25 - OMBRA NELL'OMBRA

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Le ombre dei mobili sembrano più lunghe e contorte di quanto appaiano di giorno. Nelle zone di buio più profondo, se ci si sofferma a osservarle, sembra sempre ci sia qualcuno nascosto ad osservarti. È una sensazione insolita, come se la scuola stessa fosse viva e tu potessi sentirne la presenza, il respiro lento e secolare che trapassa i muri. I gargoyle aggrappati alle colonne o appollaiati fuori, sugli archi rampanti, hanno l'aria di potersi voltare da un momento all'altro per gettarti un'occhiataccia, forse infastiditi che tu ti sia messa a gironzolare a quest'ora improbabile.

E poi c'è il corridoio dei quadri, quello che si attraversa per raggiungere l'aula insegnanti dall'ingresso. Non so nemmeno come ci sono arrivata qui, non so da quant'è che sono in giro, sinceramente.

So solo che questo lato del castello è esposto a ovest, e che in queste ore piccole della notte – o del mattino, ad essere precisi – la luna in cielo si affaccia direttamente su queste finestre, colando a fiotti sui ritratti antichi e le foto d'epoca.

Li riempie di un bianco spettrale, accentuando gli sguardi severi degli antenati, le pose austere, quegli occhi così penetranti da sembrare ancora vivi.

Alla mia destra c'è la donna con il libro. La osservo un po' meglio, in questo momento di assoluta immobilità. È uno dei dipinti più antichi, per questo mi piace. Lei, come i ritratti di quello stesso periodo o poco posteriori, ha uno stile diverso. È più elaborata, indossa abiti di un'eleganza che cattura lo sguardo. Ha gioielli traboccanti di pietre e perle, merletti vaporosi, stoffe di colori splendenti, uno sguardo quasi disumano.

I ritratti più recenti sono spenti e morti, polverosi anche nelle tinte. Quelli di secoli fa sono quasi magici da guardare.

Il tempo viene risucchiato mentre li si osserva. Ti trovi incastrato in un posto non ben definito tra il presente e qualche increspatura del passato, ad immaginare il castello agli albori, in un mondo diverso, nel buio un po' inquietante lasciato dai ricordi.

Ti senti così trascinato a fondo dalle presenze incombenti di tutte le persone che lo hanno attraversato, da dimenticare per un secondo di esistere.

Ed è in quel secondo di smarrimento, che sento un rumore improvviso e mi riscuoto.

È debole, appena più di uno scalpiccio, ma lo sento. Oltre la porta dalla parte opposta della lunga sala in cui mi trovo.

E se fossi una persona normale, sentirei il cuore schizzare in gola e il respiro accelerare, insieme a una voglia matta di tornare in camera.

Ma sono la figlia di un insegnante di letteratura appassionato di Romanticismo, che adesso è preside di una scuola-castello nei boschi della Transilvania, e mia madre da ragazza amava passare i pomeriggi con le vicine più anziane ad ascoltare le vecchie storie sugli spiriti locali. Sono cresciuta a pane e racconti gotici.

Se sento un rumore di notte, nel buio di un corridoio arcaico e silenzioso, non mi si gela il sangue, si scalda per la curiosità.

Se sento un rumore di notte, al buio, non ne sono spaventata, ma attratta.

Forse se avessi passato l'infanzia a pettinare le bambole come le mie coetanee, invece di leggere I misteri di Udolpho fino a saperlo a memoria, avrei inclinazioni un po' meno macabre che seguire gli spettri per i corridoi della Nordesange.

Poco male, ormai non ci si può più far nulla, se non assecondare l'istinto e incamminarmi con passo felpato verso la porta opposta, quella che si apre su una piccola rampa che introduce nell'ingresso principale.

Schiudo adagio il battente e intrufolo la testa nello spiraglio.

La fetta di castello che mi si apre davanti è avvolta da uno strato di ombre ancora più spesso, perché qui non ci sono finestre. Sguscio oltre la porta e mi schiaccio con le spalle al muro, camminando strisciandoci una mano sopra per non perdere l'orientamento.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now