III- DAS SCHLECHTE

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Das schlechte significa "il male" in tedesco.

ALEXANDER.

Continuavo a camminare con molta calma, facendo attenzione alla maniera in cui camminavo.
Per poter studiare nel miglior modo la situazione che mi si presentava davanti, cercavo in tutti i modi di non calpestare le foglie presenti ai piedi dei numerosi alberi.
I miei occhi erano fissi sul mio principale obbiettivo, e cioè una ragazza che faceva jogging.
Era molto giovane, ma ciò non stimolava in me alcun tipo di compassione.
La cosa che più mi premeva in quel momento era colmare il vuoto allo stomaco, che brontolava talmente forte da farmi temere di essere scoperto prima del momento opportuno.
La ragazza, in evidente ottima forma fisica, correva veloce, ma io riuscivo a starle dietro semplicemente camminando a passo svelto.
Non mi ero voluto trasformare, non per il momento.
Pur avendo molta fame, volevo prima giocare un po' con lei.

Non appena il bosco iniziò a diventare più fitto ed isolato, uscii dagli alberi ed iniziai a correrle lentamente dietro.
Fu in quel momento che mi resi conto che, a causa delle cuffiette alle orecchie, non si era ancora accorta della mia presenza alle sue spalle.
Ridacchiai mentre aumentavo il passo per raggiungerla.
Se lo avessi voluto, avrei potuto tranquillamente squarciarle la gola senza nemmeno farmi notare, senza darle nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che le stava accadendo.
Sarebbe morta velocemente, senza troppe sofferenze.
Avrei potuto, certo, ma in questo modo non mi sarei divertito.

Non appena la raggiunsi, si bloccò improvvisamente con un sussulto, portandosi una mano sul petto e affannando leggermente. <<Santo Cielo!>> Quasi urlò, guardandomi negli occhi color smeraldo. <<Mi hai spaventata a morte!>>

<<Scusa!>> Assunsi uno sguardo preoccupato, mentre mi avvicinavo un po' di più a lei. <<Per fortuna sei ancora viva! Mi sarei sentito dannatamente in colpa a far morire di spavento una bella ragazza come te.>> Sorrisi compiaciuto non appena vidi le sue guance velarsi di un leggero rosso.
Era sempre così, il mio fascino vinceva sempre, ed io ne approfittavo ogni singola volta.

Il suo cuore, lentamente, riprese il ritmo normale. <<Io... Sono Myla.>> Mi porse la piccola e affusolata mano, in attesa della mia. <<E' un piacere conoscerti.>> Sorrise, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli che sfuggiva all'elastico.

<<Io sono Alexander.>> Strinsi soddisfatto la sua mano, mantenendo il contatto per qualche secondo più del dovuto. <<Ti va di fare jogging insieme?>>

La ragazza si rilassò totalmente, e annuì con entusiasmo.
Tolse anche la seconda cuffietta dall'orecchio e la mise in tasca. <<Forza, mi sembri abbastanza allenato.>> Sorrise, perlustrando l'intero mio corpo prima di riprendere a fissarmi il viso.
I suoi occhi nocciola erano leggermente a mandorla, le labbra erano carnose e piegate in un leggero e timido sorriso.
I capelli, brillanti fili d'oro, erano legati in un'alta coda di cavallo, e leggere lentiggini le ricoprivano tutto il viso e la parte visibile del petto. <<Vediamo se riesci a starmi dietro.>> Scoccò un occhiolino prima di voltarsi, pronta per riprendere la corsa.

<<Aspetta.>> Sorrisi, afferrandole un braccio per fermarla. <<Visto che sei così sicura di correre velocemente, che ne pensi di fare un gioco?>> Piegai di lato la testa, mentre una scintilla di piacere attraversava i miei occhi lucenti.

La curiosità balenò nel suo viso, mentre le sue labbra si incurvavano maliziosamente. <<Che gioco?>> Chiese, provocando in me una tetra risata.
Non aveva la minima idea di cosa le stesse per accadere, e ciò fomentava l'animale in me.

Povera ingenua.

Pensai, mentre il mio sorriso si ingrandiva ancor di più, per ciò che ovviamente era possibile.
Sentii fremere le dita delle mani, mentre l'intero mio corpo si riempiva di adrenalina.
La potevo chiaramente avvertire attraversarmi ogni singola vena, ogni singola fibra, ogni singola cellula.  
Amavo la caccia, ma non in qualunque sua forma.
Non mi interessava studiare il nemico e attaccarlo di sorpresa;
a me piaceva avvertire il terrore e la tensione nel cuore e nell'anima delle persone che cacciavo, amavo sentirmi implorare, e assaporare in loro tutte queste emozioni, quando me ne cibavo. Amavo uccidere in questo modo, quella era la mia natura.
Nell'osservare quella giovane ragazza, mi sentii già meglio, e la fame sembrò attenuarsi per un attimo.
Il mio corpo vibrava di impazienza.

Werewolf Hanya- L'Alfa dei lupi solitari.Where stories live. Discover now