38. In tempo

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Tom


Minuti che scorrono lenti come la pioggia che scivola dalle nuvole per atterrare delicatamente sul suolo, un tempo che rispecchia il mio stato d'animo, cupo e rassegnato.

James è corso a cercare Jane da pochi minuti.

Minuti che sembrano ore, considerando la mia apprensione.

Cammino avanti e indietro con mille preoccupazioni che rimbombano nella testa, l'ennesima sigaretta si appoggia alle mie labbra per placare l'angoscia e lo sguardo, ormai vitreo, puntato sulle scarpe.

Il cellulare vibra nella mia tasca e non esito neanche un secondo dal prenderlo.

E' un messaggio di James.

James: "E' qui, vieni subito"

Butto la sigarette per terra e mi fiondo in macchina per raggiungere la casa del padre di Jane.

Ti ho trovata.

Corro come un fulmine, infrangendo tutti i limiti imposti, sorpassando ogni auto che intralcia il mio cammino.

Se mio padre mi vedesse in questa situazione non ci penserebbe due volte a rimproverarmi.

Io sono Tom Brown, un ragazzo di buona famiglia che ha il dovere di non fare errori e condurre una vita regolare, di sani principi e belle apparenze.

Una vita che, per quanto bella, non può essere reale.

Chi non ha mai sbagliato? Chi non ha mai dubito del suo futuro? Chi non ha mai preteso di scegliere cosa sia meglio per sé stesso?

Non può esistere qualcuno così ipocrita da dichiara il contrario.

Parcheggio la macchina davanti alla casa e prima di scendere mi assicuro di aver preso la pistola.

Spero fili tutto liscio e che il mio piano non abbia intoppi o colpi di scena indesiderati.

Mi avvicino lentamente a James, ormai posizionato fuori dalla macchina, come programmato.

Faccio segno di restare in silenzio, devo poter sentire i rumori che provengono dall'interno per capire quando agire.

Poi all'improvviso percepisco delle urla, ma non si tratta della mia Jane.

E' la voce profonda di un uomo e la rabbia inizia ad impossessarsi del mio corpo.

Le mani tremano per la tensione e dopo pochi secondi, sentendo un colpo provenire dall'interno, decido di chiamare Gareth.

"Ciao, Tom...ci siamo?" Domanda cautamente.

"Sì, potete procedere" affermo e chiudo la chiamata.

Il piano era di aspettare che la squadra di Gareth arrivasse per poi entrare in azione ma non appena le mie orecchie sentono il grido disperato della donna che amo perdo tutto il mio autocontrollo.

Corro verso la porta, sfilandomi la pistola da dentro i pantaloni.

"Tom no" Urla James alle mie spalle.

Non sento niente, la mia testa è rimasta a Jane, alle sue urla, al fatto che si sentirà spaventata e sola.

Non riesco a trattenermi.

Con un calcio butto giù la porta, punto la pistola in avanti e procedo verso il salone.

Non devo fare molti passi prima di ritrovarmi davanti la scena che ha impadronito i miei incubi peggiori.

Il padre di Jane ha entrambe le mani sulla sua gola e sembra fare parecchia pressione dato che il suo viso, oltre ad essere colmo di lividi e graffi, sta diventando sempre più rosso.

"Lasciala stare, stronzo" Ringhio puntandogli la pistola.

Sentendo la mia voce la lascia all'istante e si volta confuso portando le mani in alto.

"E tu chi saresti?" Domanda divertito.

"Il tuo peggior incubo" dichiaro sparandogli alla gamba.

Cade a terra, urlando come un ossesso.

Prontamente mi avvicino al corpo di Jane, stesa a terra in una pozza di sangue.

Mi assicuro che ci sia battito e quando ne ho la conferma riprendo finalmente a respirare.

La prendo in braccio e mentre sto per varcare la soglia, l'uomo grida: "Me la pagherai"

Lo guardo un'ultima volta, voglio imprimere nella mia mente l'immagine del mostro sconfitto, voglio ricordare per sempre che sono riuscito a sconfiggere il male.

Vedo Gareth venirmi incontro, sembra arrabbiato.

"Ti avevo detto di aspettarmi Tom" urla per la frustrazione.

"Stava per ucciderla, sono arrivato in tempo" rispondo senza mai distogliere lo sguardo dalla mia ragazza.

"Lui dov'è?" Domanda ancora.

"Dentro. Gli ho sparato alla gamba" dichiaro come niente fosse.

"Ok Tom, ora portala al pronto soccorso, ci penso io a risolvere il resto" dice dandomi una pacca sulla spalla.

"Grazie" rispondo per poi caricare Jane in macchina e dirigermi in ospedale.


Ci sono io ora Jane, ci sarò sempre.

Non scappare più.

Way outWhere stories live. Discover now