«Ed è una cosa assolutamente normale, honey», aggiunse mio padre.

«Esatto», continuò mamma, «ed è per quello che riteniamo opportuno che tu abbia sempre con te un...»

Ronnie diede una gomitata a papà, che... tirò fuori dalla tasca un preservativo e me lo porse.

Rimasi senza parole. Non ne avevo nessuna di sensata da dire, ve lo giuro, se non urlare "ma che cazzo!".

«Ma che cazzo!», urlai, «Oddio, allontanalo da me!»

«Miki, è davvero importante che tu lo abbia, non vorrai mica finire incinta a soli diciassette anni», disse mamma, prendendo il preservativo e ficcandomelo in mano.

«Miki, prendilo», mormorò. «Se resterà nella tasca del tuo zaino non fa niente, ma se un giorno dovessi ritrovarti in... una situazione di necessità... lo avrai con te e non farai una stupidata».

La fissai con la bocca spalancata, ma alla fine annuì e lo misi nello zaino.

Quando alzai lo sguardo, vidi entrambi osservarmi con un orgoglio. Perché non potevo nascere in una famiglia normale, dove la parola "sesso" è taboo?

«Questo non significa che io e Teseo stiamo insieme, sia chiaro», esordì prima di uscire di casa.

«Certo, tesoro», urlò mia madre da dietro la porta, «come dici tu!».

***

Quel pomeriggio, i miei mi diedero il via libera per saltare il lavoro ed andare a casa di Rob con Stella, che voleva raccontarci tutto a proposito di Giacomo. Quindi, dissi a Teseo di non passarmi a prendere a scuola e lui ne approfittò per studiare prima di andare all'allenamento di tennis. Esatto, praticava tennis - uno sport da ricconi al pari del golf - ed era persino bravo.

In ogni caso, dopo la scuola, io e Rob facemmo la strada insieme fino a casa sua. Appostata vicino al citofono, Stella stava schiacciando più volte il pulsante e parlava al muro anziché a noi, come pensava.

«Oh, ma siete qui!», esclamò quando ci vide.

Io e Rob ridacchiammo.

«Esatto, da quanto stavi limonando con il citofono?», chiesi.

«Da almeno un quarto d'ora», ammise.

Rob si fece spazio per passare in mezzo a noi ed andare ad aprire il cancellino. Poco dopo, stavamo attraversando il suo piccolo giardinetto, salutando la tartaruga che viveva nel piccolo stagnetto che Rob aveva costruito tutto da solo. La tartaruga si chiamava Berta, per chi se lo chiedesse. E non era stato mio padre ad affibbiarle il nome.

Entrammo nella casa di Rob e subito il profumo del detersivo per pavimenti ci accarezzò i sensi. Potevi venire a qualsiasi ora del giorno e della notte e ci sarebbe sempre stato odore di pulito. Ma d'altronde la signora Teresa era una vera maniaca dell'ordine.

«Allora, cosa volete ordinare?», chiese Rob. «Pizza o cinese?»

«Cinese», rispondemmo all'unisono io e Stella.

«Bene, il solito allora?»

«Si, certo», annuì e mi andai a sedere sul divano del salotto.

Rob si allontanò per chiamare il servizio d'asporto, mentre io e Stella accendemmo la televisione per ingannare l'attesa. Sullo schermo, erano trasmesse le repliche di How I met your mother e ci divertimmo a rivederle insieme. Quando Rob tornò, si sistemò anche lui sul divano con l'intento di godersi qualche ora in nostra compagnia.

Dieci minuti dopo, suonarono al campanello e Rob sparì di nuovo per andare a prendere i nostri ordini al cancello.

Ringraziando il cielo, ci mise solo pochi secondi e potemmo finalmente goderci un pranzo sostanzioso dopo una giornata scolastica stressante.

«Allora, com'è andata la tua giornata, Stella?», chiese Rob, infilandosi un involtino di primavera in bocca.

«Tutto bene», disse Stella, prima di iniziare a raccontarci dell'acconciatura perfetta che aveva fatto alla sua compagna di classe, Rebecca.

«Com'è andata la vostra, invece?», domandò infine.

«Avevamo una verifica di spagnolo, ma credo che sia andata abbastanza bene», dissi.

«Sì, anche io», intervenne Rob.

«Ma và! Come se non lo sapessimo, inteligentone!», esclamai.

Rob era il classico amico che prima della verifica ti diceva di non sapere niente... E poi prendeva dieci.

Mi chiesi se anche Teseo facesse così. Poi realizzai che Teseo non avrebbe mai ammesso di non sapere una cosa, era troppo arrogante per farlo.

«Ma parliamo di cose più interessanti, come va con Giacomo? Miki mi ha detto che è un vero gentiluomo!», disse Rob.

«Oh, sì», sospirò Stella, «lo è davvero!»

«Per esempio, l'altro giorno mi ha riaccompagnato a casa in macchina e non mi ha fatto scendere finché non è stato lui stesso ad aprirmi la portiera!»

«Sul serio?!», esclamò il mio amico. «E' una cosa così dolce!»

«Perché non incontro anche io dei ragazzi così?», si lamentò.

«Forse perché sei uno sfigato!», lo presi in giro.

«Hahaha, parla la sfigata», ribatté lui.

«Ragazzi, ragazzi, non litigate!», intervenne Stella, alzandosi in piedi.

«Vado in bagno ora, voi cercate di non azzannarvi».

«Ehi, per caso hai un assorbente?», mi domandò.

«Sì, dentro la tasca davanti», le indicai vagamente lo zaino, troppo distratta dal sapore del sushi sulle mie papille gustative.

Sentii Stella muoversi per il salotto, afferrare il mio zaino e frugarci dentro. Poi udii il suo urlo.

«Aahhh! Cos'è questo?!», strillò.

La guardai e non riuscii a trovare una sola parola per spiegarle cosa ci facesse nella tasca della mia cartella.

«È un preservativo, mi sembra ovvio», chiarí Rob.

«Mi devi dire qualcosa? Stai uscendo con qualcuno, Miki?», chiese Stella.

Ecco, la mia opportunità per dirle di Teseo, per raccontarle le ultime settimane. Non la colsi, però. Preferii svelare una mezza verità.

«No, assolutamente!», dissi. «I miei sono solo paranoici e hanno voluto darmi uno di quelli per sicurezza, tutto qui».

«Ah, okay».

Stella mi lanciò un'occhiata maliziosa.

«Posso prenderlo io, allora?»

«Certo, fai pure».

Più volte nel corso degli anni mi chiesi se qualcosa di diverso sarebbe accaduto nel caso in cui non avessi acconsentito. Ancora oggi, non ho trovato una risposta. 

How to charm Micol Esposito [Trilogia How To #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora