<<Tesoro, i maccheroni sono pronti>> sento urlare dalla cucina.

Mi guardo allo specchio, mi ripeto di calmarmi e di prendere dei bei respiri profondi.

Apro la porta e vado in sala da pranzo dove mamma sta mettendo i piatti in tavola.

Corro da lei e la stringo in un forte abbraccio. Mi stringe a sua volta poggiando il bicchiere che teneva ancora in mano. Mi accarezza i capelli, amo quando lo fa: ha un effetto calmante. Io la stringo ancora di piú e nascondo il viso tra il suo collo e la spalla, immergendomi cosí nel suo profumo che sa di casa e amore.

Io e lei siamo abituate a questo tipo di manifestazioni d'amore reciproche. Fanno parte della nostra vita da sempre. Non è insolito che io l'abbracci di punto in bianco, senza motivo, per questo non si stupisce quando lo faccio, anzi mi riempie di bacini sulla testa e sulle guance.

È proprio quello di cui ho bisogno adesso.

Quando ero piccola e tornavo a casa da scuola dopo una pessima giornata mi bastava che mi stringesse forte e mi facesse le coccole per sentirmi meglio. Mi bastava abbracciarla e sentire le sue dolci parole di conforto per dimenticare tutte le cattiverie degli altri bambini.

Ora quei bambini cattivi non ci sono più, ma ogni volta che li rivedo è sufficiente rifugiarmi in lei perché scompaiano.

Mentre gustiamo la cena parliamo del piú e del meno: del nuovo cane dei vicini che abbaia di continuo, della lavatrice che deve essere aggiustata e dell'uscita del nuovo romanzo giallo del suo scrittore preferito.

All'apparenza sembrano conversazioni banali ma per me sono le più belle, sono quello che mi serviva, mi aiutano a distrarmi e a godermi una bella serata, senza pensieri e ricca di risate.

Le chiedo di Jason perché, con tutto quello a cui ho pensato in questi giorni, mi rendo conto di non averne più parlato e la sua felicità rimane sempre importante per me. Infatti sorrido da un orecchio all'altro quando mi confessa che giusto il giorno prima Jason le aveva fatto una sorpresa: si era presentato in ufficio da lei con un mazzo di rose bianche, le sue preferite.

Questa notizia mi riempe di gioia. Non ha mai ricevuto fiori da mio padre, o meglio, non ha mai ricevuto dei fiori sinceri. Lui le portava dei regali solo dopo che avevano litigato pesantemente ogni volta che mio padre "faceva tardi al lavoro". All'epoca mia madre pensava che fosse un uomo troppo dedito al lavoro e che mettesse quello prima di noi. "Tua figlia ha bisogno di suo padre. Non di uno che c'è una settimana sí e una no." ripeteva spesso. Kenneth è sempre stato conosciuto per essere un gran lavoratore. Ha iniziato come semplice dipendente da CrossWheel, una grossa azienda produttrice di pneumatici, poi è diventato direttore delle vendite e quando avevo sei anni aveva ottenuto il posto di direttore dell'intera azienda. Donald Jackson, il precedente direttore, aveva riconosciuto in lui la figura perfetta per ricoprire quel ruolo: aveva sempre delle idee geniali, sapeva essere autoritario, e il team dei dipendenti si sentiva in soggezione davanti a lui. Faceva molti straordinari per ottenere quell'ambito posto che infine ha avuto.
Aveva una forte determinazione e il temperamento giusto per ottenere tutto quello che si metteva in testa.
Per questo quando, dopo essere diventato direttore, tutti abbiamo creduto che facesse gli straordinari, che fosse per lavoro che spesso partiva per qualche giorno "Una grossa azienda vuole collaborare con noi. Sono il direttore, non posso non andare"

Quelle volte che stava con noi tutto sembrava normale. Sembravamo una perfetta famiglia felice. Ci portava alla spiaggia, al lago o al parco a fare dei picnic.

Ma era tutto finto. Una farsa per convincerci che anche se lui non era quasi mai a casa perchè lavorava sempre lui ci voleva bene e voleva passare del tempo con noi. Tutte bugie. Non c'era niente di vero.
Ha continuato a prenderci in giro in questo modo per i successivi quattro anni. Finché mia madre una mattina aveva notato che mio padre aveva lasciato a casa la sua ventiquattr'ore che di solito portava sempre con sè. Quel giorno aveva una riunione fuori città quindi lei lo chiamó per dirgli che l'aveva dimenticata a casa, ma non rispondeva cosí chiamó il suo ufficio. Rispose Scott, il braccio destro di mio padre, che a quanto pare voleva ripulirsi la coscienza, perchè, quando lei accennó alla riunione, lui fece un verso di confusione e le riferí che non c'era nessuna riunione, che il direttore si era dato malato quel giorno e le riveló che anche la sua stagista, Heidi, assunta da nemmeno due mesi, proprio quel giorno non si era presentata in ufficio.

Ci sono voluti meno di cinque secondi perchè mettesse insieme tutti i pezzi del puzzle e si rendesse conto dell'uomo bugiardo e traditore che aveva sposato.

Tre settimane più tardi erano già in corso le pratiche per il divorzio, a cui mio padre non si è nemmeno opposto. Dopo qualche patetico tentativo di negare il tutto si era comportato come se finalmente si fosse tolto un peso: quello della sua famiglia. Adesso era libero, e prima ancora che il divorzio venisse ufficializzato Kenneth Baine e la sua stagista erano già impegnati a scegliere il colore delle pareti della camera da letto della loro nuova casa.

Due anni dopo mamma ha ottenuto di poter cambiare il mio nome da Rose Baine a Rose Wright. Diceva che non voleva piú avere a che fare con lui in ogni senso e che io non dovevo portare il cognome di un padre che padre non era mai stato.

Dopo cena decidiamo di metterci sul divano con delle tazze fumanti di tè e guardare per la millesima volta il nostro film preferito: The Truman Show.

Al momento dei titoli di coda le do la buonanotte, l'abbraccio di nuovo e vado in camera mia.

Mi chiudo la porta alle spalle e prendo in mano il telefono. Apro la chat di Gwen, non ha ancora visualizzato il mio messaggio. Strano.
Sono quasi le undici, ormai dovrebbe aver finito di badare a Tommy.

Indosso il pigiama e lavo i denti. Prima di infilarmi nel letto provo a richiamarla ma senza successo. Mi arrendo.

Spengo la luce e rimango a fissare lo spiraglio di luce che filtra tra le tende e si staglia sulla parete di fronte a me. Mi giro dalla parte opposta per cercare di addormentarmi ma non appena chiudo gli occhi mi trovo davanti Eleanor Miller e sto per baciarla.

Subito li riapro.

Basta pensarci, basta.

Chiudo gli occhi di nuovo. Eleanor Miller sussurra il mio nome sulle mie labbra.

Di nuovo li riapro.

Provo di nuovo a richiuderli.

Le sue mani mi avvolgono il viso, mi sorride.

L'effetto che mi fai quando ti ho davanti

Mi alzo di scatto e mi metto a sedere.
Sará una lunga notte insonne.

𝐒𝐄 𝐋'𝐀𝐌𝐎𝐑𝐄 𝐄̀ 𝐔𝐍𝐀 𝐋𝐄𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄Where stories live. Discover now