Karla annuisce con aria complice. «Brava, Grigore. Sono felice di constatare che non sei una noia totale come Eugen».

«Non farti strane idee. Non ho intenzione di ubriacarmi. Voglio solo godermi un sabato pomeriggio lontano dalla scuola».

«Oh, figurati se qui qualcuno si vuole ubriacare!», esclama lei sventolando una mano in aria. «Ti ricordo che mancano poche settimane al ballo di Natale. Sapessi che inferno mi aspetta nei prossimi giorni... l'ultima cosa che mi serve è un weekend passato con i postumi di una pessima sbronza».

«Credo che ne prenderò un altro», si infila tra noi la voce di Dalina. Si accosta al bar con il bicchiere di succo di mirtillo tra le mani, scolato fino all'ultima goccia.

«Ecco una che è proprio astemia», commenta Karla, e Dalina rotea gli occhi al cielo, prima di ordinare un secondo bicchiere di succo.

Mentre loro battibeccano come al solito, il barista mi consegna il mio drink e comincia a preparare quello di Dalina.

Intanto, dal gruppo dei nostri colleghi si solleva la voce – un po' su di giri per la terza birra – di Pavel, che ho scoperto essere un grande amante delle uscite fuori dall'orario di lavoro. «Karla! Flavian non ci crede che ti ho aiutato io a fare le corone di foglie per il tuo compleanno. Vieni a dirgli che è tutto vero!».

Karla ridacchia e si allontana per raggiungerli.

Rimaniamo solo io e Dalina, e quando il barman si allunga per darle il suo ordine, lei mi fa un cenno della testa per indicare il resto del gruppo. «Torniamo dagli altri?».

Io sposto lo sguardo alle sue spalle e incrocio lo sguardo di Gabriel. Mi sorride, con quel suo modo un po' seducente e troppo scaltro, e io sento subito il desiderio di rimanere con i gomiti poggiati al bancone del bar. Perché davvero, lui è sempre fantastico, quasi troppo, ma io non sono interessata e non so come dirglielo senza sembrare maleducata o snob.

«Vai pure, io arrivo subito».

Dalina non fa domande – lei non ne fa mai – e si allontana con il suo succo, lasciandomi sola.

Io mi fingo impegnata a guardare qualcosa sul cellulare. Poi lo rimetto in tasca e cerco di intavolare una conversazione con il barista, un ragazzo di circa vent'anni dall'aria socievole e un ciuffo di capelli neri che gli ricade sempre davanti agli occhi.

Mi faccio mettere dell'altro ghiaccio nel drink. Parlo ancora un po'. Qualsiasi cosa per prendere tempo e non dover tornare subito sotto lo sguardo insistente di Gabriel. Guardo di nuovo il telefono, e quando trovo un messaggio di papà che mi avvisa del fatto che domani pomeriggio lui e mamma andranno a fare una piccola passeggiata, mi sfugge un sospiro secco.

Papà.

Papà e Nikolas.

Non riesco a togliermi dalla testa quegli sguardi furtivi che si sono scambiati la sera del compleanno di Karla, in corridoio. E un po' mi sento sciocca, perché non ha senso questa sensazione di fastidio che provo all'idea che quei due possano in qualche modo custodire una specie di segreto tutto loro.

Perché non è così, vero?

Insomma, è di mio padre che stiamo parlando. È la persona più comune, ordinaria e abitudinaria che esista sulla faccia della Terra. Non è proprio capace di avere segreti. È sempre stato un libro aperto.

Eppure, ultimamente è così strano.

E Nikolas... lui, al contrario, è la quint'essenza della cripticità.

Se dovessi giocarmi tutto su di lui, sarei pronta ad affermare con certezza che nasconda qualcosa. Quello che non capisco è come questo possa in qualche modo collegarsi a mio padre.

DRAGOSTE - insegnami ad amareWhere stories live. Discover now