21 - ANGELO CUSTODE

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Nikolas



Raggiungo l'interno del castello quasi di corsa. I bagliori caldi e tenui delle lampade si sostituiscono alla luce fredda del cielo all'esterno. Davanti a me, la schiena di Eugen si allontana in fretta.

Riesco a fermarlo solo arrivati in fondo all'ingresso principale.

«Eugen. Eugen! Ma che diavolo ti è preso là fuori?». Lo agguanto per una spalla e lo obbligo a voltarsi verso di me. Lui ruota sul posto in maniera instabile, e invece dei suoi soliti occhi sinceri e tranquilli trovo due iridi spiritate e un viso bianco come la morte. «Eugen...».

«Ha parlato con lei», esala, la voce che sembra quella di uno spettro.

Aggrotto la fronte. «Cosa? Chi ha parlato con chi?».

«Lui... lui le ha... hanno... parlato... l'ha avvicinata in paese...».

«Eugen, di cosa stai parl...». Ci arrivo da solo, di colpo, prima di poter finire la domanda, e mi chiedo come ho fatto a non capirlo subito. Solo in un caso Eugen potrebbe essere così sconvolto. Sbarro gli occhi, e lui intanto annuisce con foga, lo sguardo sempre più allarmato.

«Era lui, Nikolas. Si è avvicinato a mia figlia. Le ha fatto domande sulla scuola, e chissà su cos'altro. Era lui, ne sono sicuro... Merda». Si porta le mani tra i capelli e li stringe forte, come un pazzo. Gli occhiali sono sbilenchi sulla punta del naso, il suo petto si muove a scatti. Sta ansimando. «Si è avvicinato a mia figlia. Sa chi è, sono sicuro che la sta tenendo d'occhio... Cristo, è tutta colpa mia. Non avrei mai dovuto farla tornare qui...».

«Eugen, calmati. Cerca di respirare...». Gli metto entrambe le mani sulle spalle e provo a scuoterlo, ma lui non mi ascolta e continua dritto per la tangente.

«Ero convinto di poterla proteggere meglio, avendola vicino, invece mi sbagliavo. Ho abbassato la guardia, perché erano mesi che non si muoveva più nulla, mesi in cui non abbiamo saputo niente di lui... pensavo avesse lasciato perdere. Come ho fatto a credere che avesse deciso di lasciar perdere?! Che sciocchezza! Non si fermerà finché non se la sarà ripresa...».

«Senti, magari stai tirando conclusioni affrettate. Magari non era lui, forse era un tizio a caso che ha provato a rimorchiare tua figlia, pensaci...». Cerco di essere pragmatico, di guardare le cose da una prospettiva meno drastica. «Alla fine dei conti, lui non può essere sicuro che ce l'abbia ancora tu. Sono passati mesi, e, come hai detto tu, non si è mosso niente. Non è successo niente. Lui non si è più fatto vivo, né nessuno dei suoi uomini. E tu comunque continui a dormire con un occhio aperto come se...».

«Tu lo sai che ho tutte le ragioni per dormire con un occhio aperto!», scatta Eugen, sporgendosi verso di me, e io gli faccio un cenno brusco per dirgli di abbassare la voce. I ragazzi sono quasi tutti all'esterno, ma non ci vuole nulla che qualcuno ci senta, con l'eco di questi corridoi. «Quel tizio è un pazzo, e quelli come lui non spariscono nel nulla dall'oggi al domani. Questi mesi di silenzio non significano che se ne sia dimenticato. Forse stava solo cercando di capire dove l'avessimo nascosta, forse sta studiando una strategia, non lo so...». Scrolla il capo, sbuffando fuori respiri concitati. «E comunque, sono sicuro che fosse lui, al Fantoma. Me lo sento. Ed era con Viorica...».

Si toglie gli occhiali e spinge le dita della mano sulle palpebre chiuse, stringendosi il ponte del naso. Io non so cos'altro fare se non starmene immobile accanto a lui e battergli ripetutamente la mano sulla schiena, aspettando che si calmi.

E vorrei prendermela con Viorica, con quella stupida e ingenua fatina dei fiori che si mette ad attaccar bottone con il primo sconosciuto che gli capita sotto il naso in un bar. Ma alla fine, so che non è colpa sua. Lei è solo una normale ventiseienne che, se al bancone di un locale trova un uomo che si interessa a lei, può sentirsi libera di scambiarci due chiacchiere e, perché no, anche dargli corda se lui decide di provarci.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now