Capitolo 28

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Gliel'avevo cantata fino a quando non aveva stretto la sua mano nella mia e poggiando la testa sul cuscino era caduta in un sonno profondo, sono ancora qui a tenerle la mano perso nei miei pensieri quando sento la porta aprirsi e una figura dai capelli biondi far capolino all'interno, Lily.

Si avvicina cautamente al letto e si posizione al capo opposto al mio.
"Si è addormentata?" muovo la testa per farle un cenno e rimaniamo in silenzio per un pò

"Grazie" alzo gli occhi dalla figura sul letto a quella in piedi e assumo uno sguardo interrogativo.

"Grazie per esserle stata vicina, non credo si sarebbe svegliata senza te accanto" la guardo inarcando un sopracciglio.

"Sà che sua figlia ha subito un'altra crisi che l'ha portata a svegliarsi precocemente e riportando un disturbo dissociativo?" la sua espressione è un lampante no e il fatto che non sappia nulla di sua figlia mi porta a riconsiderare la sua figura.
La guardo, per scovare di nuovo quel risentimento nei suoi occhi ma ciò che vedo mi lascia interdetto: lei sà.

"Lei è a conoscenza del perché quando l'ha sentita parlare ha avuto una crisi, vero? E scommetto che se si sforzasse riuscirebbe a capire anche il motivo del suo risveglio brutale, non è così?" mi guarda e serra le labbra

"Ho solo un'idea, devo prima confermare le mie tesi" l'espressione risoluta mi convince delle sue buone intenzioni e le ripropongo il cenno con la testa. Quando poco dopo se ne và esco fuori con l'intento di avvisare Ania e dirle di avvisare gli altri, così come successo a me anche lei viene colpita da una sorta di malinconia per le disgrazie di Alyssa.
Parlando in questi giorni con mia sorella ho capito quanto fosse importante per lei questa amicizia, piangeva spesso la notte o veniva a dormire con me (se ritornavo a casa) dicendomi sempre che aveva paura di non rivederla fuori da quel letto e io dovevo mettere a lato le mie paure per consolarla, veniva spesso in ospedale e mi faceva uscire per raccontare ad Alyssa la sua giornata, un pò come facevo io.
Zac le è stato sempre vicino, era quasi diventato la sua ombra e gli sono grato di tenere a cuore mia sorella nonostante tutto ciò mi fosse sospetto.
In quanto al biondino, mi ha chiamato ogni giorno per sapere se si fosse svegliata e veniva quando poteva mentre io mi sono comportato come un padre protettivo, volevo esserci solo io, avevo paura che la toccassero troppo, che muovessero qualche filo o dicessero qualcosa di sbagliato. Avevo sempre i nervi a fior di pelle per l'ansia e la mancanza di sonno mi ha portato ad essere teso come una corda di violino.

Nego a mia sorella di venire in ospedale, se la vista di lei in coma le aveva causato quel dolore, non riuscivo ad immaginare vederla in quello stato cose le avrebbe potuto provocare.
Cristo, io ero fottutamente incazzato, sentivo delle scosse pervadermi il corpo. Avevo bisogno di correre, camminare, qualsiasi cosa.
Dovevo allontanarmi prima di commettere qualche stronzata.

Guardo dentro la stanza e assicuratomi del suo sonno profondo mi reco fuori dall'ospedale per prendere la macchina. Mi sento uno sguardo addosso, mi giro alla ricerca di qualcuno ma non vedo nessuno tranne qualche infermiere in pausa.
Entro in macchina e mi dirigo verso casa, mi fiondo nello scantinato e inizio ad allenarmi, il sacco appeso al muro inizia a vibrare sotto l'attacco tempestivo dei miei calci e pugni, continuo fin quando non sennto di essermi rimpadronito della mia calma, fino ad avere i dolori ai muscoli. Salgo le scale cercando di non far nessun tipo di rumore, con l'intenzione di non dover affrontare nessuno della mia famiglia e vado a farmi una breve doccia prima di ritornare in ospedale.
Lo specchietto retrovisore mi mandava un'immagine che non mi apparteneva, le profonde occhiaie solcavano gli occhi stanchuli e mi sentivo debole come se il peso di quella settimana mi fosse ricaduto addosso. Prendo un profondo respiro prima di recarmi all'interno, la porta della sua stanza è ancora chiusa ma sento una voce all'interno.

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