24 - SPINA NEL FIANCO

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Nikolas


Fuori dalle finestre del salotto riservato agli insegnanti le nuvole sono appallottolate in mucchietti densi e sfumate di rosso, per via del tramonto.

Ma io ci faccio a malapena caso. Sono più concentrato sulla bocca di Rona, e sul suo inguine che si struscia sul mio, mentre me ne sto seduto su una poltrona che dà le spalle al caminetto acceso.

Ha detto che è già in una brutta fase con il tizio che aveva iniziato a frequentare, che ha voglia di non pensare.

E chi sono io per dirle di no, visto che per primo mi servo degli stessi sistemi. Abbiamo anche deciso di riempire due bicchieri con un po' di whisky preso dal mobiletto messo a disposizione del corpo docenti. Non è rifornito come quello che tengo in camera, ma mi accontento.

E dalle due dita di alcolico a testa con cui eravamo partiti, io sono arrivato già al terzo bicchiere.

Ma non avverto i sensi alterati, per un effetto più efficace dovrei prendere l'intera bottiglia e scolarmela in un sorso.

Sto quasi per farlo, ho già allungato il braccio verso tavolino accanto a noi, dove abbiamo appoggiato bottiglia e bicchieri.

La mano di Rona intanto scivola in basso e si ferma sul cavallo dei miei pantaloni.

Io stringo le dita intorno al vetro sfaccettato del liquore, intanto continuo a succhiare la sua lingua nella mia bocca.

Poi...

«Oh, ma andiamo! È uno scherzo?!».

Rona sobbalza così forte che per poco la bottiglia non mi sfugge di mano. La tengo in equilibrio sul tavolino per miracolo, e mentre la ragazza sulle mie gambe si gira con gli occhi sbarrati, io abbandono pesantemente la testa contro lo schienale imbottito.

Sbuffo. «Che palle».

«Come sarebbe a dire, "che palle"??».

Viorica è in piedi al centro del salotto, le mani sui fianchi e la criniera di boccoli scuri fissata sulla nuca da una matita, tutt'intorno un'aureola di luce gialla e rossastra proveniente dalle finestre alle sue spalle. Indossa gli occhiali da riposo, forse aveva in mente di venire qui a leggere qualcosa.

Ha lo sguardo sorpreso, offeso, incazzato, e scocciato.

«Sarebbe a dire "Che palle, perché tu spunti sempre a rompere le scatole?". Insegni letteratura, dovresti conoscere il significato delle parole e delle espressioni comuni della lingua».

Rona si affretta a scendere dalle mie ginocchia. «Avevi detto che gli altri insegnanti erano tutti in paese», sibila fulminandomi con un'occhiataccia. Si stira nervosa la divisa da inserviente sulle gambe.

«Sì. Tutti meno lei», rispondo piatto, puntando un dito contro la Grigore, che ora mi fissa con le braccia incrociate.

Sapevo che anche questo sabato pomeriggio gli altri erano scesi in città. Alcuni vogliono già muoversi per comprare i regali di Natale nonostante manchi ancora più di un mese, altri ne hanno approfittato per aggregarsi e fare un giro. Persino Ruben è andato con loro, per vedere una vecchia zia bisbetica quanto lui.

Viorica è stata l'unica a rimanere al castello, e io lo sapevo. Lo sapevo perché suo padre chiesto di tenerla d'occhio, quindi so sempre dove si trova. E sinceramente sono felice che abbia deciso di non uscire. Mi sarei tagliato le palle piuttosto che scendere in paese con tutti gli altri per doverle stare dietro.

All'inizio non capivo perché fosse rimasta qui, non è una che disdegna la compagnia e le uscite di gruppo. Mi è stato tutto più chiaro quando, dopo averla seguita un po' per i corridoi, l'ho vista entrare nelle cucine.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now