XXII

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• Ellen •

La casa di Marc era veramente bella. Un grande appartamento dai muri dipinti in bianco e dalle grandi finestre.
Aveva un giardino di media grandezza proprio di fronte alla veranda e una serie di piccoli nani da giardino vecchi e scoloriti proprio sopra l'erba non curata.
Provavo disgusto persino nel guardare la sua insignificante casa.
Io e i ragazzi eravamo fuori da un basso cancelletto che precedeva il giardino.
Mi ero rintanata dietro Mason e Christian, mentre Kim era rimasta davanti.
La ragazza aprì il cancello e fece passare tutti, prima di chiuderselo alle spalle, facendo risuonare un click nell'aria.
Subito dopo sentii Mason e Chris litigare per chi doveva bussare alla porta e chi doveva rimanere a fare di guardia, ma Kim li fermò e fece il lavoro al posto loro.
Aaron mi rimaneva accanto, come un'inquietante ombra. Non aveva spiccicato parola per tutto il tempo.
La ragazza davanti a tutti spalancò la porta senza fatica, era aperta.
Chi poteva mai lasciare una porta aperta nel bel mezzo di quella città?
Era molto popolato quel luogo e veramente non riuscivo a capacitarmi di come Marc potesse essere così stupido e incosciente da lasciare casa sua aperta come se ci fosse scritto: mi casa es tu casa.
< Wow, è stato così semplice...> Borbottò Mason, facendo una risata.
Varcammo la soglia e l'unico rumore che potevo udire era quello del mio battito cardiaco nella mia cassa toracica.
Ad ogni mio passo lo sentivo e la mia ansia si espandeva più velocemente nel petto.
Non volevo incontrarlo di nuovo.
Le immagini di quel pomeriggio si ripresentarono come vecchie fotografie nella mia mente.
Mi toccai il collo, come se potessi sentire ancora le sue luride mani sul mio corpo minuto e fragile.
Sentii ripetersi nella mia mente le urla disperate di mio padre quando lo venne a sapere, il suo tono di voce era spezzato dai singhiozzi.
Non piangeva, era solo deluso. Si poteva leggerglielo in faccia, lui non si aspettava nemmeno lontanamente che Marc Harris, il suo migliore amico da quando avevano quindici anni potesse farmi una cosa del genere.
Ma nonostante l'infrangibile rapporto che li legava, mio padre lo aveva cacciato via dalla sua vita, perché io ero più importante di qualsiasi sua amicizia.
< Ellen? Terra chiama El?> Una voce chiara e angelica risuonò nella mia mente come un'eco in mezzo ai miei pensieri silenziosi e tristi.
Io mi riscossi e mi voltai verso Kim.
< Ehm... cosa? Io... non stavo ascoltando, p... potresti ripetere?> domandai, grattandomi la nuca.
< Ci dividiamo in tre gruppi. Mason e Christian staranno di guardia di fronte alla finestra, per evitare che Marc torni in casa e ci trovi curiosare tra la sua robaccia, io starò con Liam al piano di sopra e tu starai con Aaron, se non è un problema.> mi ripetè, facendomi un sorriso.
Mi voltai verso Aaron e lo sorpresi ad osservarmi, come per capire ciò a cui stavo rimuginando su.
< Ehm... sì, nessun problema.> replicai, affiancandomi alla figura imponente di Aaron, sfiorando la sua giacca nera.
<Okay, direi di cominciare a cercare... qualcosa... Oh, aspettate, Chris Mas, se vedete qualcuno, urlate una parola... fate un verso... non so... fateci un segno.> Aggiunse Kim.

Venti minuti dopo eravamo ancora nella sua piccola sala, piena di giornali sporchi e impolverati e riviste di donne prive di indumenti.
Ew.
Aprii il cassetto di una scrivania e ci curiosai all'interno.
Giornali.
Penne.
Un piccolo volantino colorato attirò la mia attenzione. Lo impugnai e lessi le scritte multicolore di fronte a me.
Joe's
Era un'invito a partecipare ad una festa?
Alla base del volantino, in un angolo era riposta una firma, probabilmente della persona che aveva organizzato la festa.
< Cos'hai trovato?> una voce maschile e roca mi fece sobbalzare, mi ero quasi scordata della sua presenza nella stanza.
Mi affiancò con la sua altezza smisurata e mi levò bruscamente il foglio di mano.
Gli riservai un'occhiataccia, ma per fortuna il ragazzo non se ne accorse, era troppo concentrato sul foglio di fronte a sé.
< diciotto settembre alle otto di sera, alla villa Joe.> Sussurrò Aaron, scattando una foto al volantino e posandolo nel cassetto di Harris. Anche io scattai una seconda foto al foglio, per ricontrollarlo in solitudine.
Il ragazzo si spostò da me e fece per raggirare la scrivania, quando un fischio acuto e successivamente delle voci dall'esterno ci indussero a cercare un posto dove nasconderci.
Aaron mi prese violentemente il braccio e mi trascinò all'interno di un mobile ambio e buio nel corridoio.
< Cos...> Prima che potessi terminare la mia frase il ragazzo mi appoggiò una mano sulla bocca, mettendomi a tacere.
Il rumore di una serratura fece ritirare la mano di Aaron dal mio viso.
Si poteva sentire il forte profumo del ragazzo affianco a me nell'aria più di qualsiasi altra cosa.
< Senti, queste cose me le potrai dire alla serata, ora parliamo di qualcos'altro... La... la chiave... dov'è?> sentii le sue parole attraversare la stanza fino ad arrivare alla camera in cui ci trovavamo prima.
Nell'udire la sua voce sentii una debole  fitta al cuore. Feci qualche respiro profondo e mentre ascoltavo la conversazione che Marc stava facendo mi torturavo le dita delle mani, come delle sorta di anti-stress.
Non volevo rimanere in quel luogo un minuto di più.
Sentivo il mio cuore battere all'impazzata, come quando facevo le gare di corsa a scuola.
Mi voltai verso il ragazzo affianco a me. La minima luce che illuminava l'armadio mi fece scorgere i suoi occhi celestiali.
Mi stava osservando, come un medico che guardava la sua paziente.
Mi sentii immediatamente sotto pressione e distolsi lo sguardo dal suo, puntandolo verso una parete buia dell'immobile in cui ci eravamo intrufolati.
E se Marc ci scoprisse?
Kim e gli altri ragazzi erano al sicuro?
< Va bene, arrivo subito.> La voce di Harris mi riscosse dai miei pensieri cupi e affrettati. Udii i suoi passi attraversare la stanza e la serratura della porta d'ingresso scattare, prima che Aaron saltasse fuori dall'armadio e si strofinasse i vestiti per eliminare la polvere.
Feci lo stesso anche io e mi spostai verso il centro della stanza, dove un minuto prima c'era Marc al telefono.
Nell'aria potevo ancora sentire il suo odore di limone mischiato al sudore.
Che schifo.
Solo l'idea che mi trovavo in casa sua mi faceva rabbrividire.
< Io... Devo prendere una boccata d'aria fresca.> Mentre pronunciavo quelle parole mi voltai verso Aaron.
Non rispose, ma mi squadrò completamente con i suoi occhi, usandoli come dei piccoli fari sul mio corpo.
Mi voltai e varcai la soglia di quell'orribile casa, che mi aveva riportato in mente spiacevoli ricordi che con il tempo ero riuscita a nascondere in una piccola area nascosta del mio cervello.
L'aria accarezzò delicatamente l'area scoperta del mio collo, facendo danzare i miei capelli al suo ritmo.
Scesi le scale che seguivano la porta di casa e percorsi il giardino passo per passo, esaminando ogni piccola cosa, per tranquillizzarmi.
Dai lunghi fili d'erba leggermente ingialliti ai piccoli fiori rinsecchiti che si trovavano affianco al cancello.
Marc Harris aveva formato in me quella piccola sensazione che mi impossibilitava  di fidarmi delle persone, anche di quelle che si dimostravano garbate e amichevoli con me.
Ma chi ero io per soffrire per una cosa simile? Nel mondo c'era gente che moriva di fame, oppure che veniva uccisa dagli stessi genitori e io ero solo un'ingenua ragazza che voleva stare al centro dell'attenzione con la sua stupida storiella del migliore amico di suo padre che l'aveva molestata da piccola e le aveva lasciato nella testa un trauma.
Mi massaggiai la fronte e successivamente chiusi per qualche secondo i miei occhi.
Volevo ritornare a casa, ma non con i ragazzi. Volevo andare a casa mia, alla villa, insieme a mio papà...
< El!> Sentii Kim urlare e mi voltai, sembrava leggermente scossa. La sua espressione era preoccupata, cos'era successo?
< Ei, tutto okay?> Domandai io, avvicinandomi ai ragazzi.
Tutti e quattro i ragazzi mi affiancarono, mentre Kim mi avvolgeva un braccio attorno al collo, stringendomi forte.
Sorrisi.
< Mi sono preoccupata per te e Ron. Pensavo Marc vi avesse visti e fosse uscito per chiamare la polizia. Chris e Mason quando hanno sentito Marc arrivare sono saliti al piano di sopra da noi. Cos'avete trovato?> Disse la ragazza al mio fianco, voltando il capo verso di me, con un sorriso raggiante stampato sul viso.
Scambiai un'occhiata con Aaron, per capire chi avrebbe dovuto rispondere alla domanda e lui distolse lo sguardo, facendomi intuire che non avesse intenzione di parlare.
< Ehm... Io...noi abbiamo trovato un volantino, era... di una specie di festa privata, aspettate, vi faccio vedere.> Estrassi il mio cellulare dalla tasca e mostrai la foto del foglio colorato ai ragazzi.
< Dobbiamo entrare in quella festa, possiamo trovare nuovi indizi.> Disse Mason, quando finí di leggere quello che c'era scritto sulla foto.
< Mas ha ragione.> Rispose Liam, staccandosi leggermente dal cerchio che avevamo formato per permettere a tutti di osservare l'immagine del volantino.
< Io sono d'accordo.> Dissero Kim e Chris all'unisono.
Io scambiai un'occhiata con tutti, cercando di capire quello che provavano realmente.
Volevano davvero aiutarmi?
Oppure provavano solo pena?
Magari erano stati obbligati da Kim ad essere così cortesi con me.
E se mi avrebbero aiutata e poi mi avrebbero chiesto una somma di denaro da pagare per tutto quello che avevano fatto per me?
Beh, in quel caso non ci avrei pensato due volte a pagare.
< El? Tu cosa dici?> Mi domandò Mason, sorridente come sempre.
Quel giorno aveva un leggero accenno di peluria sulla mascella pronunciata, mentre aveva cambiato il suo pearcing al naso, sostituendolo con uno argento.
Ripensai per qualche secondo alla decisione che dovevo prendere. Se avessi accettato, quel venerdì avrei incontrato Marc.
< Va bene. Facciamolo.> Replicai solamente, tentando di fingere un sorriso che potesse convincere Kim.

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