena? domandò premuroso.
"Stavo solo pensando" le mie iridi si persero nelle sue.
"A cosa?" si sistemò sotto di me mettendosi comodo.
Capii che si era preparato ad ascoltarmi anche se in realtà non avevo un granché da raccontare.
"A quanto siamo stati scemi a tenerci a distanza" ammisi.
Ne avevo sofferto tanto come ovviamente anche lui.
Silenzio da parte di entrambi.
"Ma ci pensi che interessavo a Federico Bernardeschi!?" ridacchiai.
Il suo petto si mosse sotto di me, segno che stesse ridendo anche lui.
"A quest'ora sarei potuta essere nel suo di letto" scherzai.
"Eres mia y de nadie más" mi strinse a sé.
"Ho paura di perderti" aggiunse poi.
Era sincero e io lo sapevo.
"Sono qui" lo tranquillizzai portando la mano all'altezza della sua guancia lasciandogli subito dopo un bacio a fior di labbra.
"Tra qualche settimana dovremo separarci però" sbuffò.
Sarebbe partito per il mondiale ed era frastornato poiché sapeva che non avrebbe giocato granché dato che non andava esattamente a genio a Sampaoli.
"Preferirei stare qui con te" mi aveva detto e io l'avevo presa come una vera e propria rivelazione d'amore.
Per Paulo il calcio era più che un semplice mestiere, era passione, vita, e voler passare del tempo con me piuttosto che fare quel che amava mi riempiva il cuore di gioia.
"Sarò al tuo fianco anche da lontano, non temere" gli sussurrai prima di alzarmi per recuperare l'intimo ai piedi del letto.
"Perché ti rivesti?" la fronte corrugata.
"Mi sento a disagio" mi morsi il labbro un po' imbarazzata.
Sì, era il mio ragazzo ma non avevo ancora superato del tutto il trauma, quelle cicatrici per me erano ancora motivo di vergogna quindi meno si vedevano meglio era.
Mi avvicinò a lui afferrandomi per i fianchi.
"Tutto di te è perfetto, a partire da qui" mi baciò sulla bocca.
"Per poi passare da qui" fece lo stesso sulla spalla.
"E qui" sul seno.
Continuò poi sull'addome, i glutei e le cosce.
"Per finire qui, dove c'è la parte migliore di te" posò le labbra sulla mia fronte.
"Sei una donna intelligente, che ha sempre saputo cosa voleva dalla vita e non si è mai arresa arrivando così a coronare i suoi obbiettivi. Sei il mio esempio di vita Carolina" mi colpii particolarmente con quelle parole.
"No Paulo, il mio esempio sei e sei sempre stato tu, che hai dovuto lottare con una perdita più grande di te e non hai demorso finché non sei diventato ciò che hai sempre voluto essere. Insomma, guardati.." lo indicai sorridente.
"Sei uno dei calciatori migliori al mondo, sono io che stimo te. Tu non lo sai ma io ti ho sempre seguito, sin dai tempi del Palermo, e sono davvero fiera di quello che sei diventato, sono davvero fiera di te" dissi infine.
Mi abbracciò e potei sentire la sua gratitudine nei miei confronti.
"È la verità" sussurrai per fargli capire che lo pensavo sul serio e non c'era nulla di cui avrebbe dovuto ringraziarmi.
"Nena" si staccò come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa.
"Mi amor, dime" lo incoraggiai a parlare.
"Sei bellissima quando parli in spagnolo" mi morsi il labbro inferiore.
"Effettivamente dovremmo farlo più spesso" usare sempre l'italiano era abbastanza noioso.
"Bene, avrai modo di farlo. Ho due settimane libere" mostrò la sua dentatura perfetta ma non riuscii a cogliere il significato di quella frase.
"Andiamo in Argentina insieme, a casa mia".

Joya💎 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now