CAPITOLO 11 ※ Rivelazione del dolore ※

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Quella richiesta cosí semplice mi spiazzó, solo in un posto si potevano vedere chiaramente le stelle in una notte tranquilla. Un luogo dove da piccolo insieme a mia madre andavamo per ascoltare la melodia della natura, un luogo di pace e di ricordi così lontani. Così presi Cristal e la condussi alle stalle dove incontrammo Amanda e Josué.
«Finalmente! È da un ora che vi aspettiamo piccioncini.»
Josué mi fece un occhiolino e lo rimproverai con uno sguardo acido.
«Voi due tornate al castello, devo mostrare una cosa a Cristal.»
«Daccordo fratellone sta attento.» Disse Amanda anticipando Josué.
Lei sorrise mentre trascinó via da un braccio Josué che non era per nulla d'accordo a lasciare il re da solo. Quei due erano veramente fatti l'una e per l'altra. Mi girai verso il cavallo e rimasi fermo un secondo ad ammirare il mio fiero e possente stallone squagliarsi per delle coccole di Cristal, che doppio giochista. Salii in groppa ed aiutai lei a posizionarsi per bene, sapevo bene che se l'avessi fatta cadere mi avrebbe sicuramente picchiato o persino ucciso. Cavalcai verso la costa sud attraversando un piccolo ponte ed un boschetto, la lanterna appesa illuminava il cammino ma sapevo fin troppo bene dove condurre lo stallone. Quella strada era ben impressa nella mia memoria. Arrivati alla costiera, legai le briglie del cavallo ad un ramo di un albero e scesi lungo la costa aiutando Cristal che si lamentava per l'impossibilitá di movimento che il vestito le donava. Dopo aver posato i piedi sulla sabbia alzai il viso porgendole una mano, ma lei non si mosse incantata dalla vista di quel luogo quasi magico. Mi allungai afferrandole la vita e la posai a terra, lei continuò a guardare il cielo, le stelle brillavano in un cielo sfumato dal diversi colori notturni. L'aqua nera così cupa e tranquilla riflettevano il cielo creando un perfetto specchio, sembrava esser un tutt'uno creando un panorama stellato. Lei alzó il vestito, si tolse le scarpe e corse verso il mare immergendo i piedi nell'acqua. Si chinó afferrando l'acqua tra le mani e me la gettò addosso.
«Ma che fai.»
Lei ridette divertita, mentre muoveva i piedi nell'acqua creando delle piccole onde. Mi avvicinai sedendomi sulla spiaggia, mi raggiunse sedendosi accanto a me separati da qualche centimentro lei continuó a guardare il cielo come una bambina si incanta a guardare un giocattolo.
«È bellissimo Grabiel grazie.»
«Ora mi chiami Gabriel?»
«Non odiavi esser chiamato Gabry?»
«Alla fine mi ero abituato, tanto so che anche se non mi piace continuerai a chiamarsi così.»
«E si.» Ridette, poi si coricó sulla sabbia alzando una mano verso il cielo.
«Quando ero sull'isola, no. Ovunque io fossi cercavo sempre le stelle, è un aspetto, una conoscenza a me così sconosciuta. Mi attrae, ma allo stesso tempo mi da pace, così lontane brillano per piacere di brillare.»
«Non ti piacciono le stelle allora, ti piace la loro luce.»
«Può essere, la sua splendente luce è così forte che il buio non può mai sovrastarla, non può inghiottirla, non può spegnerla, per questo è costretto a circondarla ma no a dominarla.»
Questo pensiero mi riportò alla mente la sua figura da bambina, così brillante come una stella...
«Una volta mia madre, la regina, mi disse che il mondo può essere disonestro e crudele ma il cielo saprà sempre mostrare il vero volto dell'umanità.»
«Tua madre era una brava persona. La più gentile che io abbia mai incontrato.»
«Vero, tu hai conosciuto mia madre il giorno che è morta.»
«Si, quindici anni fá. Ricordo perfettamente il suo sorriso e le parole che mi disse quel giorno mi hanno aiutato molte volte ad andare avanti.»
«Cosa ti disse?»
«Che è il momento di tornare al castello.»
Lei si alzò in piedi sorridendomi, che ragazza scaltra. I giorni a seguire furono pieni di lavoro burocratico, che mi costrinse a lavorare, lavorare ed ancora lavorare. Passavo interi giorni nello studio sommerso ad analizzare dati, conti e molte altre cose. La sera ero così stanco che il solo posarmi sul letto bastava a farmi andare nel mondo dei sogni. Una sera mentre ero ancora indaffarato nel lavoro, nello studio entrò Amanda con un vassoio.
«Ti ho fatto preparare questo, è un succo pieno di vitamine.»
Lei mi porse il bicchiere e bevvi il succo, ad un tratto sentii un brivido lungo la schiena. Il mio petto iniziò a bruciare, la vista si annebbiava.
«Che povero sciocco.»
Il volto di Amanda cambiò in quello di un uomo che si schiarí la voce per farla tornare naturale. Non era Amanda! I miei sensi mi stavano abbandonando, gettai il bicchiere a terra e mi alzai ma le gambe cedettero. Mi aggrappai alla scrivania con un braccio, nella stanza entrò il vecchio Aron che diede l'allarme, l'uomo corse verso la finestra scappando. Aron si avvicinò a me, poi rivolse lo guardo al liquido sul pavimento.
«Veleno!»
In un secondo i soldati mi aiutarono ad alzarmi ed andare nelle mie stanze. Amanda corse verso di me con il viso pallido.
«Fratello!»
«A-a-aman-da.»
Il mio respiro stava accelerando, il mio battito cardiaco anche. Il veleno stava iniziando a circolare nel sangue e non ci avrebbe messo molto ad arrivare al cervello ed al cuore. I medici di corte entrarono nella stanza, fecero uscire tutti ed iniziarono a visitarmi, ma non c'era nulla che loro potessero fare se no cercare un antidoto ed aspettare. Nella stanza entrò Cristal con il respiro corto e il sudore sulla fronte, si vedeva da lontano che era corsa fino a perdere il fiato per arrivare il prima possibile. Lei si avvicinò, ma i medici la bloccarono. Lei iniziò a scalciare ed ad urlare.
«Lasciatemi! No! No, lasciatemi!!»
Degli scheletri apparirono dal suolo scaraventando furiosamente i medici al muro, Aron la fermò da un braccio e gli diede uno schiaffo in viso.
«Calmati!»
Gli scheletri scomparvero, alzai la mano congedando i medici. Mi alzai mettendomi a sedere sul letto e questo mi provocò dolore.
«Non c'è... bisogno di allar-marsi... non è la prima volta che vengo...avvelenato...»
Aron si fece vicino e con un ago mi punse un dito, il mio sangue era nero. Cristal diede un calcio ad una poltrona.
«Dannazione! Lo uccideró quel bastardo!»
«Cosa... cosa succede?» Chiesi.
Aron sospirò e si sedette su una sedia vicino al letto chinandosi per appoggiare le braccia sulle ginocchia. Incrociò le dita ed inizió a parlare.
«Il veleno che hai assunto non è un semplice veleno. Viene dall'altro mondo, mortalmente fatale per l'umano. Ma questo veleno una volta messo in circolo nel corpo non può essere fermato, persino il potere di Cristal non può fermarlo. Solo l'antidoto può farlo, io conosco la ricetta ma mi occorre l'acqua cremisi.»
«Non ho mai... sentito questo nome... manderò delle guardie...»
«Non serve, quest'acqua si trova dell'altro mondo solvegliata dal mangia ossa. Un demone che divora persino gli stessi demoni. Solo i Dei possono arrestare la furia di quel demone, ecco perché questo veleno può esser stato creato solo da una persona.»
«L'anziano Sefar, quel mezzo mutaforme!» Urlò Cristal.
«Già, il suo dono gli permette di modificare il proprio corpo prendendo le sembianze del soggetto che preferisce, ma non solo, gli permette di acquisire i suoi ricordi e la sua voce.»
Cristal uscì dalla stanza infuriata, lasciandoci da soli. Il dolore stava diventando sempre più insopportabile, il vecchio mi passò un bicchiere d'acqua e ci volle un bel po' prima che la mia mano assecondasse il comando mandato dal cervello per afferrarlo. Bevvi l'acqua ma non diede nessun effetto.
«L-le-lei...»
Aron mi guardò, prima di prendere un fazzoletto bagnato e posarlo sul mio collo. Sentii un dolce sollievo di frescura, sentivo la mia gola secca rendendomi difficile persino respirare o ingoiare. Nella stanza entrò Amanda che si sedette vicino al letto mentre mi stringeva le mani mostrandomi il giardino della mamma di cui lei si prendeva cura.
«Guarda fratellone, le rose bianche della mamma stanno per fiorire. Devi riprenderti così le vedremo insieme...»
Nella stanza entrò Amanda con indosso delle calze nere, una maglia bianca a mezze maniche, un pantaloncino e degli stivali. Lei andò dritta verso il muro e spostò il tavolino gettandolo a terra, con un carboncino nero iniziò a disegnare dei strani segni sul muro. Aron riconobbe quei segni ed urlò contro Cristal:
«Sei impazzita! Sai bene che solo i Dei possono sopravvivere in quel luogo! Vuoi buttare così la tua vita!»
Lei lo ignoró chiamando a gran voce il signor gatto che dopo due secondi apparse.
«Gatto aprì il portale.»
«Vuoi sul serio andare in quel posto? Io non potrò aiutarti, nessun demone verrà in tuo aiuto in quel luogo.»
«Loro no gatto, ma io ho lui.»
«È rischioso usarlo! Potrebbe...»
«Lo so gatto! Ritornerò sicuramente.»
Poi si voltò verso di me guardandomi. Il gatto intanto prese la sua vera forma sdraiandosi sul pavimento vicino al muro. Sulla sua fronte comparve un segno illuminato che si collegó con quelli al muro. Dai segni iniziò a colare un liquido denso di colore scuro, un rosso quasi nero. Il liquido si espase sul pavimento, Cristal continuó a guardami poi mi sorrise:
«Cerca di non morire mentre sono via idiota.»
«I- idiota a chi... ti sgrideró a dovere appena... torni.»
Lei rise, si avvicinò al liquido ed incrociando le mani al petto posò un piede sopra scomparendo al suo interno. Il liquido risalí la parete ritornando nei segni mentre il signor gatto si accasció a terra addormentato nella sua forma demoniaca. Dopo qualche secondo i dolori diventarono così forti che dovetti coricarmi nel letto, mandai tutti via restando da solo. Se proprio dovevo morire non avrei voluto che Amanda e gli altri assistessero al mio dolore. Dovevo combattere contro il veleno anche se in quel momento il manico del coltello era rivolto verso il nemico. Ci volle poco tempo per addormentarmi profondamente, sentii una ninna nanna. La ninna nanna di mia madre, aprii gli occhi e la vidi. Lei sedeva sul prato sotto l'albero, i raggi del sole che filtravano dalle foglie colpivano leggermente i suoi capelli d'orati facendoli brillare. Mi accarezzó il capo posato sulle sue gambe proprio come da bambino.
«Madre...»
«Shhh dormi piccolo mio, nessuno ti farà del male mio forte ometto.»
«Mi sento così inutile madre.»
«No figlio mio, tu sei forte molto forte ma devi crederci...devi volerlo.»
«Come madre, come posso proteggere tutti se io sono il primo nella lista nemica.»
«Devi scoprirlo da solo, ricorda: "Ciò che il predatore vede è solo ciò che la vittima vuole lasciar vedere." Il mio tempo è ormai scaduto.»
Lei si alzò e camminó via immergendosi tra i rovi di rose bianche. Gli corsi dietro ma qualcosa mi afferrò dalle gambe trascinandomi via da quel luogo. Mi ritrovai tra le macerie del castello, il suono della campana ricopriva l'intero spazio. Sentii un pianto, corsi verso quel suono e notai che quello non era il mio castello, dove ero finito non ne avevo la più pallida idea. Da lontano vidi mia madre quando era giovane, tra le braccia stringeva un piccolo pargolo, mentre urlava:
«Hai perso il senno sorella! Smettila! Stai portando solo caos!»
«Sei così sciocca Seila! Siamo nate per questo, il mondo sarà nostro.»
«Basta Katia, ti prego basta con questo dolore.»
«È colpa tua sorella, tutto questo è accaduto per causa tua. Hai distrutto il legame, ora io distruggeró te!»
Le mie gambe cedettero finendo con le ginocchia a terra, mia madre aveva una sorella... legame rotto? Quale legame... una fitta mi colpì l'addome, chinai il capo e vidi un taglio estendersi sulla mia pelle diventando sempre più ampio. Il taglio si aprì in due iniziando a sgorgare un liquido nero, cercai di portarmi le mani all'addome ma quel liquido continuò a scendere sul pavimento. Pavimento... quando alzai gli occhi il luogo era cambiato ora mi trovavo nella stanza di una torre. D'avanti a me un enorme porta si estendeva piena di catene e catenacci. Il liquido iniziò ad andare verso la porta entrando al suo interno, i catenacci iniziarono a rompersi cadendo a terra uno dopo l'altro. Quando cadde l'ultimo catenaccio la porta si aprì, un enorme occhio si aprì nel buio della stanza mostrando le sue zanne bianche in un ampio sorriso. La creatura alzò una specie di zampa cercando di afferrarmi, il mio corpo era bloccato a terra non riuscivo a muovermi ad un tratto d'avanti a me comparve la piccola brillante Cristal nel suo abito bianco. Alzò una mano verso la zampa e il mostro si ritrasse all'interno della stanza come se risucchiato. Le catene e i lucchetti si alzarono legando nuovamente la porta, la piccola si girò verso di me e mi colpì la fronte con un dito. Ad un tratto aprii gli occhi, mi ritrovavo nella mia stanza. Mi misi a sedere respirando affannosamente, il dolore era insopportabile. La vista era annebbiata ma comunque riuscii a farmi forza per andare nel bagno, levai la camicia gettandola a terra. Apri il rubinetto del lavandino e mi gettai l'acqua addosso per rinfrescarmi, alzai il volto guandando il mio corpo ricoperto da ferite. Il veleno stava letteralmente corrodendo la mia carne provocandomi ferite, un colpo di tosse mi fece sputare sangue dalla bocca, alzai una mano per cercare di ripulirmi ma non riuscii a fare nulla. Il sapore del sangue si era ormai impadronito della mia bocca, il veleno era arrivato agli organi interni. Feci qualche passo per ritornare sul letto ma dopo poco mi dovetti bloccare, la vista era diventata confusa il capo iniziò a girare. La stanza sembrava essere una ruota di un carro, mi posai al muro e mi lasciai cadere a terra. La testa iniziò a fare male come se qualcuno la stesse spremendo con forza. Le mie orecchie fischiavano, ma sentii chiamarmi più e più volte, avrei tanto voluto rispondere ma la mia voce non uscì. Dalla porta del bagno comparve Cristal, era ricoperta di sangue. I suoi vestiti erano stati per la maggior parte strappati, i suoi capelli erano arruffati, il suo corpo pieno di graffi e ferite di graffi. Lei si avvicinò a me posandosi con le ginocchia a terra, mi prese il viso tra le sue mani e lo sollevò. Mi chiamava più e più volte, la sua voce tremava. Iniziò ad urlare:
«ARON! ARON!»
Lei si alzò ma riuscii ad afferrare un suo polso, stavo morendo lo sentivo. In poco tempo avrei chiuso gli occhi lasciandomi portare via, volevo che lei non andasse via. Sapevo che era meschino da parte mia farle assistere alla mia morte e donargli altro dolore ma il pensiero di morire da solo mi assalí. Avevo paura di morire da solo, non volevo rimanere in quel posto solitario. Aron entrò nella stanza.
«Cristal! Gabriel!»
«Presto Aron prendi!»
Lei gli porse una boccietta che prese aprendo la bocca. Andò via per poi ritornare veloce con delle erbe ed un mortaio. Iniziò a schiacciare le erbe con grande velocità, poi aprì la boccetta datogli da Cristal.
«L'acqua cremisi... sei riuscita a prendere l'acqua degli Dei, che solo loro possono prendere...»
Aron versò l'acqua nel trito di erbe e mescoló unendo il tutto. Filtró il liquido per eliminare le erbe e porse la ciotola a Cristal che l'afferró.
«Gabry aprì la bocca.»
Cercai di fare come mi aveva detto ma le mie labbra non volevano aprirsi, sentivo il mio corpo diventare sempre più freddo e debole. Sentivo le palpebre diventare sempre più pesanti, alzai una mano posandola sul viso di Cristal con il pollice gli pulii la guancia sporca di sangue. Lei si morse il labbro inferiore mentre i suoi occhi divennero lucidi. Lei alzò la ciotola bevendo il liquido al suo interno, le forze mi abbandonarono così chiusi gli occhi. Sentii una dolce sensazione di morbida carne sulle labbra, una sensazione calda e umida. Sentii un liquido entrare nella mia bocca fino a scivolare giù nella gola, il liquido caldo si mescoló al sangue. Quelle morbide labbra sulle mie si allontanarono. Ma il mio corpo non reagì, era troppo tardi. Prima di lasciarmi andare completamente riuscii a sentire le ultime parole pronunciate da Cristal.
«Non ti lascerò morire idiota! Ti verrò a prendere all'altro mondo se necessario, quindi muovi il culo e riprenditi! MI HAI SENTITO!»
Quelle parole mi accesero come una fiamma, il mio corpo iniziò a bruciare sentivo che le forze stavano ritornando. Aprii gli occhi:
"Non c'è bisogno di gridare ti ho sentito.»
Cristal aprì la bocca mentre mi guardava incredula, poi alzò una mano e la tirò con forza dritta sul mio viso.
«Ma che diavolo! Perché ora mi schiaffe...ggi...»
Girai il capo rivolgendomi verso Cristal e mi bloccai, stava piangendo, alzò una mano asciugandosi gli occhi.
«Ci... ci hai messo troppo... idiota...»
Lei mi rivolse un sorriso, poi alle sue spalle comparve il signor gatto in forma demoniaca.
«Cristal il sigillo si è rotto.»
«Si... sono esausta... non riuscirò a tenerlo a bada ancora per molto, lascio il ripristino a te gatto.»
Cristal chiuse gli occhi e svenne posandosi sul ventre del signor gatto. Lui avvicinò il muso sul suo petto, un cerchio con strani simboli comparve sul suo petto diventando sempre più grande fino a coprirgli l'intero torace. Lei aprì la bocca alzando il petto e stringendo le mani a pugni, allungai una mano verso di lei ma Aron mi fermò.
«No, il sigillo deve essere ripristinato o il demone nel suo corpo potrebbe uscire fuori. E il momento che tu sappia alcune cose riguardo a lei, questa sera ti racconterò tutto ciò che so.»

L'esiliataHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin