17 - PICCOLI DUBBI

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Nikolas





Maledetta fatina dei fiori.

Perché non è rimasta nella sala da pranzo come tutti gli altri?  E che cazzo...

«Papà?».

E perché Eugen non è capace di mascherare meglio le sue emozioni, accidenti? Persino da qui mi accorgo che è trasecolato, deve essersene accorta per forza anche sua figlia.

«Fiorell... ehm, Viorica, cara. Perché sei qua fuori? Ti stai perdendo la festa...».

Perché stava scappando da me, porca miseria. Ce l'ho spinta io qua fuori, quando il mio scopo, andandole a parlare, era solo di distrarla quei cinque minuti scarsi che servivano ad Eugen per uscire dal salone senza che lei se ne accorgesse.

Bel lavoro di merda che ho fatto.

Viorica si libera stizzita dalla mano con cui le sto stringendo l'avambraccio. Mi scocca un'occhiataccia, prima di rivolgersi a suo padre. «E tu perché sei qua fuori? Che cos'hai lì?».

Merda.

Ma perché non l'hai fatta un po' meno sveglia, amico?

Io e Eugen ci scambiamo un'occhiata veloce. Lei lo nota, e fa rimbalzare lo sguardo da lui a me.

«Cosa c'è? Che cosa sono quelle facce?».

«Pensa per la tua, di faccia», la azzanno subito, e spero che tanto basti a distogliere l'attenzione da suo padre.

Ma lei non abbocca. Mi trapassa da parte a parte con uno sguardo micidiale, poi torna su Eugen. Fa qualche passo nella sua direzione e lui ha troppa fretta di nascondere dietro il fianco il sacchetto di carta che tiene in mano. Anche questa cosa, a Viorica non sfugge.

«Che cos'è quello?», domanda, allungando il collo per spiare.

Eugen si schiarisce la voce un paio di volte di troppo. Si strofina la nuca e arriccia un po' il naso. «Nulla, una cosa che devo portare nel mio ufficio».

«Adesso?».

«Sì, adesso».

«E che cos'è?».

Eugen guarda me, allarmato. Io chiudo gli occhi un istante e mi mordo le labbra per non imprecare.

«Nulla. Nulla, cara», farfuglia.

Trattengo uno sbuffo. A quest'uomo avrebbero dovuto fare un corso accelerato su come raccontar stronzate, da ragazzo. Perché adesso, per colpa sua, anche sua figlia mi sta fissando, in un modo così minaccioso che penso quasi voglia cavarmi gli occhi.

E pensare che io mi sono sforzato così tanto per farle perdere le staffe senza riuscirci, nell'ultimo periodo.

Ora si sta scaldando anche troppo in fretta.

Viorica gira di nuovo il mento verso suo padre, e questa volta, quando parla, la sua voce suona innaturalmente dura. «Perché guardi lui?».

«Ahm?».  Eugen sbatte le palpebre con aria innocente, ma non ci crede nemmeno lui.

«Perché guardi Nikolas? E perché non mi dici che cosa c'è nel sacchetto? Che cosa sta succedendo?». La fatina si sta innervosendo, le guance si sono colorate di un rosso acceso e le striature indaco dei suoi occhi sembrano più scure del solito.

«Non sta succedendo niente, Viorica», cerca di dire Eugen con tutta la tranquillità del mondo, ma lei gli punta un dito contro.

«Non fai altro che arricciare il naso, insomma!»

DRAGOSTE - insegnami ad amareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora