I

127 6 0
                                    

• Aaron •

Sentivo che qualcosa non andava, ma non riuscivo a capire cosa.
Dentro di me si stava espandendo un'ansia che non riuscivo a spiegare e non capivo a che cosa collegarla.
Mi sentivo lo stomaco perennemente in gola e non riuscivo nemmeno a capire il perché.
La mia vita era sempre stata un casino.
Ma mai come quegli ultimi anni. Non mi capacitavo benissimo di cosa provavo, ma non perché non riuscivo a capirmi, semplicemente perché mi sentivo vuoto dentro.
Come se tutti i miei organi, i pensieri, le emozioni e i sentimenti non ci fossero.
Questo non è possibile.
Continuavo a ripetermi.
Ma sapevo che, in un modo passivo, sì, era probabile.
Agivo sempre in un modo freddo e distaccato, cosa che le persone definivano stronza e francamente, avevano ragione.
Ero stronzo la maggior parte delle volte e la cosa che mi faceva sentire più male era che non mi sentivo in colpa per nulla.
Determinavano il mio indole una cosa incomprensibile e impossibile da sopportare.
E nemmeno lei, se pur intelligente, gentile, disponibile e perfetta, era mai riuscita a farlo.
Non era mai riuscita a capirmi.
A comprendermi del tutto.
E sapevo perfettamente che non era colpa sua.
Ma mia.
Era sempre colpa mia.
Ero io il ragazzo problematico e stronzo.
Non lo erano i miei amici, che erano gli unici che erano ancora lì per me, anche dopo tutto quello che gli avevo fatto.
A volte non riuscivo a comprenderli.
Mi avevano abbandonato tutti e quanti...
Perché loro no?
Eppure mi sembrava che non riuscissero a capirmi mai.
Erano miei amici da più di sei anni e mi conoscevano da molto tempo, sapevano come ero fatto e come mi comportavo, ma non erano completamente abituati alla mia rabbia, alla mia furia anche per le piccole e insignificanti cose. Kim, per esempio, aveva compreso con il tempo che quando ero furioso dovevo essere lasciato in pace, in solitudine.
Chris e Mason cercavano sempre di calmarmi pronunciando frasi sempre identiche come:
calma Ron
È tutto okay
Ma la verità era che nulla lo era e non lo sarebbe mai stato, la mia vita era un fottuto casino e i miei atteggiamenti facevano inorridire tutte le persone che mi circondavano.
Mentre Liam era complicato. Era parecchio difficile percepire cosa fluttuasse nella sua mente. Era come uno specchio, non potevi guardargli all'interno, potevi solamente vedere il tuo riflesso.

Ci provavo.
Ci provavo sempre.
Tentavo ogni santa cazzo di volta ad essere cortese e gentile come tutti gli altri ragazzi sulla faccia della terra, ma non ne ero in grado.
Però io lo potevo giurare su tutto quel cazzo di mondo di merda in cui vivevo, che io provavo sempre a non risultare freddo e distante, ma non ce la facevo.
Ed ero sicuro che non ce l'avrei mai fatta.
Perché questo cazzo di carattere non potevo cambiarlo con uno schiocco di dita e nemmeno con un'eternità a disposizione.
Perché semplicemente era il mio problema, il mio punto debole, la mia cicatrice.
E una cicatrice rimane per tutta la vita, no?

Christian, Mason, Kim e Liam quella sera erano particolarmente... vivaci.
E vivace era solo un piccolo aggettivo che poteva descrivere l'euforia che provavano quel giorno.
Per cosa?
Non ne ho idea.
Chi erano loro?
Loro erano l'unica famiglia che avevo.
O almeno, l'unica che ancora mi sopportava.
Ci chiamavamo i red, e quasi la maggior parte della cittadina in cui vivevamo ci conosceva, ma non ci lodava, anzi.
Non sapevo perfettamente se gli facevamo paura o se solo ci odiavano, ma sapevo che non gli eravamo molto simpatici.
Vivevamo tutti e cinque insieme, in una vecchia casa in mezzo al bosco.
Come ce la permettevamo?
Forse è troppo presto per dirlo...
Noi saccheggiavamo di tutto.
Ma non rubavamo solo i lecca lecca ai bambini, noi scippavamo, rapinavamo negozi, supermercati.
Ma non era una cosa di cui andavo fiero.
Potevo lavorare, sì.
Ma non lo avrei mai fatto.
Che merda, eh?
I red si erano scolati quasi quattro bottiglie di vodka e sette di birra, mentre io quel giorno mi sentivo più silenzioso del solito, avevo persino cacciato da camera mia una ragazza che avevo incontrato in un bar.
Ed era parecchio sexy.
Come avevo fatto a farmela scappare così?
Pure Liam, il ragazzo più introverso del mondo, si era complimentato con me per quella conquista.
Ma non mi andava di toccarla.
Ogni volta che la sfioravo mi veniva in mente lei.
Ogni cazzo di volta in cui sfioravo una ragazza l'unica immagine che mi spuntava in testa era la sua.
Quella unica ragazza.
Dai capelli d'oro e i suoi occhi calamita.
Scrollai il capo e tentai di far sparire quell'immagine dalla mia testa.
Mi passai una mano fra i miei capelli neri e osservai una notizia su internet.
< Merda! > Sbottai. Quel giorno era stato uno schifo, e di certo quell'informazione non lo aveva migliorato per nulla.
Rilessi quell'articolo qualche altra volta ma non mi ero sbagliato.
Sfortunatamente.
La banca più grande della nostra cittadina aveva chiuso momentaneamente per ristrutturazione dell'interno.
Ma che cazzo!
" La banca riaprirà nel 21 Agosto 2020."
Momentaneamente?
Questo sì che era un fottuto casino.
Come saremmo riusciti ad entrare nella banca e rapinarla con quasi cento operai del cazzo?
Ero sicuro che era stato lui.
Solo lui poteva fare una cosa del genere.
Sapevo che non era veramente una chiusura, quella della banca.
Qualcuno l'aveva fatta chiudere apposta e io sapevo anche chi era stato quello stronzo.
Lasciai il mio cellulare sul letto e mi avviai verso la porta, quando lo sentii vibrare.
Chi era ora?
Mi voltai e lo impugnai, rispondendo alla chiamata.
< Aaron. > chiamò il mio nome con un tono che poteva far venire i brividi alla maggior parte delle persone nel mondo, ma con me non riusciva.
Lo odiavo, ma non lo temevo.
Conoscevo quell'uomo da sempre, ma non l'avevo mai visto.
Lo chiamavo stronzo, perché non conoscevo nemmeno il suo nome, che doveva essere un nome del tipo: Jack, Robby oppure Peter.
Nomi che io odiavo più di ogni altra cosa e che udendoli riuscivo a farmi già un'idea della persona a cui appartenevano.
Lo stronzo a volte mi chiamava, a volte mi messaggiava, ma al costo di non vedermi mandava i suoi uomini a farmi visita.
Non avevo mai capito il perché.
Forse aveva paura.
O forse era solo un uomo infermo che non poteva alzarsi dal letto.
Però sapevo che non era dalla nostra parte, cercava di rubarci i lavori che ci appartenevano, mentre noi cercavamo semplicemente di fare soldi senza avere a che fare con quell'uomo odioso.
Il nostro lavoro era complicato da esporre e spiegare, ma sostanzialmente tapinavamo persone, banche, negozi, senza però uccidere nessuno.
E senza, ovviamente, farci in nessun modo arrestare.
In quel periodo avevamo attuato un piano di rapina della più grande banca della nostra cittadina
La banca l'aveva chiusa sicuramente lui.
Aveva mandato sicuramente i suoi uomini sotto copertura e come a carnevale li avrà obbligati a vestirsi da operai per appropriarsi di tutti i soldi al posto nostro.
< Cosa vuoi, stronzo? > prima di continuare feci un respiro profondo, incanalando più aria possibile nei polmoni. Non volevo fare il matto subito, avrei aspettato ancora qualche minuto. < Sei stato tu, vero? Hai chiuso tu la banca! > Sputai, facendogli capire tutto l'odio che nutrivo nei suoi confronti.
Ma lui lo sapeva già che lo disprezzavo più di ogni altra cosa al mondo.
< Francamente, questa volta non sono stato io. > Mi rispose. Ma io non gli credetti.
Com'era possibile?
Non lo era, infatti.
< Cosa? Non è il momento di scherzare.> Gli risposi. Se non era stato lui, chi cazzo poteva essere stato?
Una parte minuscola di me sapeva alla perfezione che non dovevo credere a nessuna delle cazzate che fuoriuscivano abitualmente dalla sua bocca, ma quella volta era diverso.
< Non sto scherzando, ragazzo, non ho toccato i tuoi affari, questa volta. > Cercò di convincermi, ma io non riuscivo a capire e quindi non gli credevo.
Lui era l'unica persona che desiderava fotterci il lavoro, non c'era nessun altro...
< Figliolo, tu forse non capisci, ma io non sono l'unico uomo che cerca di precederti o rubarti gli affari. > Aggiunse con sapienza, cosa che mi fece incazzare maggiormente.
Se non era stato lui, perché mi aveva chiamato?
< Chi? Chi cazzo è?? > Esclamai, stringendo il pugno. Avevo programmato quella rapina da quasi un anno, e ora? Qualcuno cercava di rubarmi i soldi che mi spettavano? Non esisteva.
< Oh... Questo non è importante in questo mom...> cercò di dire.
< Si che è importante! Ho lavorato a questa cosa per un anno intero, okay? Tu forse non capisci, riccone che non sei altro, perché ti basta uno schiocco delle dita per avere la regina Elisabetta ai tuoi piedi, ma noi lavoriamo duro per rubare, mentre tu no, quindi ora dimmi chi è questo stronzo o vengo a casa tua e ti stacco la testa! > Lo interruppi.
Noi lavoriamo duro per rubare.
Faceva quasi ridere.
C'era quasi tutto il mondo che si spaccava il culo per guadagnare soldi e noi rubavamo.
E ci impegnavamo anche...
Forse avevo esagerato, ma non mi interessava, lo stronzo doveva capire come mi sentivo.
Feci un respiro profondo e aspettai una sua risposta, che arrivò poco dopo.
< Non posso dirti chi è, perché non lo so nemmeno io, Aaron. > Prima che potessi rispondere, aggiunse: < ma arriviamo al dunque, ti ho chiamato per proporti una cosa, che ci aiuterà entrambi. Io ti aiuterò a trovare quell'uomo e tu mi prometti una cosa. >
Mi propose. Io scossi la testa.
Non avevo bisogno del suo aiuto.
< Me ne frego della tua elemosina del cazzo. Non ho bisogno di te.> Dissi, freddo.
Ed era vero, io e i red ce l'eravamo cavata per tutti quegli anni e non ci era mai servita una mano.
< Senti, Aaron, entrambi cerchiamo la stessa cosa, perché non fare una momentanea alleanza? > Chiese lui.
Perché lui voleva cacciare quegli operai dalla banca? A cosa gli serviva? Lui era ricco sfondato. Dieci milioni in più o dieci in meno non dovevano fare tanta differenza per uno come lui.
Ma erano comunque soldi, non lo biasimavo.
< Non stiamo giocando a Call of Duty, bastardo, stiamo cercando di pianificare una rapina, quindi, se non ti dispiace, ora me ne vado e cercherò di fare qualcosa per far levare dalle palle quel coglione che cerca di rubarmi tutti i soldi. > Dissi, allontanando il telefono, ma prima che potessi farlo, Lui parlò.
Cosa voleva ancora?
< Pagherò le sue cure. > Quella frase mi fece riportare il telefono all'orecchio.
Mi stava ricattando?
< Se mi fotti, io vengo in casa tua e ti uccido. > Gli risposi, con tono duro.
E l'avrei fatto.
Io non mentivo, mai.
< Comprensibile, tu faresti tutto per la tua famiglia e sai, io e te non siamo poi così diversi, in fondo. > Mi disse con tono calmo.
Feci una risata isterica.
Stavo perdendo la pazienza.
< Non sei neanche minimamente simile a me, bastardo. E ora, non farmi perdere tempo, cosa ti devo promettere? > chiesi aspettando la sua risposta.
Quell'alleanza non aveva senso.
Una promessa in cambio di una vita?
Era peggio per lui, non di certo per me.
Ma mi sembrava strano, molto strano.
Ma dovevo accettare per forza, senò lui sarebbe morto e io non me lo potevo permettere.
Dalla mia stanza potevo sentire benissimo le urla e le risate dei red, mentre io ero costretto a rimanere in quella camera e a scendere a patti con uno degli uomini più bastardi che io abbia mai conosciuto.
Strinsi la mascella e mi guardai attorno, per non perdere la pazienza e non urlagli contro.
Quell'accordo mi serviva più di ogni altra cosa al mondo.
Mio padre me lo aveva detto mille volte: " mai scendere a patti con il diavolo" Ma lo stavo facendo solo ed esclusivamente per lui, quindi non mi sentivo per nulla sbagliato.

⁺˚*•̩̩͙✩•̩̩͙*˚⁺‧͙⁺˚*•̩̩͙✩•̩̩͙*˚⁺‧͙⁺˚*•̩̩͙✩•̩̩͙*˚⁺‧͙

Ciao ragazzx!!!

Tutto okay dietro lo schermo? Spero di sì...                                                                                                            Spero che questo primo capitolo in assoluto vi sia piaciuto, se sì, lasciate una stellina, in fondo dovete solamente schiacciare un tasto... facile, no?

Consiglio del giorno per la tua splendida vita: Prova a farlo tu, solo per oggi, il primo passo. 🫶🏻🦋

AllianceWhere stories live. Discover now