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Caleb ci porta nel locale di un suo amico, il buttafuori ci lascia entrare senza nemmeno chiederci i documenti. La musica mi perfora i timpani e per mia fortuna è musica ritmica, non musica da depressi che mi spingerebbe all'ennesimo attacco di panico. Prendiamo posto ad un tavolo, la gente si muove sotto le luci da discoteca incuranti del fatto di essere completamente fuori ritmo. Mi siedo tra Vicky e Caleb mentre la cameriera prende le ordinazioni avvicinandosi a Caleb più del necessario. In effetti è normale che ci provi così, lui è davvero attraente. Ordiniamo due Mojito per me e Vicky ed una Corona per Caleb, le ordinazioni non tardano ad arrivare e brindiamo ad una meravigliosa serata. Balliamo, beviamo, salutiamo alcuni amici di Caleb e continuiamo a ballare fino alle tre del mattino. Vicky è completamente ubriaca, mentre io e Caleb siamo leggermente sbronzi. Saliamo sulla BMW con Vicky che continua a ripetere che ci vuole bene, a metà tragitto inizia a piangere dicendo che le manca Nate e che Jordan è stato davvero un bastardo. Caleb mi guarda con compassione, mentre io guardo fuori dal finestrino provando a non ascoltare Vicky. Quando arriviamo a casa, Vicky si è addormentata, Caleb la porta in camera in braccio ed io lascio un secchio accanto al letto nel caso di notte dovesse vomitare.
"Come sta?", domanda Caleb quando lo raggiungo nel salotto.
"Bene, spero."
"E tu?"
"Bene.", mi si avvicina a passo indeciso e si ferma a mezzo metro da me. Prende una ciocca dei miei capelli e la sistema dietro all'orecchio.
"Okay.", sussurra.
"Okay.", ripeto. C'è una strana elettricità nell'aria e temo che voglia baciarmi, in quel caso non saprei come reagire, non sono ancora pronta, è troppo presto. Posa le mani attorno al mio collo, sento il suo respiro a pochi centimetri dal mio viso, sa di menta. Non so cosa fare, il mio corpo inizia a tremare leggermente, chiudo gli occhi, ma lui posa le labbra sulla mia fronte. Posa un lieve bacio, poi si allontana lasciandomi lo spazio per respirare di nuovo.
"Buonanotte, Hayden.", sussurra.
"Buonanotte, Caleb.", resto li impalata finché non costringo le gambe a portarmi a letto.
"Che cazzo di situazione.", dico tra me e me.
"Puoi dirlo.", risponde Victoria. Sorrido mentre lei ricomincia a russare piano.

La mattina seguente, mentre Vicky dorme ancora profondamente, controllo che non abbia vomitato: il secchio è vuoto per fortuna. Faccio una doccia veloce, mi rivesto e raccolgo i capelli in un asciugamano. Caleb è già in piedi, lavato e profumato.
"Buongiorno.", lo saluto.
" 'Giorno.", ricambia. Percepisco del leggero imbarazzo tra di noi.
"Caffè?", domando.
"Si, grazie.", riempio due tazze di caffè e mi accomodo di fronte a lui.
"Vorrei portarti in un posto più tardi.", annuncia puntando i suoi occhi grigi su di me.
"Dove?", domando curiosa.
"Vedrai.", annuisco e continuo a bere il caffè.
"Com'è la?", domando.
"Dove?"
"In guerra.", è da quando ho iniziato a conoscerlo meglio che vorrei chiederglielo.
"È difficile, vedi cose che non ti immagineresti nemmeno.", abbassa gli occhi sulla tazza e per la prima volta noto tristezza in essi.
"Perché hai scelto di arruolarti?"
"Perché mi è sempre piaciuto aiutare gli altri.", questa spiegazione non mi convince del tutto.
"Perché ho l'impressione che questa sia solo una parte della verità?"
"Perché sei una persona acuta.", risponde accennando un sorriso.
"Deduco che Vicky ti abbia raccontato la storia della nostra famiglia, la verità è che l'ho fatto perché dovevo mantenere Vicky e le cure di mia madre."
"E..?", domando notando che dal modo in cui ha concluso la frase ci sia anche dell'altro.
"E.. Volevo scappare il più lontano possibile. Sono stato un egoista perché ho lasciato qui Vic da sola, ma per me la situazione era diventata insostenibile. Dovevo andarmene da qui, continuavo a ripetermi che Vicky entro poco si sarebbe diplomata e sarebbe andata via anche lei, cercavo di autoconvincermi di non essere un bastardo per averla abbandonata a mia volta.", stringe i pugni sul tavolo, tenendo gli occhi bassi per la vergogna.
" Non sei un bastardo, sei un bravissimo fratello, Vicky ti adora.", cerco di consolarlo, poso una mano sulle sue e lui la stringe rivolgendomi un sorriso di gratitudine.
" Grazie. ", sussurra.
"Figurati."
"Intendevo, grazie per esserle stata accanto in tutti questi mesi.", dice non consapevole del fatto che sia esattamente l'opposto.
"In realtà, è stata lei a stare accanto a me per tutto questo tempo."
"Si, questo è quello che vuole far credere, ma in realtà lei aveva bisogno di te quanto tu di lei, perciò grazie.", non l'avevo mai vista da questa prospettiva, ma riflettendoci attentamente credo che abbia ragione, ci siamo aiutate a vicenda.
"Ragazzi non potete capire come sto!", si lamenta Vicky entrando in cucina. Ci ritiriamo all'istante inconsapevoli di esserci avvicinati parecchio mentre parlavamo.
"Cosí la prossima volta eviti di bere così tanto.", la rimprovera Caleb.
"Sta zitto.", borbotta lei. Le passo una tazza di caffè e lei mi ringrazia.
"Okay, dato che non sei nelle condizioni di uscire, io e Hayden usciamo senza di te.", lei gli lancia un'occhiataccia.
"Bravo, Caleb. Mi hai messa fuori gioco di proposito.",  lui alza gli occhi al cielo, le posa un bacio sulla nuca e mi chiede di prepararmi. Sono leggermente in ansia per questa uscita e dato che non ho idea di dove voglia portarmi indosso un paio di jeans, una camicetta alla boscaiola rossa e nera e le timberland. Mi lego i capelli in una coda alta ed applico un filo di trucco. Prendo la giacca in pelle sottobraccio e mi dirigo in salotto. Caleb mi raggiunge poco dopo, anche lui è vestito casual perciò almeno l'abbigliamento l'ho azzeccato.
"Vic, noi andiamo!"
"Okay, ma smettila di urlare!", ordina lei.

Caleb mi apre la portiera ed io mi accomodo con un po di ansia.
"Dove andiamo?", domando quando mette in moto.
"Lo vedrai.", la sua guida è prudente a differenza di quella di qualcun'altro.
"Quanti anni hai, Caleb?", chissà perché non gliel'ho chiesto prima.
"Ventidue", pensavo fosse più giovane, ma in fondo quattro anni di differenza non sono tanti.
"Che c'è? Sono troppo vecchio per te?", domanda sghignazzando.
"Naah, potrei sempre dire che sei il mio babysitter."
"Uuh, questo era un colpo basso.", scherza.
"Siamo arrivati.", annuncia parcheggiando di fronte ad un edificio di mattoni.
"Dove siamo?", domando sempre più curiosa. Caleb scende dall'auto, mi apre la portiera e mi tende la mano, la stringo e mi faccio condurre dentro all'edificio. La scritta "Sfogatoio" sulla porta di vetro mi intimorisce, non ho la più pallida idea di dove mi abbia portata. La sala d'attesa è anche essa fatta di mattoni, ci sono due sedie blu imbottite di fronte alla piccola segreteria. Caleb si avvicina al signore dietro alla scrivania.
"Ciao, Sam.", questo Sam alza lo sguardo dai fogli che stava compilando.
"Caleb! Che piacere vederti! Quando sei tornato?"
"Un paio di giorni fa.", risponde Caleb stringendogli la mano.
"Come vanno le cose? Come ti sembra l'esercito?", domanda l'altro passandosi una mano sulla lunga barba.
"Bene, non posso lamentarmi.", Sam posa gli occhi su di me.
"E lei chi è?", domanda.
"Lei è Hayden."
Gli stringo la mano che mi sta offrendo e mi presento.
"Sam, vorremmo due imbottiture.", lo informa Caleb.
"Certo, un attimo solo.", Sam sparisce dietro ad una porta di legno bianco con su scritto "PRIVATO".
"A cosa servono le imbottiture?", domando.
"Adesso ti faccio vedere.", l'uomo ritorna con due tute imbottite, due caschetti e due paia di occhiali. Caleb li prende e mi accompagna nel piccolo spogliatoio. Quando noto che entra con me, lo guardo stranita.
"Non devi spogliarti, devi metterlo sopra ai tuoi vestiti.", mi informa. Indosso la tuta con un po di fatica, a differenza di Caleb che la indossa senza difficoltà, come se l'avesse fatto altre centinaia di volte. Dopo dieci minuti siamo pronti per qualsiasi cosa dobbiamo fare. Seguo Caleb di nuovo in segreteria.
"Divertitevi.", dice Sam mentre oltrepassiamo una grande porta verde.

Despite the loveWhere stories live. Discover now