𝟑𝟑. 𝐁𝐎𝐃𝐘𝐆𝐔𝐀𝐑𝐃

Magsimula sa umpisa
                                    

«Male?» intuì Connor abbassando la luce.

«Un po'.»

«Tutto normale e nulla di grave, ma hai un leggero trauma cranico a causa del colpo subito» l'informò. «La sensibilità alla luce è uno dei sintomi. Sembri stare meglio del previsto, ma non escludo un leggero stordimento e giramenti di testa, quindi, per almeno un paio di giorni presta attenzione, soprattutto in casa, scale e spigoli. E per un paio di settimane niente sforzi.»

Amber annuì. «Sono svenuta?» chiese all'improvviso, la fronte contratta mentre ricordava gli ultimi attimi prima del buio e della confusione.

«Hai perso i sensi per poco più di una ventina di minuti» le rispose Connor. «Comunque, abbiamo finito, adesso sei libera di andare. Troverai tutto nel fascicolo in reception. Per il dolore puoi prendere del paracetamolo, e se dovessi avere problemi-»

«Starò bene» l'interruppe lei.

Il dottore la guardò qualche istante e le rivolse un piccolo sorriso. «Sei positiva, è un buon punto di partenza, per ogni cosa non dimenticarlo» le disse, poi si voltò verso i suoi «Steve, Ester, per qualsiasi cosa...» lasciò intuire.

Suo padre gli si avvicinò e lo salutò con una stretta di mano. «Grazie Connor» gli fece un cenno con il capo e lo guardò uscire.

Solo allora, quando furono soli, Amber vide suo padre tornare a focalizzarsi su di lei, e dal modo con cui le andò incontro capì che il "parliamo dopo" era arrivato, e infatti...

«Tyler non ti starà addosso come pensi, e c'è un motivo se ho preso questa decisione, ma penso che tu lo sappia già.»

Amber trattenne il fiato e aggrottò la fronte in maniera impercettibile, chiedendosi perché mai avrebbe dovuto saperlo.

«Ho mentito quando ti ho lasciato da Bruce. Quell'hotel aveva ancora decine di camere libere, ma sai perché non ti ho portato con noi?»

«Perché avevi paura che ti cercassero.»

«Esatto» rispose lui. «E quello stesso giorno ho scoperto che ci avevano già provato, e tu ci sei andata di mezzo.»

L'espressione confusa di Amber crebbe. Suo padre stava facendo riferimento a qualcosa che gli era successa, ma erano talmente tante che in quel momento non sapeva a cosa stesse facendo riferimento.

«Ho controllato i filmati delle telecamere il giorno in cui è scattato l'allarme. Qualcuno ha tentato di entrare in casa, non è così?»

Un ricordo indelebile. Una domanda che non lasciava spazio. «Sì» ammise deviando lo sguardo. «Ma ho pensato che non fosse niente di che e dal momento che non era successo nulla... non volevo farvi preoccupare.»

«Il fatto che qualcuno abbia tentato di entrare in casa non è nulla, Amber.»

Lei chinò la testa, le labbra tese. «Anche Dick lo ha detto» mormorò.

«Non ce l'ho con lui, Amber, se è questo che ti preoccupa.»

«No, lo so...»

«E neanche con te» le disse facendole alzare di nuovo il viso. «Ma ti chiedo di non obiettare le mie decisioni, perché ripeto, prima di fare qualcosa non ci penso due, ma dieci volte. Eravamo con la polizia quando ha fatto irruzione, e ti abbiamo vista a terra, priva di sensi, e credimi, nella vita non ti auguro di provare mai una cosa del genere.»

Ester, poco più distante, annuì a conferma di quelle parole. «Pensavamo di averti persa» aggiunse, con un luccichio a stento controllato a velargli le iridi.

Amber deglutì. «Mi dispiace, avrei dovuto dirvelo» sospirò amareggiata. «Ultimamente non faccio altro che sbagliare» pensò ad alta voce.

«Capisci lo sbaglio, ma non tormentarti per averlo commesso, soprattutto se in buona fede» la mano di suo padre si posò sulla sua spalla. «Sbagliare è la cosa più giusta del mondo. Se non sbagli non impari, e se non impari non cresci, e se non cresci non diventerai mai la persona che sei destinata a essere.»

𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐰𝐢𝐧𝐠Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon