35 - NUOVE ALBE

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Viorica



L'orologio a parete segna le sei e mezzo, quando il primo chiarore inizia a sbiadire l'orizzonte, fuori dalla finestra.

Si spengono le stelle, una per una.

Con una lentezza esasperante, comincia a riemergere la luce.

È flebile, avvolta dalla nebbiolina del mattino, chiara e azzurrina come solo l'alba invernale sa essere, eppure c'è. E arriva debole a rischiarare gli angoli di questa stanza avvolta nel silenzio, e le punte dei capelli di Nikolas che mi solleticano il collo, il profilo del suo naso, le ciglia frementi, le labbra socchiuse.

Si è addormentato con la testa sulla mia spalla, rannicchiato contro di me come un bambino, stretto in un abbraccio che non mi sarei mai immaginata di arrivare a dargli.

Ha la pelle che brucia ancora per l'enfasi del pianto. È crollato così tardi che non so dire nemmeno che ore fossero con precisione.

So solo che io non ho chiuso occhio, e che adesso ho il polso della mano destra quasi indolenzito, perché senza rendermene conto ho passato tutta la notte ad accarezzare la mano di Nikolas, abbandonata inerte sulle mie gambe.

Di tanto in tanto le sue dita venivano scosse da tremiti, come se stesse sognando, e allora io le stringevo forte e lui si calmava. E io ricominciavo ad accarezzarlo.

Chiudo gli occhi e li stringo, cercando di zittire questo senso di angoscia che mi sta bucando il petto.

L'amore è solo una spina nel fianco che si deve sperare di non trovarsi mai conficcata nella carne.

Solo adesso capisco che cosa intendesse quel pomeriggio, quando ha pronunciato queste parole.

Quello che Nikolas si porta dentro, quell'emozione straziante che mi ha espresso questa notte, è forse quanto di più terribile ci sia al mondo.

Vedersi strappare una persona che occupa una parte fondamentale nel nostro cuore, così brutalmente, è ingiusto e meschino, e io mi sento orripilata e dispiaciuta e tremendamente impotente al pensiero di quello che lui deve aver attraversato quella sera di due anni fa, trovandola già morta al suo arrivo.

Vorrei dirgli qualcosa che possa aiutarlo, vorrei farlo stare meglio, ma so che non posso.

La cicatrice che si porta addosso è incurabile.

E ha ragione ad essere arrabbiato col mondo.

Ha ragione a voler di tanto in tanto trovare un modo per staccare la spina.

Nessuno è fatto per affrontare un dolore simile.

Eppure fa così tanto parte della natura umana, soffrire, che mi chiedo quand'è che il cielo smetterà di punirci per un peccato che noi poveri disgraziati non abbiamo commesso e ci darà un po' di pace.

Vorrei che Nikolas la trovasse, la sua pace.

Ma non è qualcosa che succederà, non nell'immediato futuro, e di sicuro non grazie a qualcun altro.

Deve imparare a convivere con quello che è accaduto, deve cercare di assimilarlo e trovare un nuovo equilibrio nella sua vita, un equilibrio che includa il lutto e il ricordo di Tania, e tutto ciò che vi è connesso.

Solo così potrà sentirsi un po' meno peggio.

Ma guarire del tutto... quello non penso che sarà mai possibile.

Sento un movimento, la sua testa arruffata si muove un po' sulla mia spalla. Il suo respiro non è più placido e regolare.

Si sta svegliando.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now