Capitolo 1: La guastafeste [R]

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Non so nemmeno il motivo per cui ho deciso di venire a questa festa. Non sono il tipo da feste scatenate della confraternita. 

Sì, mi piace ballare, ma se penso al significato che ormai assume la parola "ballare" vicino a "festa", lo detesto pienamente: andare in un posto sconosciuto, con gente sconosciuta per strusciarsi addosso agli altri non mi attira particolarmente. Preferisco di gran lunga un bel divano, un libro e un bicchiere di vino o una sanissima cioccolata calda.

In ogni angolo ci sono persone ubriache che ballano l'una attaccata all'altra. Mi guardo intorno alla ricerca di Madison, la mia compagna di stanza, ma non c'è traccia di lei.

Conosco Madison Jonhson da circa tutta la vita: sua madre e la mia sono migliori amiche, siamo vicine di casa e siamo sempre state migliori amiche nonostante le nostre differenze. Madison ha vent'anni, uno più di me, è abbastanza alta, ha i capelli rossi che si accordano con le lentiggini del viso e degli occhi azzurri che tendono molto al verde-grigio. 

Fin dai tempi delle superiori ha avuto molto successo, soprattutto grazie al suo aspetto, e ha sempre cercato di farmi integrare, ma io non mi sentivo partecipe. Ogni tanto mi capitava di guardarla insieme ad altri ragazzi nei corridoi e notavo come lei cambiava il suo atteggiamento nei miei confronti quando mi vedeva. Sembrava diversa quando era con me e io mi sentivo in colpa perché nessuno si avvicinava a lei se ero in sua compagnia.

In questo momento stiamo affrontando la magnifica avventura dell'università all'estero, la Brown, negli Stati Uniti anche se siamo originarie di Londra. A dire la verità è stata un'idea di Madison, ma lei e mia madre erano così entusiaste che non ho saputo dire di no. Non so come, ma ora mi ritrovo a una festa della confraternita con un vestitino succinto nero (sembro praticamente un salame) ad annoiarmi a morte e soprattutto da sola!

Mi chiamo Evelyn Brooke. Non sono la tipica ragazza alta, snella, sempre allegra e gentile con tutti, ma l'esatto contrario: sono alta 1.55 m, abbastanza robusta e caratterialmente molto simile a Mercoledì Addams, misto un unicorno pieno di speranza. Non ho mezze misure. Non sono una ragazza dalle grandi esigenze: mi piace leggere, ascoltare la musica e tutte quelle cose che piacciono a una persona normale, ma non mi piace sbandierarlo ai quattro venti.

Mentre tutte le persone intorno a me ballano e si strusciano come non ci fosse un domani, ripenso alla prima volta in cui io e Madison mettemmo piede in America. 

<<Dai, Ev. Andiamo! Sono così felice di iniziare una nuova vita>>, disse entusiasta.

Decido di uscire per prendere una boccata di aria fresca e nel parcheggio, vicino alla mia macchina, scorgo Madison e un ragazzo sconosciuto impegnati a limonare. Così le concedo un po' di privacy. Passata mezz'ora, decido di avvicinarmi. <<Madison>>.

Con una voce che non avevo mai sentito, lei mi risponde: <<Che vuoi, guastafeste?>>

Che vuoi, guastafeste?

Successe di rado che lei mi trattasse in questo modo, ma aveva sempre un motivo. Ora che cosa ho fatto? Con mio grande stupore, noto che è ubriaca fradicia, ma ciò non le dà il diritto di parlarmi con quel tono.

<<Dobbiamo andare!>> insisto.

<<Andare dove, scusa?>> domanda con voce squillante, prendendomi in giro.

<<Domani abbiamo lezione. Forza, andiamo>>.

<<Ora... mi... hai... proprio stancato, piccola santarellina>>. Sì, è proprio ubriaca. Non riesce nemmeno a parlare.

<<Ascoltami, sei...>>

<<No, ascoltami tu. Per tutta la mia vita mi è stato imposto di essere tua amica nonostante fossi una grandissima palla al piede. Quando ho preso coscienza di ciò che eri realmente per me, ho messo le carte in tavola ai miei genitori e ai tuoi: non volevo più essere tua amica e sai cosa ha fatto tua madre? Mi ha pagata! Sì, mi ha pagata per essere tua amica, ma adesso i soldi non mi interessano più, perciò tornatene in dormitorio da sola e domani non farti trovare lì. Ho già trovato una compagna di stanza nuova>>.

<<Ma cosa stai dicendo, scusa? Non capisco! Non farti trovare lì? Pagato?>>. Il mio cervello ha un sovraccarico: troppe informazioni. Troppe parole. Le parole fanno male. Le parole feriscono.






[Revisionato]

Cercando di Trovare me stessaWhere stories live. Discover now