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[c'è il capitolo 92 prima, nel caso ve lo foste perso]

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Le mani di Jeongguk tremolavano mentre si metteva una giacca di jeans e si guardava allo specchio per osservare il suo viso pallido dall'ansia.

Non riusciva a crederci di starlo facendo realmente; non pensava che ne avrebbe avuto seriamente il coraggio.

Prese un grosso respiro all'allacciarsi le stringhe dei suoi anfibi.

Si rialzò in piedi e chiuse un attimo gli occhi per calmarsi. Il suo stomaco frizzava per l'impazienza e il nervosismo, e nell'anticamera del cervello viaggiava la tentazione di restare a casa ed evitare di affrontare la causa della sua ansia.

Ma decise di riaprire gli occhi e di rifornire i polmoni di un'altra boccata di ossigeno, prendere velocemente il casco sul mobiletto vicino alla porta d'ingresso e muoversi prima di cambiare definitivamente idea.

Le gambe continuavano a barcollare e una forte nausea lo portava a camminare molto lentamente verso l'esterno del suo condominio.

Non erano nemmeno le dieci di mattina, ma Jeongguk non era riuscito a resistere oltre. Era già sveglio dalle cinque e l'idea di dover aspettare ancora, lo soffocava.

Cavalcò la sua moto, accese il motore e dopo aver allacciato per bene il casco, si decise a partire.

Visto che era ancora presto e non era orario di punta, le strade erano deserte.

Jeongguk si guardò attorno, sentendo lo stomaco farsi ancora più vuoto. Il pensiero di raggiungere l'ospedale prima poichè non trafficato, gli bloccava il respiro.

Non era minimamente pronto ad affrontare la malattia di Jimin.

Chiuse gli occhi per una frazione di secondo al ricordo dei messaggi di ieri e deglutì, respirando l'aria fredda che mentre gli sfrecciava accanto, lo abbracciava prepotentemente.

Quando arrivò all'ospedale, il suo cervello si spense completamente, scherzando con la sua lucidità e facendo diventare i suoi movimenti  goffi: era la quarta volta, in quel momento, che mentre roteava le chiavi sulla punta dell'indice, le faceva cadere e poi le raccoglieva senza rendersene conto.

I corridoi dell'ospedale erano anch'essi spogli e paurosamente silenziosi. Questo non fece che aumentare il suo spropositato nervosismo.

Con tanta lentezza, però, raggiunse il reparto che gli interessava, individuando con una smorfia di tensione la porta numero tredici.

Rimase fermo all'inzio dell'entrata per qualche istante, cercando di calmare il suo respiro affannato e il suo battito fin troppo rapido, poi, con passi lenti ma decisi, si avvicinò alla stanza.

Si frenò di nuovo, davanti ad essa, serrando le palpebre per un secondo e poi guardando lo spazio bianco davanti a sè con indecisione. Portò le nocche sulla plastica e le bloccò a mezz'aria, bussando alla porta solo dopo qualche altro momento.

Jimin, a differenza dell'altro giorno, rispose immediatamente, ma con tono annoiato e senza vita.

Jeongguk non l'aprì subito, portando Jimin a ripetere con seccatura la risposta.

Il minore, allora, con la mano appoggiata sulla maniglia, tirò un sospiro profondo, rimpiangendo per alcuni secondi la sua scelta.

Il malato se ne stava seduto sul letto, con il capo diretto verso la grande finestra, dove un sole splendente occupava il cielo totalmente limpido.

Jimin corrugò le sopracciglia, non sentendo nessuno dire nulla, e girò la testa indietro. Alzò le due sopracciglia per la sorpresa, raggrinzendole tra loro nel mentre. 《E tu che ci fai qui?》Domandò debolmente.

Jeongguk deglutì, spostando gli occhi verso le sue scarpe.

L'altro continuò ad osservarlo con curiosità, sospirando stanco e riposando gli occhi sulla finestra, quando il più piccolo sembrò non avere intenzione di rispondergli o guardarlo.

《Ti direi di avvicinarti, ma puzzo di medicinali e sudore.》Parlò Jimin, sempre svogliatamente, mentre dondolava le gambe e fissava un punto vuoto al di fuori di quella enorme apertura con due tende candide ai lati.

Jeongguk non disse nulla, facendosi coraggio per avvicinarsi comunque.

Jimin seguì i suoi movimenti quando entrò nella sua prospettiva e una volta che si fermò, rimase ad osservarlo.

Jeongguk sollevò gli occhi solo dopo aver preso un nuovo e profondo respiro, incontrando quelli stanchi di Jimin e rimanendo disorientato alcuni secondi.

《Non credevo che sarebbe venuto qualcuno oggi.》Disse il più grande, dopo aver abbassato il capo verso il suo grembo, cosciente di essere in torto. 《Men che meno te.》 Poi, respirò velocemente e disse altro. 《O, almeno, se proprio doveva venire qualcuno, magari sarebbe stato Tae verso la sera...》

Jeongguk lo fissò, laccandosi le labbra e schiarendosi la gola subito dopo. 《Non sei stato molto gentile ieri.》

Jimin annuì, tirando sù un sorriso falso. 《Sono stato uno stronzo. Me ne rendo conto.》

《Dovresti chiedere scusa.》Continuò Jeongguk, calmo.

《Mmmh.》Mugugnò in risposta l'altro. 《Sono...》Sospirò, togliendosi velocemente il berretto di lana, sistemandosi i capelli e facendo tristemente cadere alcune ciocche. 《...Sono le medicine che mi rendono così.》Sospirò ancora, volendo aggiungere altro, ma fermandosi per il nodo che gli si stava formando in gola.

Jeongguk, di tutta risposta, annuì, portando lo sguardo fuori per non dare, in nessun caso, la possibilità a Jimin di vedere i suoi occhi acquosi.

Era difficile mantenere la testa lucida e un cuore integro quando davanti  vi era la persona che amava in quelle condizioni mentali e fisiche.

Non era il suo corpicino magro e cagionevole, il suo viso scarno, le sue labbra viola o i suoi occhi scavati e scuri. Non era il suo comportamento difficile e nervoso. Non era la sua voce tanto cinica quanto irriconoscibile. Ma era quello che c'era dentro di lui che, forse, non erano in grado di vedere tutti, ma che Jeongguk captava, che lo martoriava.

Jimin non aveva mai combattuto per lui, ma per gli altri.

Quello che Jeongguk però vedeva, ora, era solamente la sua stanchezza. Nient'altro. Nonostante avesse ventitrè anni e apprentemente una vita davanti, a lui non importava più.

E Jeongguk si sentiva ancora di più uno stupido, perchè aveva la brutta sensazione che l'amore che Jimin gli aveva silenziosamente detto di provare per lui, non era tanto forte da poterlo portare avanti.

Si sentiva ormai fuori dalle sue priorità, e questo lo devastava.







vi consiglio di capire sia jimin che jeongguk. quello che hanno dentro non sono proprio frutto di capricci

—detto questo, buonanotte a tutti <3

—mi faceva ridere, scusate 👇🏻

—mi faceva ridere, scusate 👇🏻

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BLAZEDWhere stories live. Discover now