Capitolo 64 - Epilogo

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5 anni dopo

"Mamma ma perché papà deve andare a lavoro? Io non voglio che vada, voglio che stia con me!" esclamò la piccola con il musino che le tremava.
"Tesoro, lo guarderemo alla tv come sempre, sarà a casa tra qualche ora e passerà tuuutta la sera con te" cercai di consolarla.
Apparentemente sembrò calmarsi ma quando vide Paulo uscire della camera da letto con il borsone gli corse incontro aggrappandosi alla sua gamba.
"Papi rimani con me, ti prego" tentò di convincerlo balbettando quelle parole mentre piangeva a dirotto.
"Mi amor, no llores por favor, papi vuelve pronto" la prese in braccio e subito si strinse a lui continuando a riversare le lacrime sul suo petto.
"Pero ya te extraño mucho" insistette lei sperando che non andasse.
Mi si spezzava il cuore tutte le volte che doveva uscire e la bambina reagiva così ma purtroppo non potevamo farci nulla, doveva giocare.
Era il capocannoniere della serie A e di conseguenza sempre titolare, stava splendendo quell'anno e non poteva permettersi di rimanere indietro o avere altri pensieri per la testa, anche se ero certa gli avesse comunque, entrare in campo non voleva dire dimenticare tutto quello che c'era fuori.
Lui mi guardò con desolazione e capii di dover assolutamente intervenire.
Sospirai per poi avvicinarmi a loro e domandare: "Marisol, senti amore di mamma, ma domani chi compie gli anni?"
Dovevo stemperare la tensione e il modo migliore per farlo era parlare di cose allegre e che avrebbero portato tanta gioia a tutti.
"Yo" rispose girandosi verso di me con improvviso interesse.
Bene, ecco che papi non esisteva già più.
"Y cuantos años cumple mi nenita?" intervenne lui.
"No. Soy tu Nena, no tu nenita, cumplo 5 años, no soy pequeña" incrociò le braccia al petto innervosita dall'affermazione del padre.
Okay, la permalosità l'aveva presa tutta da lui.
"Ahi ahi, mi amor tengo que contradecirte, Nena es tu mami, tu eres mi nenita y esto no va a cambiar" specificò e mi sentii mancare un battito come la prima volta che mi chiamò in quel modo.
Era passato tantissimo tempo e a me sembrava ieri...
Cavolo, avevamo 32 e 33 anni, io facevo ancora il lavoro dei miei sogni mente lui era al fior fiore della sua carriera e insieme avevamo una meravigliosa bambina di 5 anni.
Il Paulo e la Carolina di 9 anni prima non esistevano quasi più, le responsabilità genitoriali ci avevamo consumati, l'unica cosa ad essere rimasta intatta era l'amore che provavamo l'uno dei confronto dell'altro.
Marisol Dybala, l'avevamo chiamata così, un nome composto da "mar y sol", mare e sole, ma che unito significava "colei che sta in solitudine" e la rappresentava perfettamente, avevamo deciso di non avere altri figli, ci andava bene così.
Avevo avuto una gravidanza difficile, al sesto mese un distacco della placenta che mi aveva tenuta a letto fino al parto.
Ricordavo ancora quel giorno: il sanguinamento, la corsa in ospedale e la diagnosi, cose che probabilmente non dimenticherò mai, ma quella che mi era rimasta particolarmente impressa era la paura negli occhi Paulo, paura di perdere me, di perdere entrambe.
Dopo essermi calmata capii che la nostra famiglia sarebbe stata perfetta così e che non avevo la forza di ricominciare tutto da capo.
Insomma, avevamo una bambina bellissima, ci amavamo alla follia e non mi sembrava avessimo bisogno di null'altro.
Improvvisamente arrivò Kaia a rompere gli equilibri che stavamo creando con la nostra discussione sul compleanno e la nana si fiondò su di lei per importunarla come faceva sempre, povera non la lasciava mai un attimo in pace.
Erano bellissime insieme e proprio per quel motivo stavamo valutando di prendere un atro akita, la cucciola, che ormai era cresciuta a dismisura, si prendeva cura di Marisol, quando mi allontanavo lei era lì a intrattenerla e sorvegliarla, una volta quando era solo una neonata ha evitato che scivolasse dall'ovetto posato sul divano.
Errore mio, ammetto, non ero molto pratica con i bambini e non avevo nemmeno qualcuno che potesse insegnarmi.
Alicia ci aveva provato tramite videochiamata ma era stato fallimentare..
Beh, s'impara sbagliando no? E io avevo imparato, ci avevo messo un po' ma lo avevo fatto.
Consideravo già un grande traguardo non essere andata in depressione post-partum, sinceramente me lo aspettavo, ero certa non sarei riuscita a gestire tutto, ma Paulo mi era stato vicino, sempre, ogni singolo secondo.
Non lo avrei ringraziato mai abbastanza, mai.
"Tieni" mi porse una bustina di Oki quando rimanemmo un secondo da soli.
Corrugai la fronte.
"Per quando me ne andrò e ti verrà mal di testa, non puoi farcela senza il tuo amato fidanzato" egocentrico, come al solito.
"Mamma mia, come ho fatto a sopportarti per nove anni?" alzai gli occhi al cielo.
Si guardò intorno e quando constatò fossimo al riparo da sguardi indiscreti mi afferrò per gli anelli dei jeans attirandomi a sé e fece scivolare una mano tra le mie gambe.
Non facevamo l'amore da una vita, non avevamo tempo e nemmeno modo nonostante lo desiderassi con tutta me stessa.
"Pau..Paulo vattene ti prego, non resisterò altrimenti" ansimai cercando di fare il più piano possibile.
"Perché? Prima le sveltine erano quelle che ci venivano meglio" mi tirò sù facendomi sedere su un mobile.
"Mmh" fu l'unica cosa che uscii dalla mia bocca.
Sbottonò piano i pantaloni e senza abbassarli s'insediò con le dita all'interno delle mie mutandine.
"Mamiiii, vediamo Cenerentola insieme?" sentimmo dall'altra stanza.
Un urlo frustrato abbandonò le mie labbra seguito dall'esclamazione: "a quanto pare nessuna sveltina Paulino".
Gli scompigliai i capelli scendendo e tornammo entrambi dalla bimba.
"Va bene amori miei, farò gol per voi, ci vediamo dopo" lasciò un bacio ad entrambe per poi andare via.
E segnò quel pomeriggio, segnò ben 3 volte esultando con la Dybala mask e subito dopo rivolgendo alla telecamera le lettere C ed M fatte con le dita.
Il nostro gioiello, la nostra Joya.

Joya💎 ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now