6 - A CASA

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Viorica

«Papà, non c'era bisogno che venissi a prendermi in auto. Il villaggio è proprio qui sotto, potevo camminare», gli faccio notare, mentre me ne sto a braccia conserte in mezzo al cortile principale della scuola.

Lui mi fa cenno di salire dal finestrino abbassato, senza levarsi per un secondo quel placido sorriso dalle labbra. «Minaccia pioggia anche oggi, fiorellino. Non mi andava di farti camminare sotto il temporale».

Ha ragione.

Se fossi rimasta qui dopo il liceo, forse mi sarei comprata una macchina mia, e a quest'ora sarebbe parcheggiata qui al castello insieme a quelle di tutti gli altri insegnanti. Invece, trasferendomi in una città all'avanguardia come Amsterdam, la macchina non l'ho praticamente più toccata – ad eccezione di brevi spostamenti con la vecchia carretta della zia Ivona – e ora che sono tornata, almeno per il momento devo appoggiarmi alla Ford un po' scassata di mio padre.

Lancio uno sguardo al cielo gonfio sopra le nostre teste. È tardo pomeriggio, e a ovest, attraverso uno squarcio aperto tra le nubi, un sole fatto di fuoco vivo brilla incandescente vicino alla linea dell'orizzonte.

Il riverbero della sua luce calda crea sfumature rosse sui cirri plumbei che sormontano le guglie del castello.

Nordesange.

È per fenomeni come questo che la scuola si è guadagnata il suo nome. "Nor De Sange": nuvola di sangue in rumeno.

È risaputo, tramandato dal folklore locale, che in giornate di tempesta come questa, o anche semplicemente quando il cielo si vela di uno strato più denso e cupo del solito, le nuvole tendono ad ammassarsi come un groviglio scuro sopra le punte aguzze del castello, in cima al colle che sormonta il villaggio. E quando il sole si abbassa, i suoi raggi si inclinano verso quella cima e i colori scottanti del tramonto accendono i riflessi della pietra particolare con cui è stato realizzato il castello, una pietra dalle sfumature color ruggine, e tingono di un rosso sanguigno le nubi scure sopra la scuola.

È uno spettacolo macabro e magnifico allo stesso tempo.

In antichità c'era molta superstizione, e si credeva che quelle nuvole rosse si accumulassero sopra il castello perché era maledetto o perché attirava poteri magici. Io stessa, da bambina, mi sono sempre chiesta il perché di un simile evento. Ad oggi, lo classifico come una coincidenza estremamente bizzarra, un bellissimo gioco di luci e ombre di Madre Natura.

«Allora, vogliamo andare o no?», la voce di papà mi richiama al presente, vibrante di trepidazione. «La mamma ci aspetta».

Non me lo faccio ripetere due volte. Mi stringo la sciarpa attorno al collo, balzo nella sua vecchia auto sverniciata e lui imbocca la discesa che conduce in paese.

È domenica, e papà, che per le esigenze sanitarie della mamma vive a casa con lei e non al castello come tutto il resto del corpo docenti, è venuto fino a qui solo per recuperare me.

Io mi sento come una bambina la mattina di Natale, impaziente ed euforica. Mi sembra una vita intera che non vedo la mamma.

L'ultima volta è stata quasi un anno fa, quando sono tornata per un brevissimo periodo tra un incarico terminato in una scuola e uno nuovo che stava per cominciare. Da quella volta, per via degli impegni lavorativi non sono più riuscita a tornare per vedere i miei genitori.

E l'ansia mi divorava giorno e notte, all'idea che quando finalmente sarei riuscita a rimettere piede nel mio paesino, mamma avrebbe potuto non esserci più...

Perciò è con enorme sollievo che osservo le campagne selvagge e sconfinate della mia terra natia scorrermi accanto, mentre attraversiamo le strade antiche e piene di ricordi del nostro piccolo villaggio diretti alla casa dove sono cresciuta.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now