Capitolo 11

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Venni dimessa dall'ospedale dopo un paio di settimane, in cui non avevano fatto altro che monitorarmi ma lo capivo. Non capitava tutti i giorni di ritornare dal mondo dei morti, e, ironia a parte, ero ancora turbata dalla storia della morte apparente. Credevo fosse solo una favola inventata da gente che voleva un po' di fama, eppure mi ero sbagliata di grosso. E me lo faceva notare il pacemaker sul petto che controllava il battito cardiaco del mio cuore, e una livido violaceo sull'avambraccio destro per via della flebo. Ed era stato assolutamente un miracolo che fossi ancora viva, che non fosse solo una favola per chi cercava notorietà.

Quando fecero entrare Matt nella mia stanza fu uno dei momenti più commoventi della mia vita. Non l'avevo mai visto versare una sola lacrima, eppure un fiume in piena mi aveva bagnato tutto il letto. E io non ero stata da meno, tutto il dolore fisico sembrò come scomparire per un attimo quando lo riabbracciai.  La sua mano calda mi aveva ancora dato brividi e ringraziai il cielo per non avermi presa con sé.
Avevo rivisto i miei genitori, dopo parecchio tempo. Mia madre era più bella che mai, e mio padre...beh, lui sarà sempre l'uomo più forte e coraggioso che potrò mai incontrare. Erano stanchi ma felici di essere lì con me e mi ero ripromessa che sarei dovuta andare più spesso a trovarli. Mi erano mancati da morire.
C'erano tutti lì per me, e non potei immaginare convalescenza migliore di quei parecchi giorni, che senza di loro e il supporto che mi davano non sarebbero passati mai. Sarebbe stato un totale inferno.
Per tutta la mia permanenza non avevano fatto altro che raccontarmi le novità e farmi ridere. Chloè mi aveva addirittura comprato dei muffin che erano espressamente vietati, ma si sapeva: il rischio di essere beccata era più elettrizzante dell'azione stessa. E tra un muffin e l'altro mi aveva anche raccontato della proposta che le aveva fatto Peter di andare a vivere insieme. Ero elettrizzata quanto, o forse più di lei. Mi ero persa davvero troppe cose nell'ultimo periodo prima dell'incidente, e non le avevo concesso il tempo che tanto si meritava. Ma, per lo più, non avevo nemmeno avuto fiato per respirare in quei giorni. Era successo tutto così in fretta: la mia "fuga" e il ritorno a casa, il rapimento e poi l'incidente. Non c'era stato un attimo in cui mi ero fermata a pensare o a riflettere. Tranne per la giornata sulla mongolfiera e poi quel brindisi romantico al chiaro di luna. Era stata la giornata più bella e felice della mia vita: Matt mi aveva dichiarato i suoi sentimenti, e mi aveva detto che mi amava.

Sorridevo da sola, ripensando a quella giornata, mentre fissavo la mia tazzina di caffè.

- 'Il caffè non si trasporterà magicamente dentro la tua bocca sorridendogli.' Mi guardò Matt trattenendo quelle stupide risate che avrebbe tanto voluto far uscire.

- 'Non dovresti parlare così ad una malata!' Strizzai gli occhi e storsi la bocca, da dietro il bancone della mia cucina.

- 'Pensavo non volessi che ti reputassi tale.' Mi guardò dall'altra parte, mentre preparava anche il suo caffè.

- 'In questo caso si.' Gli sorrisi alzando un'angolo della bocca. 'Per tutto il resto no!'

Ecco un'altro aspetto negativo del post-incidente. Tutti mi trattavano come se fossi una bambola di porcellana pronta a cadere a terra da un momento all'altro e rompersi in mille pezzi.

- 'Non mi farai cambiare idea.' Mi disse Matt. Sospirai, bevendo il caffè.

- 'Dopo pranzo devo andare in centrale.' Lo informai.

- 'Di già? Non sarebbe meglio un'altro giorno?' Disse storcendo la bocca.

- 'O prima o dopo non cambia Matt.'

- 'Okay, ma ti accompagno io.' Eravamo alle solite. 'Non fare quella faccia.' Si mise a braccia conserte e venne verso di me, oltrepassando il bancone che ci divideva.

- 'Non c'è bisogno che mi accompagni tu, davvero!' Esclamai esasperata, nella speranza di convincerlo.

- 'Non ricominciare.' Si mise a sedere di lato a me. 'Potrebbe succedere qualcosa durante il tragitto e...'

- 'Oddio no! Non succederà nulla Matthew.' Con la coda dell'occhio lo vidi guardarmi di traverso.

- 'Non mi piace quel commissario.' Si girò completamente per guardarmi. 'Non voglio che ci vai sola.' Ecco ora si spiegava il motivo di tutta questa insistenza. Gli uomini...creature mistiche che lottavano da tempo per mantenere il primato.

Mi girai anche io verso di lui. 'Allora è questo, sei geloso!' Sghignazzai.

- 'Geloso? Io?' Sbuffò. 'Potrebbe provarci con te o farti del male.'

Lo guardai alzando un sopracciglio. 'Sul serio? Un commissario tenterebbe di stuprarmi o peggio alla centrale stessa? Inventane una migliore!'

- 'Non mi importa quanto sia improbabile. Voglio accompagnare la mia fidanzata in un posto okay?' Mi prese le mani. 'Ho paura di perderti Emma, che ti capitasse qualcosa per colpa mia.' Ora si spiegava meglio tutta la situazione. Oltre all'essere la protezione fatta persona, Matt si sentiva il colpevole per tutto quello che mi era successo.

- 'Non è colpa tua.' Come poteva dire una cosa del genere? 'Non pensarlo nemmeno!' Aggiunsi.

Mi baciò e per il momento la questione si concluse li. Non avevo protestato ulteriormente, se l'accompagnarmi e starmi vicino poteva farlo sentire meglio non glielo avrei negato. Mangiammo a casa mia, non aveva intenzione di lasciarmi sola nemmeno per andare in bagno, era imbarazzante.

- 'Andiamo?' Dissi prendendo la borsa.

Annuì e guidò fino al distretto con la sua macchina. Ci fu un attimo in cui per poco non fummo investiti e li ebbi di nuovo il flashback dell'incidente.

- 'Amore, tutto bene?' Mi chiese il mio ragazzo.

- 'Si...' Dissi un po' titubante. 'Tutto bene.' Ero turbata, la notte dell'incidente continuava ad apparirmi in sogno e qualunque cosa attinente faceva riaffiorare ricordi che forse avevo dimenticato.

[COMPLETATO](SEQUEL) Conflitti d'amore - "Niente è come sembra".Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora