2 - PRESENTAZIONI

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Viorica


Gemiti, ansiti e grugniti. Queste sono le prime cose che mi accolgono, accompagnate dalla vista scandalosa di un uomo e una donna avvinghiati contro una delle tante scrivanie in legno scuro. Lei è seduta sul tavolo con il vestito sollevato fino all'inguine e dà le spalle alla porta.

Lui è incastrato in mezzo alle sue gambe, i folti capelli biondo cenere arruffati intorno al viso che tiene premuto nell'incavo del collo della donna. Tiene le mani arpionate ai suoi fianchi e ondeggia ad un ritmo costante.

Tutto questo si presenta ai miei occhi nella frazione di un secondo, e non riesco a frenare l'esclamazione scioccata che mi sfugge di bocca. «Oh, merda».

I due si immobilizzano immediatamente e voltano di scatto le teste nella mia direzione.

«Cazzo», sbotta l'uomo – abbastanza giovane a vederlo – fissandomi addosso un'occhiata infastidita.

Un momento...

Infastidita?

Sento il sangue affluirmi di colpo alle guance e per poco non perdo la presa sulle chiavi che stringo tra le dita. I miei occhi schizzano impazziti tra i due sconosciuti, e sono talmente paralizzata da non riuscire a muovere nemmeno un muscolo.

«Oh... io... sc-scusatemi... io non...». Non ho idea di cosa dovrei dire a questo punto, mi sento come se fossi appena entrata clandestinamente in un luogo che mi dovrebbe essere precluso, anche se sono abbastanza sicura che non sia così.

Nel disperato tentativo di tirar fuori parole di senso compiuto, la mia bocca socchiusa finisce per seccarsi, e il mio silenzio sembra indispettire ancora di più l'uomo fermo oltre la scrivania.

«Ti sembra il modo di entrare?».

Mi ci vuole un po' per registrare quella frase.

Spalanco gli occhi e li pianto nei suoi, incredula. «Cosa... ma... io... è l'aula insegnanti!», squittisco, imbarazzata e confusa oltre il limite massimo. Non voglio sembrare maleducata, non il mio primo giorno e non con persone che incontro per la prima volta, così mi mordo la lingua prima di aggiungere qualche osservazione sull'indecenza di quello che stavano facendo.

«Sì, e allora?», replica lui, schietto.

Rimango immobile, congelata dallo stupore. Boccheggio come un pesce fuor d'acqua, incapace di mettere davvero a fuoco questa situazione.

Poi il mio sguardo si sposta sul viso della donna, i cui capelli scuri sono spettinati e arruffati in punti dove immagino si siano strette le dita di lui. Ha le guance rosse, non so se per la vergogna o se per l'enfasi del momento che ho appena interrotto.

Dopo aver sbattuto le ciglia un paio di volte, si riscuote e si divincola rapidamente dall'intreccio di bracca e gambe in cui era ancora bloccata.

Distolgo lo sguardo appena in tempo per non dover vedere cose che non voglio vedere.

Nel girare in fretta la testa, la frangia mi finisce tutta negli occhi.

«Accidenti, Nik, te l'avevo detto di chiudere a chiave!». Balza giù dal tavolo risistemandosi i vestiti, mentre lui agguanta l'orlo calato dei pantaloni per tirarli su insieme ai boxer. Io continuo a tenere gli occhi puntati altrove, seguendo la scena solo con il campo periferico dello sguardo.

«Ero un tantino impegnato a fare altro, non so se te ne sei accorta», replica lui, guadagnandosi un impropero in risposta. Con la coda dell'occhio lo vedo appallottolare qualcosa e con un tiro impeccabile gettarlo nel cestino accanto alla porta.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now