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Faccio un respiro profondo e costringo i piedi ad avanzare uno alla volta, tenendo gli occhi puntati sul caffè. Apro lo sportello del passeggero e mi siedo, il sedile del guidatore è reclinato. Tengo gli occhi bassi e vedo le sue lunghe gambe distese, la felpa è leggermente sollevata mostrando pochi centimetri di addominali.
"Hey.", sussurra tirandosi su a sedere.
"Ciao."
"È per me quello?", domanda.
"Si."
"Pensi di darmelo?", non è necessario guardarlo in faccia per sapere che ha un sorriso strafottente stampato sulle labbra. Glielo porgo e le sue dita sfiorano le mie per un istante, ricreando la stessa elettricità che mi ero quasi scordata. Ritiro la mano di scatto, come se avessi preso una scossa.
"Grazie.", sussurra. Annuisco e mi guardo le mani sentendole bruciare nel punto in cui le ha toccate.
"Hayden."
"Si?", posa la mano sul mio viso, costringendomi a voltarmi verso di lui. Tengo gli occhi bassi, sono troppo codarda per guardarlo in faccia e, in parte, temo che se lo guarderò per un solo istante sparirà come per magia.
"Guardami, per favore. Ho bisogno di vedere i tuoi occhi.", il suo tono supplichevole è una fitta al cuore, una tentazione irresistibile per me. Alzo gli occhi e trovo quelli blu elettrico con sfumature dorate che mi erano mancati così tanto. Una lacrima scende sulla mia guancia e lui la tira via con il pollice.
" Non piangere, ti prego.", sussurra posando la fronte sulla mia, il mio respira diventa pian piano  irregolare, trasformandosi in profondi singhiozzi. Jordan posa la tazza sul porta bibite e mi avvolge tra le braccia con delicatezza, lo lascio fare e lascio che il mio corpo inizi a tremare vigorosamente. La sua vicinanza è al contempo un dolore ed un piacere fisico, mi era mancato così tanto che abbracciarlo è come ritrovare l'ossigeno dopo aver nuotato a lungo sul fondo dell'oceano. Jordan mi aiuta a scavalcare, facendomi accomodare sulle sue gambe, si sdraia sul sedile con me tra le braccia e attende che i miei singhiozzi cessino posandomi dei lievi baci sulla nuca e accarezzandomi i capelli come faceva sempre.
"Shh..piccola, va tutto bene. Non piangere.", sussurra tra un bacio e l'altro.
"Basta, hai già pianto tutta la notte."
"Mi hai sentita?", domando.
"Si, sono rimasto sotto la tua finestra tutta la notte. È stata dura non sfondare la porta per venire da te, avevi spento persino il telefono."
"Mi hai chiamata?"
"Mmh..giusto quelle cinquantasette volte."
Stare distesa sul suo petto ad annusare il suo profumo è una dolce tortura, posso anche pensare dopo al dolore che proverò quando mi lascerà di nuovo.
"Perché?", domando.
"Perché volevo sentire la tua voce."
"No, intendevo perché mi hai lasciata.", ripensare a quei giorni senza di lui è doloroso.
Jordan si alza a sedere, mi sposta leggermente in modo tale da riuscire a guardarmi negli occhi.
"Non volevo lasciarti, ma dopo quello che è successo a casa di Victoria ho pensato che fosse la cosa migliore per entrambi. Pensavo di tenerti più al sicuro così.", una spiegazione semplice e chiara era tutto ciò che volevo, lo so che mi ama e che tutto ciò che ha fatto l'ha fatto per me, ma mi ha riempita di bugie e poi mi ha abbandonata, e l'abbandono mi ha ferita più delle menzogne.
" Perché non mi hai detto subito chi eri?"
" Perché all'inizio eri solo una missione da portare a termine. Poi, con il tempo, ho capito di amarti e che non avrei permesso a nessuno di toccarti. Ma vorrei spiegarti tutto in un altro posto, non qui, non adesso. Ho bisogno che tu mi dia il tempo di spiegarti tutto nei dettagli."
" Devi andare via? ", dal modo in cui ha detto 'non qui, non adesso.', mi fa pensare subito che debba andarsene.
" No, piccola, non vado da nessuna parte senza di te.", sento il cuore mancare un battito quando mi chiama 'piccola'.
" Però ho davvero bisogno di una doccia e di cambiarmi i vestiti, perciò se vuoi puoi venire con me.", per la prima volta lo guardo con attenzione, i capelli sono leggermente cresciuti, delle profondi occhiaie cerchiano gli occhi blu e sembra più magro e stanco, soprattutto stanco. Sembra il mio riflesso.
" Okay. ", sussurro. Questo non significa che lo sto perdonando, significa solo che voglio delle risposte e se andare da lui vuol dire riceverle, ci andrò.
"Okay, vado a cambiarmi.", annuncio prima di aprire lo sportello.
"Perché? Forse questo pigiama potrebbe aiutarmi a non saltarti addosso.", risponde con quel sorriso malizioso. La famigliare sensazione delle farfalle nello stomaco torna come se non se ne fosse mai andata, così famigliare, così perfetta.
"Togliti quel sorrisetto dalla faccia, vengo con te solo perché voglio delle risposte, non significa che ti ho perdonato."
"La speranza è l'ultima a morire.", ribatte divertito. Alzo gli occhi al cielo ed esco dalla macchina.
"Aspetta.", ordina prendendomi per un braccio.
"Che c'è?", mi volto verso di lui ed il suo viso è a pochi centimetri dal mio, sento mancare il respiro ed il mio cuore perde un battito o due.
"La tazza.", sussurra in un tono che sembra abbia detto qualcosa di sconcio, mi sento avvamapare e mi godo la sensazione della stretta sul basso ventre. Le sue labbra sfiorano le mie, tutto ciò che vorrei è eliminare la distanza tra di noi ma non posso ancora farlo, non voglio cedere così facilmente. Mi costringo ad allontanarmi di un paio di centimetri per poter ragionare con lucidità, lui sghignazza.
"È bello.", dice porgendomi la tazza.
"Che..che cosa?", balbetto.
"Sapere che ti faccio ancora lo stesso effetto. Non metterci molto a cambiarti.", ordina prima di lasciarmi andare. Entro in casa con la mente annebbiata, Vicky e mia madre mi guardano in attesa che dica qualcosa, che mi metta a piangere, a ridere, a cantare, a ballare la pole dance, insomma qualsiasi cosa.
" Vado a cambiarmi. Devo parlare con lui e chiarire un po di cose.", loro annuiscono ed io corro di sopra. Lavo i denti, lego i capelli in una coda alta, indosso un top ed un paio di jeans neri, l'immancabile giacca di pelle e gli stivaletti bassi. Mi trucco velocemente, giusto lo stretto necessario e volo al piano di sotto.
"Okay, vado.", annuncio.
"Mi raccomando.", risponde mia madre.
"Non ucciderlo, sennò chi lo sopporta Nate?", scherza Vicky.
"No, solo qualche lieve tortura e calpesterò alcuni dei suoi diritti civili.", sorrido ed esco salutandole con un frettoloso gesto della mano.
"Ci hai messo poco.", si complimenta Jordan quando entro nell'auto.
"Si.", non so cos'altro dire perché sto già pensando alla lista delle domande da fargli e l'ordine in cui porle.
"Sicura di voler venire nel mio appartamento?", domanda leggermente teso.
"Si, perché? C'è qualcosa che dovrei sapere prima di andarci?", magari qualche killer pronto ad uccidermi che mi aspetta nella lavanderia?
"No, pensavo solo che magari..niente lascia stare.", mi rivolge un sorriso timido e parte.
Jordan mi porge il suo telefono, un gesto famigliare, una piccola routine quasi dimenticata.
Sono esitante prima di prenderlo e lui se ne accorge.
"Che c'è?", domanda.
"Io..non ascolto più musica."
"Perché?", come faccio a rispondere senza sembrare una pazza depressa?
"Beh..ultimamente..mi creano qualche attacco di panico.", ammetto fissando il telefono.
Le sue mani stringono con forza il volante e non risponde. Mi costringo a guardarlo in faccia e la sua mascella é rigida, sembra arrabbiato.

Despite the loveWhere stories live. Discover now