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In un primo momento non capisco dove siamo, la stanza è grande circa tre metri per tre, ci sono piatti di tutti i tipi e dimensioni, bicchieri, vasi, ed altri oggetti fragili.
"Che cosa dobbiamo fare?", domando.
Caleb prende un piatto in mano.
"All'incirca questo.", risponde scaraventando il piatto con forza contro la parete. Resto sbigottita, adesso capisco il perché della scritta "Sfogatoio" e delle tute imbottite. Prendo dei piatti e li scaravento contro la parete dove giace il piatto rotto da Caleb, prendo dei bicchieri e faccio la stessa cosa, ogni frammento di ceramica e vetro che cade per terra è un sollievo in più dentro di me, continuo a scaraventare cose, più cose che posso, sento le lacrime scendere sulle guance, lacrime di rabbia, non lancio più i piatti: passo le braccia sopra al tavolo e questi cadono uno dietro l'altro. Caleb mi passa una mazza da baseball e inizio a spaccare le cose con quella, più rompo più mi sento libera, più mi stanco più mi sento crollare.
"Urla.", ordina Caleb, lo guardo confusa.
"Le pareti sono insonorizzate, grida più che puoi.", faccio un respiro profondo e, pur essendo consapevole di quanto posso sembrare ridicola, inizio a gridare più forte che posso. Continuo finché non sento l'aria nei polmoni e ricomincio di nuovo tirando fuori tutto ciò che provo, finché esausta crollo in ginocchio. Caleb mi toglie il caschetto prima di levarsi il suo e mi avvolge tra le braccia.
"Shh..va tutto bene.", sussurra mentre io affondo il viso sulla sua spalla e piango per un tempo che sembra lunghissimo. Restiamo fermi così finché non scade la nostra ora a disposizione, dopodiché Caleb mi aiuta a rialzarmi e a togliermi la tuta. Mi sento svuotata, libera, sento meno dolore.
"Wow, è stato incredibile.", annuncio quando Caleb prende posto accanto a me in macchina.
"Si, è stato un primo appuntamento un po fuori dal comune, eh?", domanda. Annuisco.
"Perché mi hai portata proprio lì?", domando quando Caleb mette in moto.
"Non lo so..mi sembrava il posto giusto, credo che tu abbia tanta rabbia dentro. Ce l'avevo anche io qualche anno fa, quando mio padre ci ha abbandonati, facevo un sacco di risse e più di una volta mi sono messo nei guai. Una sera Sam mi ha trovato per terra dopo una rissa, mi ha portato dentro allo sfogatoio e mi ha lasciato tirare fuori tutto ciò che avevo dentro. Così, da quella volta, ho smesso di fare a pugni e ho iniziato a spaccare oggetti, finché non ho deciso di arruolarmi. Perciò ho pensato che ti avrebbe fatto bene come è successo a me.", immaginare una persona tranquilla e solare come Caleb in una versione più oscura e arrabbiata mi sembra inconcepibile, ma ognuno di noi ha una storia alle spalle e non sempre è una storia felice.
" Grazie, di tutto.", sussurro.
" Prometto che la prossima volta ti porto a cena come una persona normale.", risponde sfoggiando un sorriso timido.
"Non importa, le cose normali non mi sono mai piaciute.", e nel mio repertorio di 'esperienze di vita' ce ne sono parecchie di cose fuori dal comune. Vorrei essere onesta con lui sulla mia vera identità, così come lui lo è stato con me, ma non è ancora il momento giusto.
" Torniamo a casa a vedere come sta Vicky?", suggerisco.
"Si, stavo pensando la stessa cosa."
Vicky sta dormendo profondamente sul divano quando rientriamo, decido di andare un po da mia madre e nonostante Caleb insista per accompagnarmi rifiuto gentilmente.
Finalmente ho la patente e posso andare dove voglio da sola, la mia mini Cooper è fantastica, ne sono completamente innamorata e guidarla è un piacere, quando arrivo da mia madre la casa è deserta. Mi sdraio sul mio letto ed in un attimo mi addormento, per la prima volta in quattro mesi sogno occhi blu ed occhi grigi.

"Hayden.", mia madre mi scuote leggermente.
"Hey, mamma.", sussurro tirandomi su a sedere.
"Sei tornata."
"No, è una proiezione astrale.", scherzo. Alza gli occhi al cielo nonostante l'ombra di un sorriso sotto i baffi.
"Dov'è Vicky?", domanda notando il letto vuoto accanto al mio, comprato apposta per Victoria.
"A casa con Caleb.", lei annuisce.
"Perché non gli telefoni e gli chiedi se vogliono unirsi a noi per cena?", scommetto che questo invito sia più che altro per conoscere il famigerato Caleb.
"Certo."
"Vado a fare la spesa allora.", annuisco e prendo il cellulare in mano, sono le sei di sera.
Vicky risponde al primo squillo.
"Hey, Automa! Stavo per chiamarti io! Dove sei sparita?", domanda allarmata.
"Sono tornata a casa da mia madre, Caleb non ti ha avvisata?"
"Si, ma pensavo gli avessi mentito."
"E perché dovrei?", perché mai dovrei mentire a Caleb?
"Non lo so, forse perché non sono abituata a perderti di vista."
"Vicky, so badare a me stessa, comunque sto bene, non devi preoccuparti. Tu, piuttosto, come stai?"
"Un mal di testa atroce, ma per il resto meglio di quanto mi meriti."
"Mi fa piacere, mia madre mi ha chiesto di invitare te e Caleb per cena, non penso abbiate molta scelta dato che è già andata a fare la spesa."
"Okay, tra mezz'ora siamo lì.", riattacca senza salutare, un gesto irritante ma che lei ritiene 'cool'.
Mi dirigo in bagno per darmi una sistemata ai capelli e al trucco, non sono conciata male per aver dormito come un sasso.
Sento la porta aprirsi e scendo giù a verificare chi sia, di solito Vicky non bussa alla porta dato che vive qui, perciò mi aspetto di vedere lei, invece è mia madre.
"Hai fatto in fretta."
"Si, ho preso giusto lo stretto necessario.", tira fuori dalle buste diversi alimentari ed io già penso a cosa cucinare.
"Risotto ai funghi e pollo alla cacciatora?", domando. Mia madre mi guarda sgranando gli occhi.
"Si.. Va bene.. Vuoi cucinare tu?", domanda incredula.
"Certo.", mi metto subito a lavoro mentre una lacrima solitaria scende sul viso di mia madre. In questi mesi mi ha vista soffrire parecchio, deve essere un sollievo per lei che io riacquisti piano p le mie facoltà mentali.
Quando il pollo sta cuocendo ed il risotto è quasi pronto sentiamo il campanello suonare, probabilmente Caleb ha insistito per bussare dato che è la prima volta che viene qui. Mia madre corre ad aprire e poco dopo rientra sorridente con una bottiglia di vino in mano, Caleb e Vicky sono dietro di lei. Vicky si accomoda sul divano e si appropria del telecomando, mentre Caleb si avvicina a me, mi stringe il fianco con una mano e mi posa un bacio sulla guancia.
"Ciao.", sussurra.
"Ciao.", rispondo sorridendo leggermente imbarazzata. Noto che mia madre ci guarda con la bocca spalancata.
"Si, hanno fatto amicizia.", dice Vicky guardando mia madre, quest'ultima sorride a trentadue denti. Caleb si sposta leggermente prendendo posto su uno sgabello accanto a me.
"Allora, Caleb, sei felice di essere tornato?", domanda mia madre dopo essersi ripresa dallo shock iniziale. Caleb mi guarda negli occhi.
"Si, devo ammettere che sono molto felice di essere tornato.", stacco gli occhi dai suoi e guardo altrove imbarazzata.
"Rachel, vieni a guardare una di quelle soap schifose che ti piacciono tanto?", domanda Vicky.
"Arrivo!", mia madre guarda prima me poi Caleb e se ne va in salotto con un sorriso stampato in faccia.
"Va tutto bene?", domanda Caleb quando restiamo da soli.
"Si, perché?"
"Non lo so, sei scappata via e mi chiedevo se avessi fatto qualcosa di sbagliato.", mi guarda intensamente da dietro le lunghe ciglia.
"No, anzi, sono stata benissimo. Volevo solo tornare a casa a prendere delle cose per la scuola.", lui mi rivolge un sorriso caloroso che ricambio. È strano averlo nella mia cucina, sembra che quel posto non gli appartenga perché apparteneva a qualcun altro. Ma dato le scelte che qualcun altro ha fatto, quel posto spetta di diritto a chiunque ricucisca quello che lui ha lacerato in me.
"Vino?", domando.
"Si, grazie.", riempio due calici e gliene passo uno.
"Cosa cucini di buono?", domanda.
"Sorpresa.", lui alza gli occhi al cielo ma sorride.
La cena va alla grande, mia madre e Caleb vanno d'accordo, Vicky sembra essersi ripresa dalla sbronza ed io sorrido come non facevo da molto.

Despite the loveWhere stories live. Discover now