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Il tramonto colpiva la grande finestra vicino al letto di Jimin e gli occhi del ragazzo si perdevano nella bellezza di quel sole grande e rosso.

Il cielo era altrettanto magnifico, rosato e zeppo di nuvole sfumate di arancio.

Jimin si sistemò meglio sul piccolo cuscino dietro la sua nuca, volendo osservare e ascoltare i colori di quella stella vermiglia, unica cosa di possibile comprensione; nella stanza, infatti, era tutto orribilmente silenzioso.

Ancor più silenzioso di casa sua.

Rilasciò un sospiro corto, allungando le mani a posizionare meglio il cappellino di lana nera sulla sua testa.

Era ormai Aprile, ma aveva i pochi peli delle braccia, sotto la maglietta a maniche lunghe, completamente rizzati dal freddo.

Tossì un po' di volte alzando il busto e sentendo i polmoni bruciare.

Per lo sforzo, la testa iniziò ad ondeggiare, facendolo ricadere sulla parte rialzata del letto. Il letto era uno di quelli ospedalieri specializzati.

Richiuse per un momento gli occhi, concentrandosi sul dolore delle sue braccia, che, poche ore prima, erano state bucherellate da vari aghi.

Ora non poteva più vedere le sue braccia magre e già livide, coperte, per l'appunto, da una maglietta. Ma il dolore lo poteva sentire.

Trasportò le sue piccole dita sulla parte centrale del braccio sinistro e tastò delicatamente quella zona, facendo una breve smorfia con la bocca.

Poi passò lo sguardo sulla parte delle sue gambe, coperte da un piumino color avorio, e automaticamente le iniziò a muovere, non riuscendoci bene.

Si sentiva estremamente debole.

Sbuffò poi, distogliendo lo sguardo e riportandolo verso la finestra, che lasciava intravedere uno spettacolo ormai finito.

Il sole era in fin di vita.

Jimin, allora annoiato, si mise a guardare davanti a sè. Il buio metteva in difficoltà la sua vista, ma non per questo gli interessava accendere la luce.

Roteò leggermente gli occhi, sentendosi scomodo e a disagio.

Tutta quella situazione lo faceva sentire tristemente inadeguato in quella stanza d'ospedale.

Anni fa non si sarebbe mai immaginato così.

Gli venne da ridere. Una risata amara, senza divertimento. Derisoria solo nei suoi confronti.

Quella sera decise anche di far morire completamente il suo cellulare, di non metterlo in carica, di far finta di niente.

Provava una strana sensazione di ansia e di inquietudine. Non aveva voglia di nessuno e pregava che i suoi amici non venissero. Nonostante glielo avessero promesso e non si fossero ancora visti, Jimin non ci stava rimanendo male. Era quello a cui ambiva.

Era stanco e sazio di tutto. Anche di dormire. Non desiderava nulla, ma allo stesso tempo gli dava tormento il non aspirare a qualcosa.

BLAZEDWhere stories live. Discover now