Sleepwalking

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Allora, spero mi perdoniate per il mio primo ritardo nell'aggiornare ma *sigh* ieri(per la precisione ieri notte alle 3) ho terminato di leggere trust me.......

E sì, ho passato una giornata intera in stato catatonico ad asciugarmi le lacrime e a ripetere "non è reale non è reale non è reale", un po' la reazione che ho avuto con a splitting of the mind, insomma! (il prossimo sarà the dove keeper, me lo sento ew)

Poi ho acceso il pc e mi sono detta che vabbe, per ora ho sofferto abbastanza, adesso facciamo soffrire un po' gli altri!xD

No dai, scherzo, io vi adoro e adoro quelli che recensiscono e aggiungono la storia alle preferite/seguite/ricordate, non vi ringrazierò mai abbastanza, mi fate salire l'autostima e la gioia di scrivere questa fanfiction.

Detto questo, ho deciso di alternare il POV di Gerard a quello di Frank, perché davvero mi duole il cuore ad abbandonare uno dei due, e poi serve anche ai fini della storia, perciò... ecco il nostro Fronkeh alle prese con il suo viaggio in Italia(e tante altre cosette...)

Baci, M.

PS. So che ve lo chiedevate e sì, è la canzone dei bmth<3

Ps.2 Ok, mi sono completamente inventata il nome del paese natale di Frank ma vbb, spero me lo perdoniate:/

CAPITOLO 13 - SLEEPWALKING

FRANK

Non sapevo cosa aspettarmi tornando in Italia, ma non rimango sorpreso quando, mettendo piede a terra, trovo esattamente quello che c'era prima che partissi per l'America, se non peggio.

Desolazione. Ovunque.

Mi faccio strada attraverso il porto, allontanandomi dalla nave su cui ho passato quasi una settimana, tra mal di mare e nostalgia. C'è poco movimento qui, sembra quasi che stiano ancora tutti dormendo nonostante sia mattino inoltrato. Alcuni pescatori hanno appena attraccato e stanno scaricando a terra il pesce pescato, c'è gente che scende ancora dalle navi, e chi abbraccia i propri famigliari. Solo che sembra tutto stranamente spento, le voci sono soffuse, il cielo greve e nuvoloso, e lo sguardo negli occhi della gente è così sospettoso e triste che sono costretto ad abbassare il capo e a non guardare in faccia nessuno.

È la guerra, penso. È la guerra che è entrata nei cuori della gente e che sta scavando nelle loro anime, consumandoli a poco a poco. Non hanno più la voglia di vivere, non hanno più nulla. È come se fossero tutti sonnambuli, come se tutto fosse ancora immerso nel sonno.

E io ho paura di cosa troverò tornando a casa.

Bellerati è sempre stato un paese piccolo e tranquillo, in cui le notizie viaggiano veloci, e non mi sorprendo molto quando parecchia gente si volta a guardarmi come se sapesse di me, come se sapesse che vengo dall'America e che mio padre è morto. Mi sento terribilmente a disagio, abituato com'ero al confortante caos del New Jersey, nel quale potevo mescolarmi e nascondermi senza temere di essere riconosciuto.

Non ricordo esattamente la stradina della mia vecchia casa, perciò mi fermo ad un chiosco del mio quartiere per chiedere informazioni.

"Oh!" esclama l'anziano proprietario vedendomi. Aggira il bancone venendo verso di me e inizia a parlare in italiano, e straordinariamente riesco ancora a capirlo. "Tu sei Frank! O santo cielo, ma come sei cresciuto, Linda sarà felicissima di vederti" dice, battendomi delle pacche vigorose sulla spalla. Poi si fa un attimo triste. "Mi dispiace per Anthony... era un brav'uomo. Davvero. Uno dei pochi che non ha mai avuto debiti con me... ricordo quando passava ogni mattina per andare a lavoro e comprava il giornale e mi salutava, ed era così spensierato e..."

Lo fermo, posandogli una mano sulla spalla. Avevo dimenticato quanto fossero chiacchieroni gli italiani. "Lo so, lo so... io ora devo andare, potresti ricordarmi in che vicolo...?"

Destroy MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora