𝟐𝟕. 𝐌𝐎𝐑𝐈𝐑𝐄 𝐏𝐄𝐑 𝐀𝐌𝐎𝐑𝐄

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«A proposito» Amber si accigliò, «Tu come sai che non ho la patente?»
Quando poco prima Dick glielo aveva ricordato non ci aveva prestato attenzione. Ma in un secondo momento, come spesso accadeva, il suo cervello aveva rielaborato quelle parole ricavandone veri e propri film mentali.

Che avesse cercato informazioni su di lei in quello strano computer? Quel pensiero non le dispiaceva più di tanto.

Si girò nel sedile dell'auto e lo guardò. «Non te l'ho mai detto» ci tenne a precisare in maniera chiara.

Dick rimase con gli occhi fissi sulla strada, ma grazie al bagliore del display del navigatore, Amber vide le sue sopracciglia contrarsi appena e l'angolo della bocca incurvarsi verso l'alto. «Prendi sempre i taxi» le rispose con nonchalance, «Non è difficile da capire, sai?»

All'improvviso girò il viso verso di lei, e Amber, con qualche secondo di ritardo, fece lo stesso in direzione del finestrino, simulando interesse per il panorama che sfrecciava veloce dall'altra parte del vetro. Cosa che anche se fosse stata vera le sarebbe risultata difficile visto lo sguardo che aveva addosso in quel momento.

«Che c'è?» fece lui, tornando concentrato sulla strada, «Pensavi che avessi fatto ricerche su di te?»

Amber si finse stupita, come se quell'idea non l'avesse mai sfiorata. Tuttavia, quell'espressione sul suo volto era fin troppo marcata per essere veritiera, e i suoi occhi rivelavano tutt'altra storia. «No. Certo che no.»

Dick scosse la testa con un mezzo sorriso, poi d'un tratto assunse un'aria seria e pensierosa, ma solo dopo qualche minuto si decise a buttare fuori il suo pensiero. «Che intendete fare domani in centrale?»

Amber, colta alla sprovvista da quella domanda, inarcò le sopracciglia e si mordicchiò il labbro inferiore. «Non lo so, non ne abbiamo parlato, ma...» si fissò le ginocchia per qualche secondo, «Credo che la cosa giusta sia-»

Lo scivolamento improvviso, e il conseguente urto del suo corpo contro il pannello della porta troncarono le sue ultime parole, e l'inchiodata dell'auto che era passata da centocinquanta chilometri orari a zero in pochissimi secondi la fece scivolare in avanti. Gli occhi le si chiusero d'istinto, e le mani scattarono in protezione del viso con i palmi aperti e rivolti verso il cruscotto per attutire l'imminente colpo che per qualche ragione non arrivò. E solo quando riaprì gli occhi ne comprese il motivo.

Dick aveva un braccio teso verso di lei, e la mano premuta contro il suo stomaco l'aveva tenuta ancorata al sedile. 

«Non puoi.» Dick ritirò il braccio, strizzando gli occhi a causa della fitta di dolore che la ferita, se pur dalla parte opposta, gli aveva provocato.

Quelle parole e la rapida occhiata che diede fuori, bastarono ad Amber per realizzare quello che era appena successo.
La macchina ferma all'imbocco di una strada secondaria e perpendicolare a quella che stavano percorrendo, non aveva urtato o dovuto evitare nulla al contrario di quello che aveva pensato. «Sei impazzito per caso?» urlò, «Che diavolo-»

Dick si voltò verso di lei. «Non dovete parlare.»

«Aspetta» disse Amber, gli occhi sgranati, e l'espressione confusa, «Tu... tu mi stai dicendo di non...» scosse la testa, non riusciva neanche a dirlo, e per un istante credette di aver sentito male.

«Sì, sì Amber.» Il suo tono si era alterato, ma il cambiamento repentino durò il tempo di quelle parole. «Perché la cosa giusta a volte è proprio quella sbagliata.»

Amber batté le palpebre più volte mentre si raddrizzava nel sedile e riportava lo sguardo oltre il parabrezza. Stentava a credere che proprio lui le avesse detto qualcosa del genere. «Pensavo che tu ti battessi per questo» buttò fuori in un sospiro.
Nessuno dei due guardava l'altro.
«Verità, giustizia...»

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Where stories live. Discover now