IX

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• Ellen •

Il mio umore era completamente cambiato, in peggio, in confronto a quella mattina.
Vedere la casa in cui ero cresciuta, ridotta in quello stato mi aveva creato un nodo allo stomaco che non mi permetteva nemmeno di respirare.
Volevo abbandonarmi ad un lungo pianto, ma dovevo imparare a non essere debole. Dovevo riuscire a convivere con il dolore che mi aveva lasciato la perdita di mio papà.
Ma dovevo abituarmi a quella sofferenza, perché ormai mio papà era morto e non potevo farci nulla. Dovevo solamente superarlo.
Ma non riuscivo.
Perché non volevo dimenticarlo.
Non volevo scordarmi di lui.
Non potevo dimenticarmi di tutto l'amore e la comprensione che aveva provato nei miei confronti.
Lui mi voleva bene e non potevo toglierlo dalla mia mente come se nulla fosse.
In quel momento volevo solamente trovare la persona che lo aveva ucciso e ammazzarlo, come aveva fatto con mio padre, così da fargli provare il dolore che aveva provato.
Ma non avevo indizi, prove e nemmeno possibili indiziati, perché la persona che aveva ucciso mio papà, anche se crudele e senza cuore, era stata astuta e abile.

I ragazzi che mi volevano salvare mi stavano portando al loro covo, casa, non sapevo nemmeno come chiamarla.
Erano tutti e quanti coinquilini?
Perché facevano così paura?
Erano assassini?
Perché mi stavo fidando di perfetti sconosciuti?
Casa mia era ancora intatta, dovevo solamente sistemare la porta d'ingresso e tutte le cose che erano sparse ovunque e sarebbe tornata come prima, no?
Attraversammo un'enorme bosco silenzioso e inquietante e ci ritrovammo di fronte una magnifica casa.
Era molto grande.
Una pianta rampicante munita di piccoli fiori lilla e rosa ricopriva buona parte della parete bianca esterna, facendola mimetizzare con la natura attorno ad essa.
Aveva precisamente otto finestre in legno, molto simili alla grande porta d'ingresso, anch'essa in legno massiccio, con diverse decorazioni sul materiale e una maniglia in ferro dorato.
Attorno alla magnifica costruzione c'erano parecchi alberi da frutta, che facevano cadere delle foglie verdi sul prato.
Per arrivare all'ingresso si doveva attraversare un cancello in legno che contornava la casa.
I miei jeans si impigliarono nell'erba non tagliata, ma riuscii subito a scostarmi, riprendendo a camminare dietro ai quattro ragazzi.
Kim aprí il cancello e si assicurò che tutti furono entrati nel giardino, prima di chiuderselo alle spalle.
Mi portò una mano attorno al busto e mi tenne stretta, accarezzandomi il fianco destro.
Io sorrisi, dentro di me.
Perché amavo il pensiero che questi ragazzi volevano prendermi con loro.
E che, anche se non ero del tutto d'accordo con l'idea di restare con loro, non avevano ancora perso le speranze.
Salimmo i bassi scalini che precedevano la porta e uno dei ragazzi di fronte a me la spalancò e mi resi conto solo dopo che era una di quelle resistenti porte blindate.
A cosa serviva una porta così massiccia per cinque ragazzi?
Feci una scrollata di spalle e seguii Kim, che nel frattempo si era staccata da me e mi stava facendo strada.
Entrammo in un'incantevole sala.
Il pavimento era fatto in parquet, come il tavolo basso davanti alla televisione, che doveva avere più di ventiquattro pollici.
Sopra di me era posizionato un elegante lampada a forma di goccia, che si divideva poi in piccole forme luminose simili alla prima.
Affianco al grande divano c'erano due poltrone in velluto bianco, abbinate al tappeto in pelliccia circolare che si trovava proprio sotto al tavolino, dove erano state abbandonate due lattine di birra e quattro joystick neri collegati alla televisione.
Nell'angolo della stanza, affiancata alla parete, c'era una bellissima chitarra in lucido legno scuro, illuminata dalla poca luce proveniente della finestra decorata con file di lucine, che però erano spente.
Alla mia sinistra c'era una scala che doveva portare al piano di sopra, mentre davanti a me c'era un corridoio che portava ad una grande stanza.
Al centro di essa c'era un lungo ripiano attaccato alla parete contornato da diverse sedie in plastica trasparente.
Dietro alla penisola c'era un grande mobile dipinto di grigio lucido.
Le pareti di quella che sembrava una cucina erano decorate con motivi floreali.
A quella vista i miei occhi si illuminarono.
Poco più lontana dalla scala, sulla parete, era posizionata una splendida libreria in legno divisa in sezioni.
Riuscii a leggere alcuni titoli anche da lontano.
Erano tutti classici.
Chi li leggeva?
< Ehm... scusa per...sì ecco... per il disordine...> Balbettò Kim, guardando uno dei ragazzi così male da fargli spostare tutte le lattine di birra dal tavolino alla spazzatura in uno dei mobili della cucina.
Io feci un sorriso.
In quel momento non mi andava troppo di parlare.
Avevo un groppo in gola e il respiro non si era ancora del tutto calmato, insieme al mio battito cardiaco.
Non mi potevo fidare di quei ragazzi.
Non sapevo nemmeno come avevano fatto a convincermi ad andare con loro.
Ma ormai avevo perso tutto e la mia vita non aveva neanche più un senso.
< Vieni El, ti accompagno verso la tua nuova camera.> Mi disse la ragazza dai capelli rossi, che assomigliava vagamente ad anna di Green Gables.
Mi appoggiò un braccio sulle spalle e mi accompagnò fino alla fine delle scale a chiocciola.
Mi ritrovai di fronte un lungo corridoio che andava dalla mia sinistra e si espandeva fino alla mia destra.
Alla mia sinistra c'era una grande finestra e, affianco ad essa c'era una porta in legno, che doveva essere l'ingresso di una delle tantissime camere di quella casa.
Di fronte alla prima porta ne potevo vedere una seconda, ma questa era in legno bianco, che si mimetizzava con il muro del medesimo colore.
Kim mi prese per mano e girò il capo verso destra, trascinandomi verso il corridoio, dove le camere si moltiplicavano.
Tutte le porte erano identiche e tutte avevano la stessa distanza l'una dall'altra.
Riuscivo a contarne quattro.
Raggiungemmo l'ultima porta nel corridoio e Kim la spalancò, facendola sbattere contro il muro bianco.
Quella stanza era davvero magnifica. Accostato al muro c'era un grande letto matrimoniale, con le lenzuola rosa pastello e il copri cuscino bianco latte.
La parete sopra il letto era coperta di quadri astratti di sfumature rosee e di lucine, che, come quelle della sala, erano spente.
Alla mia destra, appoggiata al muro, c'era una piccola scrivania in legno bianco, completamente vuota, tranne per un semplice specchio rotondo.
Affianco alla scrivania si trovava una piccola cabina armadio anch'essa in legno bianco.
< Ti piace? Se... Se vuoi possiamo fare cambio... sai... a me non piace molto il... il rosa... ma non è un prob...> non le feci finire la frase.
Adoravo quella camera.
Non era di certo uguale a quella che avevo alla villa, certo, ma mi bastava, era fantastica e in quel momento era perfetta.
< È bellissima.> Costatai, facendole un sorriso.
Mi fermai a guardare i suoi bellissimi occhi color smeraldo, contornati da pochi strati di trucco scuro.
Le sue ciglia erano lunghissime ed ero sicura che tutti i ragazzi le si inginocchiavano ai piedi.
Sembrava veramente una di quelle fate che leggevo nelle favole da piccola.
< Noi vogliamo solo aiutarti, El, l'abbiamo promesso.> Disse Kim, accarezzandomi la guancia e facendomi un sorriso rassicurante.
In che senso, lo abbiamo promesso?
Cosa intendeva?

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Hey raga💞😭🫶🏻
Come va piccolx miei?
Io sto veramente male in questi giorni. Le prof ci stanno letteralmente ammazzando di compiti e non credo di potercela fare.😭
Vi è piaciuto il capitolo?
Lasciate una piccola stellina per me, almeno farò i compiti felice🙏🥹💗
Consiglio of the day: Lasciati andare,  non pensare ai problemi anche nei momenti belli della vita, goditeli e basta!💗
Vi voglio tanto bene!!!!🦋💗

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