Requiem for a dream

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CIAOoOoOoOo scusate per il terribile, lunghissimo ritardo di circa 20 giorni, so che il mio silenzio vi ha lasciato in un'ansia pazzesca specialmente dopo il capitolo precedente... ma tranquilli, andrà tutto bene... forse... o forse no... mmmh.

Buona lettura ; )

M.

CAPITOLO 26 - REQUIEM FOR A DREAM

GERARD

Potrei morire di ansia da un momento all'altro.

Kellin non ha detto una parola, da quando ci ha tirato fuori da quella cella fino ad ora, mentre percorriamo silenziosamente la lunga galleria che dovrebbe portarci all'esterno. Da Frank.

Ad ogni passo, mi sembra di avvicinarmi e allo stesso tempo allontanarmi insopportabilmente da lui. Ad ogni passo la speranza torna, più forte e impaziente di prima, ma subito dopo va via ancora, lasciandomi con una terribile sensazione di inquietudine e ansia nel petto che mi rende quasi difficile respirare.

Forse non dovrei pensarci. Forse dovrei soltanto lasciare che le cose accadano, senza stare a contare metodicamente i secondi, quasi avessi paura che il tempo possa finire, che tutto questo non possa durare, che Kellin possa girarsi e pugnalarci di sorpresa, e allora tutto sarà stato vano.

La speranza uccide. L'ho imparato a mie spese, nel corso della mia vita, faticando e lottando e soffrendo e ogni volta mantenendo sempre quel pizzico di speranza, quelle poche aspettative per il futuro che, alla fine, sono sempre state deluse.

Eppure non riesco a smettere. È così strano. È così strano e stupido farsi del male in questo modo, già sapendo che probabilmente quello che troverai non è quello che ti aspettavi, essendo già consapevoli di come la vita ti gioca sempre brutti tiri che non sempre sarai pronto a parare.

Ma sono qui. Sono qui e non vedo Frank da mesi e mesi, e la sua mancanza dentro di me è troppo da sopportare. Nessuno, nessuno dovrebbe mai provare questa sensazione. È più orrenda di una ferita in suppurazione, più dolorosa di una pugnalata al costato, e non c'è nulla, nessuna medicina, nessuna operazione che possa guarirla, se non la presenza dell'altro.

"Perché fai tutto questo?" chiede improvvisamente Ray, affiancandomi e fissando la schiena di Kellin davanti a noi.

Lui non risponde. Inspira bruscamente, continua a camminare, ed è come se la domanda di Ray non sia mai stata posta.

Sento il mio amico stringermi il braccio. La sua presenza, ora più che mai, mi è indispensabile. Se fossi qui da solo ora probabilmente sarei sull'orlo di una crisi di nervi. Potrei commettere una pazzia, potrei tradirmi, potrebbe succedere qualsiasi cosa, ma invece ho Ray a tenermi con i piedi per terra, e gliene sono grato.

Gli faccio un piccolo sorriso.

Andrà tutto bene.

"Seguitemi" mormora Kellin dopo qualche minuto. La galleria svolta bruscamente a sinistra, dove un paio di guardie ci bloccano il cammino.

Ok. Calma. Non è una trappola. Kellin lo sapeva. Ora dirà qualcosa e ci lasceranno passare.

"Devo interrogarli" borbotta semplicemente, e i due soldati chinano il capo e si spostano, lasciando spazio ad una rampa di scale che sale verso la superficie.

Trattengo un respiro di sollievo.

Sì, andrà tutto bene.

Dopo poco le scale terminano, facendoci sbucare direttamente all'aria aperta. Kellin si volta e mi fissa dritto negli occhi. "Abbiamo dieci minuti. Sono in buoni rapporti con alcuni soldati che sono di turno ora, perciò siamo liberi di entrare nel campo. Ho detto loro di prendere il tuo amico e portarlo il più vicino possibile ai cancelli, ma dobbiamo sbrigarci. Non possiamo indugiare nemmeno per un istante. Tutto chiaro?"

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