Capitolo 32

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La sua risposta mi arrivò quasi ovattata, un'ombra catturò la mia attenzione e costrinsi le i miei a posarsi su ogni movimento che riuscissi a identificare, vidi qualcuno correre e per quanto riuscissi a fare lo stesso in quelle condizioni quell'ombra tornò a mischiarsi con le mille altre e persi le speranze di scoprire di chi fossero quegl'occhi che sembravano seguire ogni mio movimento.

Riprensi il telefono abbandonato nel palmo della mano e sentii chiamarmi, lo poggiai all'orecchio cercando di riportare la mia attenzione su quella voce invece che sulle palpitazioni del mio cuore.

"Alyssa, che succede?"

"Niente, ci vediamo al parco vicino casa tra venti minuti, sii puntuale" le ultime parole erano dettate da quell'ansia che sembrava non voler lasciare la mia pelle, mi incamminai lentamente verso quella che la mia mente ricordava come la strada per arrivare al parco.
Per una volta sembrava che il mio senso dell'orientamento funzionasse.
"forse per la botta che ho preso alla testa" mi ritrovai a pensare ridendo.
Mi siedo su una panchina circondata da grandi quercie e inspiro quell'aria fresca che sembrava alleviare le diverse ansie di quella giornata.
La mia mente era vuota, non so cosa avrei detto una volta aver visto il suo volto e purtroppo non riesco ad articolare nessun pensiero perchè il suo profumo sovrasta i miei sensi e mi giro nella sue direzione e vengo improvvisamente presa dalla consapevolezza che questo ragazzo sembra essere una divinità, il suo ciuffo tirato all'indietro viene raggiunto dalle sue mani appena mi vede, i suoi occhi blu come il fondo dell'oceano in quel momento sembravano affogarmi, i suoi denti raggiunsero le sue labbra, segno del suo nervosismo latente.

Il suo corpo era protetto da una lunga giacca nera, mi fece un mezzo sorriso appena si rese conto del mio sguardo che vagava su di lui e rispondo con un accenno di saluto. Viene a prendere posto vicino a me e cerco di rilasciare l'aria che avevo trattenuto fino a quel momento sperando non se ne accorgesse.

"Nervosa?" a quanto pare avevo fallito, si gratta dietro la nuca mentre mi guarda e faccio passare un ultima volta lo sguardo sul suo volto prima di rispondere.

"E a quanto pare non sono l'unica" la sua risata mi porta ad unirmi a lui.

"Dobbiamo parlare Dean, merito una spiegazione" quel momento di iralità termina e nei suoi occhi passa un qualcosa di oscuro che mi porta a continuare il discorso.

"Mi sta bene se non vuoi iniziare un qualcosa o andare oltre, ma voglio una spiegazione di perchè di quel bacio, voglio sapere perchè lo hai fatto per pentirtene subito dopo, se è stato solo il momento o.." la sua voce mi interrompe, bassa e roca come un felino che intimava ai suoi nemici di mantenersi lucidi e pronti per un attacco.

"Non me ne sono pentito, non me ne pentirei mai"

"E allora cosa?" caccia l'aria in uno sbuffo e dopo essere aver passato la mano nei capelli mi guarda

"Sei la prima, dopo lei" sono la prima? Ma se ha avuto almeno una quarantina di ragazze, sembra aver capito la mia confusione perchè scioglie i miei dubbi.

"La prima dopo di lei per cui io abbia provato qualcosa" le sue parole sembrano bruciare sulla sua lingua perchè stringe i pugni fino a far diventare le sue nocche bianche.
Le sue parole fanno crescere qualcosa in me che purtroppo reprimo alla vista della sua rabbia in quel momento.

"E non è una buona cosa?" azzardo, il suo sguardo mi fa ammutolire.

"Dio, no! Io non devo provare sentimenti, vedi come..come sono finito l'ultima volta. Io non reggo, non posso reggere tutto ciò, ho finito per essere un burattino una volta e non lo sarò una seconda!" stava quasi urlando e la rabbia che venne scaturita in me al suono delle sue parole fù incontrollata.

"Guardati, cazzo! Sei giovane. Sei spaventato. Perchè sei spaventato? Smettila di essere paralizzato. Smettila di testare le tue parole. Smettila di valutare ciò che puoi o non puoi fare, fallo e basta! Lascia al tuo cuore la libertà che merita, lascialo vivere e concedigli la vita" mi rendo conto di aver urlato solo dopo aver sentito il fiato mancarmi, i suoi occhi sono sgranati e mi guarda come se mi vedesse per la prima volta, fà per avvicinarsi ma si allontana immediatamente come se fosse stato colpito da una scossa.

"Non posso, tu non sai cosa ho dovuto passare, non sai della droga, dell'alcool e della merda che ho dovuto subire mentalmente" lo guardo impassibile

"E c'eri tu quando mio padre tornava a casa tutte le sere ubriaco e picchiava a turno me e mia madre? Quando ho sofferto di problemi di autolesionismo, droga, quando venivo picchiata dal mio ragazzo? Eh caro? Eri con me? No, non mi sembra eppure guarda, sono qui a parlare con te e no, non mi sto fottutamente tirando indietro con la coda tra le gambe!" i suoi occhi sono bassi, passano dal mio volto agli uccellini che raccolgono rametti dal terreno.

"Me ne vado" mi alzo lentamente e mi accorgo che mi sta fissando ora

"Cosa?" la sua domanda è piena di paura, come se lasciarlo lì da solo avrebbe comportato qualche sorta di problema

"Me me vado, Dean. Non sembra che questo discorso stia andando per il meglio e non sono io a dover attuare un cambiamento. Voglio farti solo una domanda, prima di andarmene" i suoi occho sono fissi nei miei e attende immobile

"Cosa speravi di ottenere con tutte quelle parole dolci in ospedale? Cosa avresti fatto dopo che io sarei abboccato all'amo? Avresti giocato e poi saresti scappato come hai fatto con tutte?" scuoto la testa "Con me non funziona" detto questo prendo la mia strada e credo di non aver mai odiato queste stampelle come ora, starei correndo in questo momento, tutto per poter sfuggire al suo sguardo che sembrava incenerirmi la schiena.
Solo quando arrivo a casa scoppio in un pianto isterico, più dettato dalla rabbia che dalla tristezza.

Sento un richiamo, come quello delle sirene che attiravano i marinai e come un drogato viene attratto dalla siringa la mia gola venne attratta da quel liquido ambrato e amaro.
Le sigarette avevano creato una cappa maleodorante in quella stanza ma il mio corpo si rifiutava di alzarsi da quel divano, una risata prorompe dalla mia gola.

"Chi vorrebbe mai stare con l'ubriacona? Sono solo una matta" qualcuno bussa alla mia porta e controllo l'ora, è l'una del mattino e facendo un breve calcolo sono qui a bere da 3 ore "Sono molto resistente, devo dire. Una vera e propria campionessa" il costante bussate mi riporta alla realtà e sentendomi pesante e poco stabile decido di non alzarmi.

"Non è permesso, anche se tu fossi un ladro, ruba tutto, sono stanca"

"Se fossi un ladro credi che mi metterei a bussare?" la voce di Dean risulta spenta e stanca tanto quanto la mia.

"Poteva essere un ladro gentile, non so come funziona da queste parti"

"Mi puoi aprire?" mi alzo a fatica zoppicandoca su una stampella e apro la porta lasciandolo entrare, mi sbilancio troppo in avanti rischiando di cadere ma vengo prontamente afferrata dalle sue braccia, mi prende in braccio e mi porta sul divano.

"Avevi ragione" la sua voce calda soffia sul mio volto

"Riguardo al fatto che sei un vigliacco pezzo di merda? Si, avevo ragione"

"Vorrei tanto baciarti im questo momento" gli scoppio a ridere in faccia

"Vorresti vero? Sono così invitanti queste labbra, morbide, le vedi?" mi passo la lingua sulle labbra per accentuare l'enfasi delle mie parole e lo vedo deglutire.

"Beh ti sei giocato il tuo jolly, ragazzo.
È tutto finito, andato, ti sei giocato la tua possibilità solo poche ore fa e ore sei qui che speri in un mio bacio? Sei sorprendente, davvero"

"Alys io..devo parlarti"

"Sono tutta orecchie" si prende i capelli tra le mani e mi guarda sconfitto cercando di alleggerire il peso che porta su quel cuore stanco, simile al mio.

ResilienceWhere stories live. Discover now