32 - CREDI NEI FANTASMI?

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Viorica


«Cosa vorrebbe dire... "chi"? Di che cosa stai parlando, Nikolas?».

Se i miei occhi sbarrati non sono sufficienti a fargli capire quanto sono confusa e spaesata in questo momento, ci pensano il mio tono stridulo e le mie unghie conficcate sempre più a fondo nella stoffa del suo pigiama a rendere più chiaro il concetto.

Lui mi guarda di sbieco, il corpo premuto contro il mio ma il viso girato di tre quarti, ancora mezzo rivolto al salone d'ingresso.

Non mi risponde.

«Nikolas», insisto in un sibilo nervoso. «Cosa vuol dire che tenete qualcuno qui? Qui dove? Qualcuno chi? Che cos'è questa storia?».

«Viorica, è meglio se lasci stare...», risponde lui tra i denti, a metà tra l'ammonitorio e il desolato.

Ed è più forte di me. Non rispondo delle mie azioni quando stacco una mano dalla sua maglia e gliela sbatto forte sul petto, in una specie di spinta stizzita. Non che riesca a smuoverlo di mezzo centimetro, ma di sicuro lo lascio di stucco.

«Lasciare stare un corno!», sbotto sottovoce, e le mie parole si infrangono nel silenzio come schegge di legno. «Mi sono stancata di lasciar perdere, tutte le volte che mi succede davanti agli occhi qualcosa che palesemente merita di essere spiegato! Non è la prima volta che mi accorgo di qualcosa di strano, in questa scuola, ma questo...», strido, puntando il dito verso le scale che portano al piano terra. «C'erano degli uomini sconosciuti che si aggiravano per il castello, di notte, all'insaputa di tutti, e cercavano chissà cosa. Ci sono i nostri ragazzi in questa scuola, Nikolas! Sono sotto la nostra responsabilità, e quei tre se ne andavano in giro a piede libero, Dio solo sa con quali intenzioni. Cazzo, erano armati. Questo va ben oltre tutto quello che sono disposta a lasciar correre...».

Nikolas mi fissa dritto negli occhi, la mascella contratta, i muscoli del corpo tesi. Soltanto adesso mi accorgo della sensazione di calore che mi avvolge le braccia.

Abbasso gli occhi. Le sue mani sono ancora lì, strette alle mie spalle, in una presa che sa di protezione più che di vincolo.

Mi acciglio. Non è il momento per farsi distrarre dai brividi indecifrabili che il suo tocco mi fa scivolare lungo la spina dorsale.

Riporto lo sguardo sul suo viso imbronciato. Lo guardo male. «Rispondimi, Nikolas».

«Ti ho già risposto».

«No, hai sviato la domanda».

«E non pensi che l'abbia fatto perché forse è meglio non ricevere una risposta?».

Comincio a innervosirmi. «No, non lo penso! Non puoi credere davvero che farò finta di niente dopo stanotte. Di qualunque cosa si tratti, voglio saperla, e pretendo di saperla adesso!». Arpiono con foga il colletto in cotone morbido della sua maglia. «Puoi tenere su quella faccia di bronzo quanto ti pare, ma ti avverto, resteremo qui fino a che non avrai sputato il rospo. Scusa, in quale universo parallelo pensi che me ne andrò a letto tutta tranquilla dopo quello che ho appena visto, e soprattutto dopo che tu te ne sei uscito con una frase come quella di poco fa?! Cosa credi che sia, io, una perfetta idiota??».

«Esasperante, ecco cosa sei», sbuffa di colpo. Mi lascia andare le braccia e mi afferra la mano, staccandosi da me così all'improvviso che sento uno spostamento di aria fredda colpirmi in pieno.

Comincia a trascinarmi lungo il corridoio e poi su per le scale, fino a raggiungere il secondo piano, fino alla sua camera da letto. Spalanca la porta ed entra dentro come una furia, mollandomi sull'uscio.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now