𝟑𝟕. 𝐐𝐔𝐄𝐋𝐋𝐎 𝐂𝐇𝐄 𝐀𝐍𝐂𝐎𝐑𝐀 𝐌𝐀𝐍𝐂𝐀𝐕𝐀

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Si svegliò, e sebbene il sole non fosse ancora sorto, l'aurora che tingeva il cielo di tenue color rosa ne preannunciava l'imminente alba.
Prese un respiro e si stropicciò gli occhi, prima di voltarsi verso Dick con il solo movimento del capo.

Dormiva ancora, girato sul fianco e attaccato a lei, e con un braccio che si accorse essere avvolto intorno alla propria vita. Il suo viso era vicinissimo, poco più in alto del proprio, e mentre lo guardava si ritrovò a sorridere in un gesto involontario e appena accennato. All'improvviso fu tentata di sfiorarglielo e dovette smettere di guardarlo per frenare l'impulso di avvicinare la mano e farlo.

Tornò con gli occhi al soffitto, li chiuse e sorrise di nuovo.

Durante la notte si era svegliata una sola volta, e dopo la sorpresa nel trovarlo ancora lì, proprio come in quel momento si era ritrovata a fissarlo, immobile, per paura di svegliarlo. In ogni caso, nonostante la mezzoretta di insonnia, poteva dire di aver dormito decisamente meglio rispetto a quelli che erano stati gli ultimi mesi.

Allungò il braccio verso il comodino e prese il telefono, e in quelli che furono gesti automatici si ritrovò a fissare la chat con Emma.
Sospirò.
Scriverle o non scriverle, era questo il dilemma, ma anche cosa e soprattutto come.
Amber la conosceva fin troppo bene, delle semplici scuse non le sarebbero bastate. D'altronde, come avrebbero mai potuto, era rimasta impassibile anche quando si era precipitata da lei, e l'aveva vista con tutta l'acqua della città addosso.
No. Emma non voleva delle scuse, voleva il motivo, il che era un enorme problema, perché non poteva dirglielo.

Dannazione.

«Lo sai, pensi troppo agli altri. Dovresti pensare di più a te stessa.»
La voce di Dick le arrivò ancora impastata dal sonno.

Amber mise via il telefono e si girò verso di lui, «Ciao» disse piano, sistemando una mano tra il cuscino e il viso. «Spero di non averti svegliato.»

Lui scosse il capo, «No, non lo hai fatto» la tranquillizzò, e per un attimo rimase fermo a guardarla. «Come hai dormito?»

«Stranamente bene» ammise lei, con un sorriso sulle labbra.

Dick annuì appena, poi incurvò un sopracciglio. «Ho almeno un po' del merito?»

«Non saprei» fece lei, alzando gli occhi e fingendo di pensarci su. «Forse sì, forse no» gli rispose scrollando le spalle. «Ma a proposito di te, che ne è stato del "rimanere a guardarti", hm?»

Dick puntò un gomito contro il materasso e si tirò su, sovrastandola di poco. «Lo sai che ti sei addormentata prima di me, vero?»

L'aveva fatto davvero?

«Lo hai fatto davvero!?» una punta d'imbarazzo le colorò la voce, e all'improvviso virò il viso al soffitto. Ma la mano di Dick la raggiunse, le si posò sotto il mento, e lei fu costretta a tornare a guardarlo.

Rimasero così, mentre il tempo scorreva senza più alcuna importanza, semplicemente a guardarsi negli occhi, fin quando Amber non gli sfuggì abbassando lo sguardo sulla t-shirt scura che gli fasciava il petto. «Pensavo scherzassi» ammise in un sussurro, «Pensavo che te ne saresti andato.»

«E dove altro sarei potuto andare?»

«Non saprei, a casa?»

Lui non le rispose, e per qualche istante il silenzio intorno a loro tornò a riavvolgerli. «Sai, stavo pensando che potremmo rifarlo...» le disse invece.

Quella proposta le incurvò le labbra in un sorriso, aveva lo sguardo ancora basso. «Possiamo. Possiamo rifarlo» sussurrò riportando gli occhi nei suoi, ma quella volta fu lui a deviare lo sguardo, posandolo sulle sue labbra. Prese ad avvicinarsi, e il cuore di Amber iniziò a scontrarsi contro il petto ogni secondo più forte del precedente, come a voler accelerare il tempo che li separava. E poi lui poggiò le labbra sulle sue e oltre alla lancetta dei secondi, con un ultimo e forte rintocco, anche il cuore smise di fare rumore.

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