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Purtroppo Morean non sapeva che non avrebbe avuto più tempo.

Un evento terribile stava per accadere, un evento così tragico da prosciugare tutto il suo senno e lasciargli solo una tremenda sete di vendetta.

Un pomeriggio, sul tardi, la stava aspettando sulla loro panchina, proprio quella sotto alla quercia dove si erano incontrati la prima volta: era divenuto il loro posto. Tante volte, come quel pomeriggio, si davano appuntamento proprio lì. Avevano un significato enorme per entrambi, quella panchina e quella quercia.

Morean era stranamente irrequieto quel pomeriggio: non erano le classiche farfalle nello stomaco che provava ogni volta che la vedeva arrivare, no, perché questa sensazione che sentiva adesso era molto più viscerale, trasmetteva agitazione, ma era un'agitazione malsana.

Le ore trascorrevano lente, e Isabelle ancora non si vedeva. Le era successo qualcosa a questo punto, magari un contrattempo dell'ultimo minuto, qualche problema a casa con le spedizioni di suo padre o, addirittura, qualcuno della sua famiglia si era sentito male e avevano avuto bisogno del dottore. Tutto poteva essere. Morean cercava di mantenere la calma, ma non gli riusciva per niente facile. Aveva voluto aspettare ancora, ma ormai era sera inoltrata, il sole era già tramontato e lei non era lì con lui. Avrebbe voluto andarla a cercare a casa sua, sicuro di trovarla là, ma non voleva precipitarsi dai suoi genitori tutto affannato e visibilmente preoccupato, tanto più che era quasi notte. Se Isabelle non si era presentata al loro appuntamento, aveva avuto sicuramente le sue buone ragioni. Non si era mai comportata in modo strano nei suoi confronti in queste tre settimane in cui si erano visti.

Così avrebbe aspettato l'indomani mattina, ma era un tormento senza fine, non riusciva a ragionare in modo chiaro e quella sensazione di malessere, di irrequietezza lo accompagnava sempre.

La mattina seguente era già in strada di buon'ora: non aveva chiuso occhio tutta la notte e una boccata d'aria fresca gli avrebbe dato un po' di sollievo.

Si stava avvicinando alla casa di Isabelle, quando vide che c'era un viavai di persone già sul porticato: cosa ci faceva tutta quella gente lì a quest'ora? Aveva un brutto, un bruttissimo presentimento.

Stava cercando di farsi strada tra quella folla impazzita, quando udì stralci di conversazioni che gli gelarono il suo cuore di vampiro.

" Ahhh... povera Isabelle! Quanto mi dispiace! "

" Un dolore così atroce... era così giovane... "

A Morean girava violentemente la testa, gli veniva quasi da vomitare in mezzo a tutto quel brusio di voci. C'era chi addirittura piangeva sommessamente. Non era possibile, non poteva essere vero... Quelle parole gli rimbombavano nella mente come un martello. Se avesse avuto un cuore umano, a questo punto gli sarebbe letteralmente scoppiato in petto. Ma lo sentiva ugualmente, quel dolore così lacerante si faceva strada nella sua anima...

Finalmente era riuscito ad entrare, correva su per le scale quasi volando, anzi avrebbe voluto davvero usare la sua camminata fulminea da vampiro per arrivare ancora prima. Entrando nella sala vide il padre di Isabelle, seduto al tavolo, affranto, il viso rigato di lacrime, uno sguardo pietrificato e perso nel vuoto.

" Monsieur Gérard, perdonatemi... io... io aspettavo vostra figlia ieri pomeriggio al parco, ma non arrivava mai... e io... "

" Ahhh... figliolo... la mia piccola Isabelle... è morta... è morta, ci ha lasciati per sempre... "

Non poteva credere a quello che gli stava dicendo... Morta? Isabelle? Non ci voleva credere... Quella sensazione di irrequietezza ora era amplificata dalle sue emozioni di vampiro. Qualcosa si stava rompendo dentro di lui. Sentiva che le lacrime gli stavano scendendo, ma non poteva, non doveva farsi vedere piangere da nessuno.

Con uno sforzo immane si riprese. Doveva sapere cosa le era successo.

" Com'è morta? Cos'è successo? "

" Ieri mattina era uscita a fare le sue commissioni, come sempre, ma quando era tornata a casa aveva un'aria stanca, aveva il viso pallido e si era ritirata subito nella sua stanza. All'ora di pranzo non era ancora scesa, così io e mia moglie Lorraine siamo saliti in camera sua e stava ancora dormendo. L'abbiamo lasciata riposare, ma eravamo un po' preoccupati. Al pomeriggio non si vedeva ancora e ci siamo precipitati nella sua camera per svegliarla, ma lei non si svegliava più... era immobile, non si accorgeva che la stavamo scrollando e che stavamo urlando...se n'era andata nel sonno... "

Morean era sconvolto, senza parole, si sentiva le gambe pesanti e neanche riusciva a muoversi, gli mancava il respiro. Doveva uscire di lì, non voleva rimanere un minuto di più in quella casa.

Uscì di corsa, senza fare caso alle persone contro cui andava a sbattere. Stava andando al cimitero, era l'unico posto che in quel momento poteva dargli un misero briciolo di conforto. E lì finalmente poteva dare sfogo a tutta la tristezza, a quell'immenso dolore che stava stringendo il suo cuore in una morsa di ferro.

Lacrime cremisi scendevano dai suoi occhi di vampiro e gli sporcavano la camicia di seta bianca. Isabelle non c'era più e lui non aveva potuto salutarla un'ultima volta, non aveva potuto tenerla fra le sue braccia e baciare le sue morbide labbra, mai più avrebbe guardato dentro ai suoi occhi, così belli e profondi, mai più avrebbe preso le sue mani delicate... mai più...

Non l'avrebbe mai più rivista e questo pensiero lo annientava, gli logorava l'anima. E non era nemmeno riuscito a raccontarle tutta la verità su se stesso... Che destino crudele! Avrebbe preferito aspettare l'alba sul picco di un'alta montagna, spogliato di tutti i suoi abiti, e bruciare nella luce di fuoco del sole che sorgeva, piuttosto che vivere senza di lei... Ma doveva capire cosa le era realmente successo: una giovane donna non può morire così, senza un motivo apparente. Lei era in salute, era sana e piena di vita! O forse gli nascondeva una qualche malattia incurabile? No, impossibile, Isabelle gli diceva sempre tutto e non gli avrebbe mai nascosto nulla, anche se si fosse trattato di una cosa così grave gliene avrebbe parlato, ne era sicuro.

Ma ora non aveva la forza di pensare, il cuore gli pesava come un macigno sul petto, si sentiva oppresso e soffocava nelle sue lacrime di sangue. Vagava affranto fra le statue del cimitero, senza uno scopo, pensando solo alla sua Isabelle. Non voleva tornare a casa, gli faceva troppo male entrare in quelle stanze, dove era stato insieme a lei. Aveva preso quella casa nella speranza che poi, un giorno, lui e Isabelle sarebbero vissuti lì insieme, per sempre. Ammesso che lei lo avrebbe amato allo stesso modo anche dopo aver saputo che lui era un vampiro. Ma questo, ormai, non aveva più nessuna importanza.

Morean uscì dal cimitero, attraversando un piccolo cancello in fondo, nella parte più vecchia, e prese la via dei boschi.


Morean Il VampiroWhere stories live. Discover now